Il cardinale Matteo Zuppi, intervistato da Diego Bianchi, ha affermato che l’immigrazione è necessaria al giorno d’oggi. Tuttavia, sorge il dubbio se si comprenda appieno la distinzione tra immigrazione legale e flussi migratori incontrollati. È importante ricordare che il cardinale Zuppi era tra i candidati papabili.
“L’immigrazione oggi è necessaria.”
Il cardinale Matteo Zuppi intervistato da Diego Bianchi.
Ma la capiscono la differenza tra immigrazione LEGALE e invasione incontrollata? Questo stava per diventare papa. pic.twitter.com/8knJEhEBb5— CAESO QUIINCTIUS (@Orgoglioitalia3) November 8, 2025
La Chiesa Cattolica conferma la sua posizione pragmatica e filo-sistema nei confronti del fenomeno migratorio.
L’ultima conferma proviene dalle dichiarazioni del Cardinale Matteo Zuppi, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, rilasciate durante un’intervista a “Propaganda Live”. Interpellato sulla necessità di manodopera straniera per prevenire il collasso di servizi e città, il Cardinale Zuppi ha definito l’immigrazione “necessaria”, ribadendo un messaggio che da anni proviene dagli ambienti ecclesiastici e che, sebbene possa apparire filantropico, risponde principalmente alle esigenze del sistema economico.
La Chiesa si allinea, infatti, quasi incondizionatamente alle necessità di un modello produttivo caratterizzato da manodopera precaria e a basso costo, indebolito da denatalità e crisi sociale.
L’evoluzione del discorso ecclesiastico
Nel corso degli anni, il linguaggio utilizzato dalla Chiesa in merito all’immigrazione si è evoluto. Se inizialmente l’accento era posto sulla “carità” verso coloro che fuggono da guerre e miseria, oggi il lessico si è fatto più diretto. L’assenza di lavoratori immigrati, si afferma, comporterebbe il blocco delle città, la carenza di manodopera e la mancanza di alternative.
Questa narrazione rispecchia fedelmente la realtà dei distretti della logistica, dell’agricoltura e dell’assistenza domiciliare, dove la presenza di lavoratori stranieri, spesso privi di diritti e sottopagati, è fondamentale per la sopravvivenza di interi segmenti economici.
Lo sfruttamento lavorativo degli immigrati non è un fenomeno casuale, bensì il risultato di una scelta sistemica, giustificata dalla retorica della “necessità”. Questa narrazione serve a placare la coscienza collettiva, sostenendo che la manodopera straniera è indispensabile a causa dell’invecchiamento della popolazione italiana e della riluttanza dei giovani autoctoni ad accettare determinate retribuzioni e condizioni di lavoro.
La Chiesa, anziché denunciare concretamente lo sfruttamento, lo legittima e lo sacralizza attraverso la retorica dell’indispensabilità.
La narrazione dell’emergenza permanente funge da giustificazione ideologica per un mercato del lavoro segmentato, in cui i migranti sono impiegati in mansioni gravose, precarie e poco gratificanti, spesso sotto la minaccia del ricatto legato al permesso di soggiorno.
Il Cardinale Zuppi afferma con chiarezza: “Dopo 25 anni non possiamo più parlare di emergenza; dobbiamo collaborare per migliorare la qualità del lavoro e l’accesso all’alloggio”. Tuttavia, la persistenza di una situazione di non soluzione garantisce la disponibilità continua di manodopera flessibile e contribuisce al fenomeno del dumping salariale.
Chi solleva la questione della sostituzione demografica viene etichettato come razzista; chi evidenzia che il cosiddetto “esercito di riserva” contribuisce a mantenere bassi i salari viene ignorato.
Al contrario, il meccanismo è noto e risponde anche alle esigenze delle principali associazioni di categoria e dei vescovi, che si dichiarano favorevoli all’accoglienza pur accettando condizioni di sfruttamento sistemico.
La Chiesa e il dogma della convenienza
A un’analisi più approfondita, la posizione della Chiesa appare più influenzata dal realismo economico che da un autentico amore per il prossimo.
Se si trattasse di vero amore per il prossimo, le istituzioni ecclesiastiche dovrebbero denunciare le condizioni in cui versano centinaia di migliaia di immigrati irregolari e regolari in Italia, schiacciati tra decreti legge inefficaci e il ricatto del lavoro nero.
Invece, si preferisce legittimare la presenza straniera come “ossigeno” per le nostre imprese e come necessità sociale per l’Italia “che invecchia”.
L’ideologia dello “straniero salvifico” maschera la mancanza di coraggio politico ed economico nell’affrontare la realtà del lavoro in Italia, caratterizzata da salari stagnanti da decenni e da una produttività reale in costante declino.



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