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“Novak Djokovic trattato come una bestia”: la dura lettera di scuse di un giornalista indipendente



Un gesto di autocritica e ammissione che ha fatto il giro del mondo tennistico. Uri Berliner, giornalista americano della testata The Free Press, ha firmato un articolo in cui ha raccontato il proprio percorso personale da critico acceso a sostenitore di Novak Djokovic. Per anni, infatti, aveva dichiaratamente tifato contro il campione serbo, spinto da una profonda ammirazione per Roger Federer, simbolo di eleganza e perfezione tecnica.



Nelle sue parole, Berliner ha spiegato che ogni vittoria di Djokovic ai danni dello svizzero accendeva in lui una rabbia silenziosa. L’episodio più emblematico, ha ricordato, fu la finale di Wimbledon 2019, quando Federer ebbe due match point per conquistare un titolo storico e il serbo riuscì a ribaltare l’esito della partita. Quella sconfitta, scrive, fu per lui “uno dei momenti più dolorosi”, vissuto con l’idea che Djokovic avesse infranto un sogno collettivo.

Col tempo, però, la prospettiva è cambiata. L’articolo rievoca anche gli anni 2020-2022, quando Djokovic finì al centro delle polemiche per la sua contrarietà alle restrizioni sanitarie e alla vaccinazione obbligatoria. In quegli anni il serbo rinunciò a tornei prestigiosi e subì critiche feroci per le sue scelte. Berliner, che all’epoca sosteneva convintamente le regole imposte, inizialmente lo giudicò con durezza. Oggi ammette di aver compreso che la posizione del tennista non era frutto di egoismo, ma di coerenza: “Non era egoismo, era coerenza. E quell’uomo è stato trattato ingiustamente. Anch’io mi sbagliavo”.

Nella lettera, il giornalista statunitense riconosce apertamente il proprio errore: “Per anni ho fatto il tifo contro di te, Novak. Ti ho fatto un torto e ora voglio scusarmi. Ho capito che nei momenti più cruciali eri semplicemente il migliore, capace di una calma quasi disumana quando il mondo intero faceva il tifo contro di te. Non eri la caricatura che avevo inventato, ma un uomo vero, complesso, coraggioso, capace di rimanere fedele ai propri principi anche quando tutto il mondo ti condannava”.

La riflessione di Berliner si conclude con un auspicio legato alla carriera sportiva del serbo: “Novak, probabilmente non leggerai mai queste scuse. Ma ti dico questo: tiferò con tutto il cuore e con tutta la testa per te, affinché tu possa vincere un altro titolo del Grande Slam a New York, un ultimo atto di sfida nella tua spinosa e gloriosa carriera. Forse non sei sempre stato amato. Ma ci mancherai”.

Il riconoscimento dell’ex detrattore mette in risalto l’impatto che Djokovic ha avuto sul tennis contemporaneo. Spesso contrapposto all’immagine di Federer o di Rafael Nadal, il serbo non ha mai goduto della stessa popolarità globale, ma i suoi numeri e la sua continuità lo hanno reso il giocatore più vincente della storia recente.

Il cambio di prospettiva di un giornalista dichiaratamente “anti-Djokovic” è stato letto come un tributo alla grandezza del campione serbo, capace di imporsi nonostante un sostegno spesso ridotto sugli spalti e una narrazione mediatica non sempre favorevole.

L’articolo di Uri Berliner è anche un esempio di come il tempo e le vicende personali possano modificare la percezione di un atleta. La coerenza di Djokovic, che ha pagato in prima persona le sue scelte senza rinunciarvi, è diventata con il passare degli anni una qualità riconosciuta anche da chi, in passato, lo criticava aspramente.

Mentre si avvicina la fase finale della stagione e con essa l’appuntamento dello US Open, le parole del giornalista americano assumono un significato particolare: il sostegno, questa volta sincero, a un campione che si avvia verso la conclusione di una carriera straordinaria.



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