Le indagini riguardanti il femminicidio di Sara Campanella, avvenuto il 31 marzo nei pressi del Policlinico di Messina, continuano a far emergere dettagli inquietanti sulla dinamica dell’omicidio. Stefano Argentino, attualmente in carcere con l’accusa di omicidio, avrebbe cercato di convincere Sara a uscire con lui per due anni. Il giorno del delitto, l’ha attesa all’uscita dell’università, pedinandola mentre già nascondeva un coltello. Durante una discussione, ha colpito la giovane più volte, mentre lei tentava di allontanarsi senza successo. Purtroppo, Sara è deceduta poco dopo il suo arrivo in ospedale, come confermato dal medico legale che ha effettuato l’autopsia.
Argentino è accusato di omicidio con l’aggravante della premeditazione, dei futili motivi e della crudeltà. Uno degli aspetti chiave delle indagini riguarda la conferma dell’arma del delitto. Gli esperti del Ris stanno analizzando un coltello rinvenuto a 200 metri dal luogo dell’omicidio, ma si attende ancora la conferma ufficiale che questo sia l’arma utilizzata da Argentino. È emerso che nella casa di Noto, dove è stato trovato l’indagato, non è stata rinvenuta l’arma, suggerendo che il giovane possa essersi sbarazzato del coltello prima di contattare la madre e tornare a casa con lei.
Un altro punto controverso riguarda il ruolo della madre di Stefano Argentino. In una dichiarazione spontanea rilasciata ai carabinieri di Messina, ha smentito le affermazioni inizialmente diffuse secondo cui avrebbe aiutato il figlio a fuggire dopo il delitto. “Lei, il giorno dell’omicidio di Sara Campanella, ha ricevuto – hanno dichiarato a Fanpage.it gli avvocati dell’indagato, Stefano Andolina e Rosa Campisi – una chiamata del figlio disperato e che minacciava di togliersi la vita. Il figlio non ha mai fatto riferimento però durante la chiamata all’omicidio. Faceva riferimento solo a una vita fallita”. Così, la madre si è precipitata a Messina. Durante il viaggio, avvenuto mentre si trovava nei pressi di Noto, ha parlato costantemente con il figlio al telefono, temendo che se lo avesse attaccato, Stefano potesse suicidarsi. La donna, secondo le sue affermazioni, non era a conoscenza dell’omicidio né quando si recò a Messina né quando tornò a casa con il figlio a Noto. Solo pochi minuti prima di arrivare a casa, Stefano Argentino ha confessato l’omicidio.
Pochi minuti dopo, i carabinieri hanno rintracciato Argentino e lo hanno arrestato. Sul cellulare della madre dell’indagato è stato trovato un biglietto scritto dalla donna e successivamente fotografato, contenente la nota che informava di un’assenza da casa per due giorni a causa di problemi di salute. Questo ha sollevato l’ipotesi che la madre potesse pianificare di dedicare le successive 48 ore ad aiutare il figlio. Tuttavia, resta da chiarire se stesse pensando a un possibile tentativo di fuga. Gli avvocati di Stefano Argentino hanno sottolineato che “anche lei è una donna distrutta dal dolore”.
In aggiunta, gli avvocati hanno spiegato a Fanpage.it che, per proteggere l’altro figlio dalla tragedia, la madre di Stefano Argentino ha deciso di recarsi con lui nel B&B di famiglia nel centro storico di Noto. “Da chiarire fin da subito che la signora non aveva i mezzi economici per allontanarsi con il nostro assistito per giorni. Voleva però assicurarsi che non avesse più intenzione di uccidersi e poi avrebbe fatto la cosa giusta. Ovvero andare dai carabinieri”.
Gli avvocati hanno chiarito ulteriormente che “erano circa le 23 del giorno del delitto: la signora prende un biglietto e scrive all’altro figlio. Non poteva chiamarlo perché avrebbe capito che c’era qualcosa che non andava. Fa così una foto al biglietto e invia l’immagine. L’intenzione non era far fuggire il figlio, ma prendere tempo e assicurarsi che non avrebbe commesso un gesto estremo”. Dieci minuti dopo, i carabinieri sono intervenuti.
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