​​


Una ricorrenza dimenticata: gli aviatori italiani in Congo in missione di assistenza vengono trucidati



Il 11 novembre 1961, un tragico evento colpì il contingente italiano delle Nazioni Unite in Congo: tredici aviatori furono brutalmente assassinati. Questo episodio, avvenuto a Kindu, segnò un momento cruciale nella storia delle missioni di pace italiane e portò a un profondo lutto nel Paese. In memoria di questi uomini, un monumento è stato eretto sia a Pisa che a Roma, vicino all’Aeroporto “Leonardo Da Vinci” di Fiumicino. Dopo la tragedia, i piloti dell’Alitalia iniziarono a indossare cravatte nere come segno di rispetto e lutto.



I tredici aviatori italiani appartenevano a due equipaggi di aerei da trasporto dell’Aeronautica Militare, precisamente i C-119 della 46ª Aerobrigata di Pisa, assegnati alla missione ONU in Congo. Quel giorno, i velivoli atterrarono all’aeroporto di Kindu, situato vicino al confine con il Katanga, dove infuriava una violenta guerra civile. Dalla proclamazione della repubblica il 30 giugno 1960, il paese era in preda al caos.

La missione dei piloti italiani era di trasportare rifornimenti per le forze di pace malesi presenti a Kindu. Due aerei, il C-119 “Lupo 33” (Nominativo Radiofonico Internazionale “India 6049”), comandato dal maggiore Amedeo Parmeggiani, e il C-119 “Lyra 5” (Nominativo Radiofonico Internazionale “India 6002”), guidato dal capitano Giorgio Gonelli, raggiunsero l’aeroporto per fornire supporto alle truppe ONU. Dopo una mattinata intensa di volo, i membri dell’equipaggio si recarono alla mensa dei caschi blu malesi per un pranzo. Durante questo momento di relax, i tredici aviatori furono attaccati e uccisi da soldati ribelli dell’Armata Nazionale Congolese, che li accusarono di essere mercenari travestiti da aviatori delle Nazioni Unite.

Le vittime dell’attacco erano: il maggiore pilota Amedeo Parmeggiani, il sottotenente pilota Onorio De Luca, il tenente medico Francesco Paolo Remotti, il maresciallo motorista Nazzareno Quadrumani, il sergente marconista Francesco Paga, il sergente maggiore Martano Marcacci, il sergente maggiore Silvestro Possenti, il capitano pilota Giorgio Monelli, il sottotenente pilota Giulio Garbati, il maresciallo motorista Filippo Di Giovanni, il sergente marconista Antonio Mamone, il sergente maggiore Armando Fabi, e il sergente maggiore Nicola Stigliani. L’orrore di quanto accaduto suscitò indignazione a livello mondiale, poiché questi uomini erano impegnati in una missione di pace.

Dopo alcuni mesi, fu possibile recuperare le salme dei caduti, che erano state sepolte clandestinamente per evitare ulteriori profanazioni. Un graduato di polizia congolese di religione cattolica aiutò nel recupero, portando i corpi in due fosse comuni. Le salme ritornarono a Pisa l’11 marzo 1962 e furono temporaneamente collocate nella chiesa di Santa Caterina, in attesa della costruzione del Sacrario, progettato dall’architetto Giovanni Michelucci e finanziato attraverso donazioni del popolo italiano, con una sottoscrizione promossa dalla RAI.

Subito dopo i tragici eventi di Kindu, l’Associazione Famiglie Caduti e Mutilati dell’Aeronautica di Pisa propose una raccolta fondi per erigere un monumento in onore dei tredici caduti. La RAI-TV sostenne questa iniziativa a livello nazionale, lanciando la “Catena della Fraternità”. Grazie a questa mobilitazione, furono raccolti 264 milioni di lire, una cifra ben superiore ai 50 milioni necessari per la realizzazione del Sacrario. L’eccedenza fu destinata alle famiglie dei caduti e all’ONFA (Opera Nazionale Famiglie Aviatori).

Il progetto del monumento fu affidato a Giovanni Michelucci e la sua inaugurazione avvenne il 15 marzo 1963, alla presenza di importanti figure politiche, tra cui il Presidente del Consiglio Amintore Fanfani, il Ministro della Difesa Giulio Andreotti, e l’ex Capo dello Stato Giovanni Gronchi. Tuttavia, i caduti di Kindu non furono gli unici a perdere la vita durante le operazioni della 46ª Aerobrigata in Congo; altri tre ufficiali e quattro sottufficiali morirono in incidenti di volo durante la missione.



Add comment