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Mi ha chiesto un favore… ora vuole che finisce in carcere



Tutto è iniziato in un pomeriggio tranquillo. Il mio vicino Alessandro ha bussato alla mia porta con un’espressione preoccupata. Mi ha chiesto se potevo andare a prendere sua madre dall’ospedale: “Ho avuto un imprevisto urgente, davvero, puoi farlo tu?” Mi ha spiegato che sua madre, Signora Emma, era cieca. Ovviamente ho detto sì. Come avrei potuto rifiutare?



L’ho accolta con gentilezza, l’ho aiutata a salire in auto, l’ho accompagnata a casa e le ho persino preparato una cena semplice. Abbiamo chiacchierato serenamente, mi ha raccontato della sua giovinezza e di quanto le manchi suo marito. Me ne sono andata dieci minuti prima che Alessandro rientrasse.

Due ore dopo, sento bussare. Apro la porta e… ci sono due agenti. E Alessandro. Con il dito puntato verso di me: “È lei! È lei che ha preso i gioielli di mia madre!”

Il cuore mi è crollato nel petto. Non riuscivo nemmeno a parlare. Ripetevo: “Non ho preso nulla! Ho solo aiutato sua madre!” Gli agenti erano seri, scrutavano ogni mia reazione. La signora Emma, che ovviamente non poteva vedermi, ha confermato: “Ha una voce gentile, è stata carina con me. Non credo che mi abbia derubata.” Ma Alessandro continuava a sbraitare, diceva che mancava la collana di perle del padre, l’unico ricordo rimasto.

Quando mi hanno chiesto di poter perquisire casa mia, ho acconsentito. Anche se tremavo. Hanno controllato ovunque: cassetti, armadi, sotto il lavandino, perfino dietro il water. Nulla.

Gli agenti si sono scambiati uno sguardo imbarazzato. Alessandro, però, era rosso in viso: “Ha un complice! O ha nascosto tutto da qualche parte!” Io non capivo: perché era così deciso a incolpare proprio me?

Il giorno dopo, il quartiere parlava solo di me. Quando portavo fuori il cane, i vicini sussurravano. Le madri tiravano via i figli dai marciapiedi quando mi vedevano. Mi sentivo come una criminale, e per cosa? Per aver aiutato una signora cieca a tornare a casa?

Il mio amico Luca, che abita due vie più in là, mi ha chiamato: “Ale è venuto anche da me. Dice che sei una ladra, che stai cercando di approfittare di sua madre.” Io ero umiliata. Eppure, sapevo che dovevo fare qualcosa.

Quando Alessandro non era in casa, sono andata a parlare con la signora Emma. Mi ha ricevuta con un sorriso. Le ho chiesto se si ricordava qualcosa di strano. Ha esitato, poi ha detto: “Sai… ho sentito Alessandro rientrare molto prima del previsto. Era arrabbiato, ha parlato al telefono, poi se n’è andato di nuovo. Mi aveva detto che sarebbe stato via tutto il giorno.”

Quella frase mi ha acceso un campanello d’allarme.

Ho raccontato tutto a Luca. Abbiamo pensato di cercare qualche telecamera nella zona. Dopo vari tentativi, la signora Carla, una bibliotecaria in pensione, ci ha mostrato le riprese del suo vialetto. Si vedeva chiaramente Alessandro entrare in casa alle 13:30, uscire alle 14:15. Io avevo preso Emma alle 15:00. Lui era già stato lì.

Siamo andati alla polizia. L’agente ha guardato il video e ha detto: “Questo cambia le cose.”

Dopo una settimana di silenzi e sguardi storti, la signora Emma ha bussato alla mia porta. Tremava. Mi ha detto che avevano ritrovato la collana nascosta dietro la cassettiera di Alessandro. Mi ha chiesto scusa. Ha detto che sapeva che non ero stata io, ma non riusciva a contraddirlo. Mi ha anche confessato che Alessandro era pieno di debiti di gioco. Probabilmente voleva vendere la collana e dare la colpa a qualcun altro.

Il giorno seguente, la polizia ha arrestato Alessandro per falsa denuncia e tentata frode.

I vicini sono tornati a cercarmi, questa volta con dolci, fiori, parole gentili. Ma io non dimenticherò mai quella sensazione: il dubbio, l’ingiustizia, l’umiliazione.

La signora Emma mi ha chiesto se potevo continuare a farle visita. “Mi sento sola,” mi ha detto. “E tu sei stata l’unica a vedermi davvero, anche se io non vedo.”

Ora ceniamo insieme spesso. Luca si unisce a volte. Ridiamo tanto. La donna che avevo aiutato per cortesia è diventata come una seconda famiglia.

E Alessandro? L’ultima volta l’ho visto mentre svuotava la casa, sfrattato. Non provo rancore. Solo pace. La verità, alla fine, è venuta a galla.

Se c’è una lezione in tutto questo è: non smettere mai di fare la cosa giusta, anche quando ti accusano di aver fatto il contrario. La vita, prima o poi, rimette le cose al loro posto.



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