Durante la puntata di Verissimo di domenica 19 ottobre, Stefano Massoli, marito della giornalista Laura Santi, ha condiviso la sua storia e il dolore per la perdita della moglie, avvenuta lo scorso luglio attraverso il suicidio assistito. Laura Santi, che aveva 50 anni, ha vissuto per oltre vent’anni con la sclerosi multipla, una malattia che ha progressivamente limitato la sua vita. La decisione di ricorrere al suicidio assistito è stata oggetto di dibattito pubblico e politico, ma Laura ha sempre sostenuto la necessità di una legge regionale sul fine vita, collaborando attivamente con l’associazione Luca Coscioni.
Nel suo racconto, Massoli ha descritto le tre fasi della loro vita insieme. La prima fase risale al momento in cui si sono incontrati, quando entrambi erano poco più che ventenni e Laura aveva già ricevuto la diagnosi di sclerosi multipla. Nonostante la malattia, i due hanno vissuto una vita normale, ricca di viaggi e esperienze condivise, anche se a volte era necessario affrontare la vita da soli. Con il passare del tempo, la malattia ha iniziato a manifestarsi in modo più evidente, portando Laura a utilizzare una sedia a rotelle. Negli ultimi quattro o cinque anni, la progressione della malattia è stata particolarmente aggressiva, ma Laura non ha mai voluto arrendersi: “Non si è mai arresa, fino alla fine, ma aveva bisogno di aiuto 24 ore su 24,” ha spiegato Massoli.
In qualità di caregiver familiare, Massoli ha ricevuto supporto dallo Stato e ha collaborato con professionisti per gestire la vita quotidiana con Laura. Già sei anni prima della sua morte, Laura aveva espresso l’intenzione di ricorrere al suicidio assistito: “Sei anni fa, mi disse ho trovato una clinica in Svizzera, e io avrei deciso nel momento in cui non mi sentirò più in grado di vivere e la mia non sarà più vita dignitosa di andarmene.” Massoli ha confessato di aver accolto la notizia con grande dolore, ma col tempo ha compreso la scelta della moglie, avendo osservato da vicino il suo deterioramento: “Col passare del tempo l’ho accettato e l’ho capito, perché ho visto con i miei occhi e stare accanto a una persona che ogni giorno perde un pezzo del suo corpo.”
Prima del 22 luglio, data in cui Laura ha attuato il suicidio assistito tramite auto-infusione, la coppia aveva programmato la sua morte in altre due occasioni. Tuttavia, l’ASL di Perugia, dove vivevano, non riteneva che Santi soddisfacesse tutti i requisiti necessari per accedere al fine vita. Massoli ha raccontato: “Avevamo prenotato una data, il 13 gennaio, che era il suo compleanno, la seconda data era il 30 giugno, per tre anni abbiamo aspettato il via libera dell’ASL, ma Laura per la legge Cappato-Dj Fabo non rispettava il quarto requisito e cioè non era attaccata a una macchina.” Ha aggiunto che non si comprendeva come una persona che non poteva muovere gli arti potesse essere considerata in grado di vivere dignitosamente.
Quando finalmente è arrivato il via libera, Massoli ha descritto il momento come una combinazione di dolore e gioia: “Il giorno in cui è arrivato il via libera è stato un successo, perché la giornalista era ormai prigioniera del suo corpo e nel dolore della notizia c’è stata allo stesso tempo una grande gioia.” Laura ha intrapreso un intenso percorso interiore negli ultimi mesi della sua vita, scegliendo di isolarsi dagli amici e di ridurre al minimo i contatti sociali. Massoli ha affermato: “Io stavo con una persona disabile, dove riconoscevo la mente e la moglie di mia moglie, ma non era più lei.”
Il giorno della sua morte, Laura ha richiesto che Massoli non fosse presente durante l’auto-infusione: “Nel momento esatto in cui si è fatta l’auto-infusione ha voluto che uscissi, io avrei voluto stare lì, ma sapevo che per lei sarebbe stato un grande dolore.” Massoli ha descritto il momento in cui ha realizzato che Laura non era più viva: “Quando ho visto che non c’erano più segni di vita sono stato diviso in due, felicità per lei e disperazione per me.”



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