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Il recente incontro tra Trump e Zelensky non ha portato a un accordo sui territori ucraini, lasciando inalterate le posizioni di entrambi i leader



Durante il recente incontro tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, seguito da un confronto con i leader europei, è emerso un dato chiaro: non c’è alcun accordo riguardo alla cessione dei territori conquistati dalla Russia. Nonostante i discorsi sulla pace e le garanzie di sicurezza, nessuno si è espresso in merito ai futuri confini tra Ucraina e Russia. Le discussioni si sono concentrate su temi generali, come la restituzione dei bambini, ma i punti cruciali relativi ai confini rimangono irrisolti.



Tre giorni prima dell’incontro, Zelensky aveva ribadito che “la costituzione ucraina non permette la cessione dei territori”. Durante il confronto, ha aggiunto che “la Russia può essere costretta alla pace solo con la forza ed il presidente Trump ha questa forza”. Queste affermazioni indicano chiaramente che il presidente ucraino non ha intenzione di cedere il Donbass o altre regioni, affermando anche che “la Crimea non avrebbe dovuto essere ceduta”.

La posizione di Zelensky rimane dunque invariata; è consapevole che concedere territori potrebbe rappresentare un grave errore politico. Nonostante le apparenze di un dialogo festoso, la situazione attuale è sostanzialmente bloccata. Da una parte, c’è la necessità di convincere Zelensky a cedere territori, un compito che appare estremamente difficile. Dall’altra, si deve trovare un modo per indurre Vladimir Putin a rinunciare alle sue pretese territoriali, un’impresa che sembra ancor più improbabile.

Per comprendere il contesto attuale della situazione in Ucraina, è necessario analizzare gli slogan e le dichiarazioni ripetute dai vari protagonisti. L’idea di una “pace giusta” è stata spesso citata, ma storicamente non ha mai trovato riscontro. Le guerre si concludono in tre modi principali: il vincitore impone le proprie condizioni al vinto; i contendenti si trovano in una situazione di stallo e congelano la linea del fronte; oppure il contendente in svantaggio propone un accordo che non può essere rifiutato. Il primo caso si riferisce alla Germania nazista nella Seconda guerra mondiale, il secondo è rappresentato dalla divisione della Corea, mentre il terzo si applica alla situazione attuale tra Ucraina, Trump e Putin.

Un altro punto critico è l’affermazione che “non si può premiare Mosca per l’invasione regalandole terre ucraine”. Tuttavia, molte delle terre rivendicate da Putin sono già sotto il suo controllo: la Crimea dal 2014, e gran parte delle regioni di Lugansk, Donetsk, Zaporizhzhia e Kherson dal 2022. L’unico territorio che potrebbe essere considerato un “regalo” è il 25% del Donetsk, che i russi potrebbero conquistare militarmente o ottenere tramite negoziati.

La questione della cessione di territori è ulteriormente complicata dalla Costituzione ucraina, che impedisce formalmente tali cessioni. Tuttavia, la Costituzione può essere modificata attraverso un voto parlamentare o un referendum. Zelensky stesso ha affermato, in un’occasione precedente, che i compromessi tra Ucraina e Russia sarebbero stati sottoposti a referendum, inclusi i territori temporaneamente occupati.

Un altro aspetto fondamentale riguarda la richiesta di garanzie di sicurezza da parte della Nato. Zelensky ha chiesto che la Nato estenda le sue protezioni all’Ucraina, ma è improbabile che Putin accetti la presenza di truppe della Nato ai suoi confini, dato che la sua invasione è stata motivata proprio dall’intenzione di evitarlo. Inoltre, l’articolo 5 della Nato, che obbliga i membri a intervenire in caso di aggressione, richiede l’unanimità dei paesi membri, un consenso che potrebbe non essere facilmente raggiungibile.



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