Un processo d’appello bis si prospetta per Franco Mottola, sua moglie Anna Maria e il figlio Marco, dopo che la Corte di Cassazione di Roma ha annullato l’assoluzione precedentemente loro concessa. I tre erano accusati di omicidio volontario e occultamento di cadavere in relazione al caso di Serena Mollicone, il cui corpo fu rinvenuto il 3 giugno 2001 ad Arce, in provincia di Frosinone. I giudici della prima sezione penale della Corte si sono ritirati in Camera di Consiglio per deliberare, dopo aver ascoltato le argomentazioni dell’accusa e le difese legali della famiglia Mottola.
Dopo la decisione della Corte, Consuelo, sorella di Serena, ha espresso la sua gioia: “Il mio pensiero va a mia sorella che non rivedrò più nella mia vita così come mio padre. Noi confidiamo nella giustizia che attendiamo da 24 anni. Da oggi abbiamo speranza”. Le sue parole riflettono l’attesa di giustizia che la famiglia ha nutrito per oltre due decenni.
Durante la requisitoria finale, il procuratore generale ha sollecitato l’annullamento dell’assoluzione per la famiglia Mottola, chiedendo un nuovo processo d’appello. Il procuratore ha dichiarato in aula: “Sono convinta che siamo di fronte a una sentenza di appello affetta da plurime violazioni, erronee applicazioni della legge penale sostanziale e violazioni di norme processuali”. Ha criticato la sentenza di secondo grado, sostenendo che essa ha privato le parti appellanti di un effettivo vaglio del giudice di merito, violando il diritto del doppio grado di giudizio, fondamentale per la tutela non solo degli imputati, ma anche delle persone offese e della verità.
Gli avvocati difensori dei Mottola, Piergiorgio Di Giuseppe, Francesco Germani e Mauro Marsella, hanno chiesto di confermare le assoluzioni, sostenendo che non ci sono elementi di prova sufficienti per giustificare una condanna. Di Giuseppe ha affermato: “Non vi è nessun elemento di prova certo che possa portare a una condanna dei Mottola. Anche in caso di rinvio, le problematiche sarebbero le stesse”. Marsella ha aggiunto che il costrutto accusatorio “fa acqua da tutte le parti” e ha espresso sorpresa per il fatto che la Procura generale abbia ripreso temi già trattati in precedenti udienze.
Il caso di Serena Mollicone è uno dei più intricati della cronaca nera italiana. La giovane, di soli 18 anni, scomparve ad Arce il 1 giugno 2001 e il suo corpo fu ritrovato due giorni dopo in un bosco nei pressi del fiume Liri. La vittima era stata trovata con mani e piedi legati e un sacchetto di plastica sulla testa. Secondo l’accusa, Serena sarebbe entrata nella caserma di Arce il giorno della sua scomparsa, forse per parlare con Marco Mottola. Lì, avrebbe subito una colluttazione che l’avrebbe portata a perdere i sensi. Successivamente, secondo la ricostruzione, sarebbe stata soffocata e abbandonata nel bosco.
Tuttavia, le ricostruzioni presentate dall’accusa non hanno trovato consenso tra i giudici di primo e secondo grado, che hanno assolto tutti gli imputati. La complessità del caso ha portato a un lungo iter giudiziario, con la famiglia di Serena che ha continuato a cercare giustizia per la loro perdita.



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