Mio padre mi ha sempre imposto di fare la doccia con l’acqua fredda. Ripeteva spesso: «Puzzi, vai a lavarti con l’acqua fredda e usa il sapone che ti ho dato».
E io lo facevo, anche cinque volte al giorno. Era diventato snervante. Mia madre rimaneva in silenzio, cosa insolita perché, di solito, eravamo molto unite.
Un giorno venne a trovarmi il mio fidanzato, Silas. Gli chiesi finalmente:
«Secondo te, io puzzo?»
Lui rise, pensando fosse uno scherzo, e si avviò in bagno. Dopo pochi secondi tornò con il volto stravolto e il sapone in mano.
«Chi ti ha dato questo? Davvero ti lavi con acqua fredda usando questo?»
Il sangue mi si gelò nelle vene. «Sì… perché? Cosa c’è di strano?»
Lui iniziò a piangere: «Non te l’hanno detto, vero? Tesoro, questo non è sapone comune! È usato per–»
Non riuscì a finire la frase.
Gli strappai la saponetta dalle mani. A me sembrava normale: beige, un po’ granulosa, senza profumo. L’avevo usata per anni, da quando mio padre l’aveva portata a casa dopo uno dei suoi misteriosi “viaggi di lavoro”.
Silas prese fiato e mi spiegò: «È sapone a base di soda caustica, mescolato con composti di zolfo. Non è destinato all’uso quotidiano sull’uomo. Mio zio lo usava in fattoria per curare le infezioni degli animali. Non cinque volte al giorno sulla pelle umana, e di certo non con acqua fredda!»
Mi sentii mancare. La mia pelle era sempre stata secca, pruriginosa, ma avevo creduto fosse un problema di “ipersensibilità”. Mio padre, del resto, me lo ripeteva spesso.
Silas mi prese le mani: «Amore, questo può danneggiare la pelle, alterare gli ormoni… perfino compromettere il sistema immunitario a lungo termine.»
Il cuore mi batteva all’impazzata. «Perché mio padre avrebbe dovuto farmi questo?»
Lui abbassò lo sguardo: «Non lo so. Ma non è normale. Devi vedere un medico.»
Quella sera la mia vita precipitò.
Confrontai mia madre mentre papà non era in casa. Lei tremava mentre continuava a strofinare il piano della cucina senza guardarmi negli occhi.
«Mamma, perché gli hai permesso di farlo? Perché?»
Si fermò, le lacrime negli occhi: «Diceva che era per il tuo bene. Che dentro di te c’era qualcosa che non andava. Che quel sapone speciale ti avrebbe tenuta in salute.»
«In salute?! Mamma, potevo ammalarmi gravemente!»
Scoppiò a piangere: «Non sapevo a chi credere. Lui era così convincente. Ogni volta che lo mettevo in dubbio, mi accusava di non volere il meglio per te.»
Fu la prima volta che vidi quanto mia madre fosse soggiogata dalla sua paura.
Silas insistette per accompagnarmi dal medico. Dopo numerosi esami, il dottore confermò i sospetti: la mia pelle era danneggiata, i valori ormonali leggermente alterati, ma nulla di irreversibile. Era stata una fortuna.
Eppure la domanda più grande rimaneva: perché mio padre lo aveva fatto?
Lo affrontai senza mezzi termini:
«Papà, perché? Perché il sapone, le docce fredde, le bugie per anni?»
Lui non ebbe esitazioni: «Sei nata debole, predisposta alle malattie. Ho letto di metodi naturali di disintossicazione. Il sapone ne faceva parte. L’acqua fredda stimola il sistema immunitario.»
«Ma cinque volte al giorno?! Non hai mai chiesto a un medico, non hai mai cercato un parere diverso. Hai fatto esperimenti su di me!»
Lui mi fissò gelido: «Eppure sei viva, no?»
Quelle parole mi lasciarono senza fiato.
Ci vollero mesi per elaborare tutto.
Scoprii che mio padre era ossessionato da forum di medicina alternativa. Convinto di salvarmi, aveva superato ogni limite, trasformando la cura in un atto di controllo e paranoia. Mia madre, manipolata per anni, non aveva più la forza di opporsi.
Alla fine me ne andai di casa. Io e Silas trovammo un appartamento nostro. Mia madre iniziò un percorso di terapia — un passo che non avrei mai creduto possibile. Io, invece, tagliai del tutto i rapporti con mio padre.
Sono passati due anni. Ora mi sento finalmente libera.
Le ferite non erano solo fisiche, ma soprattutto emotive. Ho dovuto disimparare la colpa, la vergogna, la paura di mettere in discussione l’autorità. Ma ci sono riuscita.
Silas mi è rimasto accanto in ogni momento. Nelle notti in cui mi svegliavo in lacrime, convinta di sentire ancora il bruciore sulla pelle, lui mi stringeva e sussurrava: «Adesso sei al sicuro.»
Se c’è una lezione che ho imparato è questa:
la fiducia cieca, anche verso la famiglia, può essere pericolosa. Bisogna sempre fare domande. Non lasciare che la paura o il senso di colpa soffochino la propria voce.



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