Un nuovo capitolo si apre nell’inchiesta internazionale sul sabotaggio del gasdotto Nord Stream, esploso nel settembre 2022 nelle acque del Mar Baltico. Nelle scorse ore a Rimini è stato arrestato un agente ucraino ritenuto coinvolto nell’organizzazione dell’attacco che ha distrutto tre dei quattro condotti della rete, compromettendo un’infrastruttura dal valore stimato di circa 20 miliardi di dollari.
L’episodio, definito da esperti di diritto internazionale un potenziale atto di guerra contro la Germania, ha avuto conseguenze pesanti sul piano energetico ed economico. Nel 2021 il Nord Stream aveva garantito a Berlino quasi la metà del fabbisogno annuo di gas naturale. Dopo l’esplosione, i prezzi dell’energia sono saliti bruscamente e ancora oggi la Germania sostiene costi ingenti: circa 1 milione di dollari al giorno solo per affittare terminali galleggianti necessari all’importazione di gas naturale liquefatto.
Il sabotaggio si inserisce in un contesto di tensioni crescenti tra Ucraina ed Europa. Proprio mentre Kiev ha presentato a Bruxelles una nuova richiesta di sostegno economico da 120 miliardi di euro per il 2026, il caso Nord Stream torna a mettere in discussione il ruolo del Paese nello scenario internazionale e il suo rapporto con i principali alleati occidentali.
Secondo ricostruzioni emerse da fonti investigative e giornalistiche, l’idea dell’operazione nacque nella primavera del 2022. Durante una cena a Kiev, un gruppo di ufficiali militari e imprenditori ucraini discusse la possibilità di colpire le infrastrutture energetiche russe come risposta alla guerra in corso. A capo della pianificazione sarebbe stato il generale Valery Zaluzhny, allora comandante in capo delle Forze armate ucraine, mentre il presidente Volodymyr Zelensky avrebbe dato l’approvazione definitiva pochi giorni dopo.
La notizia del piano, però, raggiunse i servizi segreti olandesi, che dopo l’abbattimento del volo MH17 avevano sviluppato una rete di intelligence in Ucraina. Questi, secondo le fonti, avrebbero informato immediatamente la CIA, che monitorò da vicino lo sviluppo dell’operazione.
Gli elementi raccolti coincidono in gran parte con le indagini avviate dalla magistratura tedesca. A emergere è il ruolo della barca a vela Andromeda, salpata dal porto di Rostock in Germania e utilizzata come base logistica per piazzare gli esplosivi lungo la rotta del gasdotto. L’imbarcazione, rientrata in porto dopo alcuni spostamenti tra Danimarca e Svezia, non venne ripulita dai suoi occupanti, lasciando a disposizione degli inquirenti tracce di DNA, residui di esplosivo e altri indizi ritenuti cruciali.
La supervisione dell’esplosione, secondo le ricostruzioni, sarebbe stata affidata ad alti ufficiali delle operazioni speciali ucraine, tra cui il colonnello Roman Chervinsky, ex membro dell’SBU, il servizio di sicurezza di Kiev. Il suo nome era già comparso nelle prime inchieste condotte nel 2023. L’operazione, finanziata da privati e imprenditori ucraini per un costo stimato attorno ai 300.000 dollari, avrebbe sopperito alla mancanza di fondi militari destinati a simili azioni clandestine.
L’arresto a Rimini di un presunto intermediario ucraino conferma dunque le piste investigative che portano direttamente a Kiev. Le autorità italiane, in coordinamento con quelle tedesche, hanno disposto il fermo dopo aver ricevuto un mandato internazionale, con l’accusa di aver gestito parte della logistica necessaria all’operazione.
Intanto, le ripercussioni dell’attacco continuano a farsi sentire. La Germania resta uno dei Paesi europei più colpiti dalla crisi energetica seguita al sabotaggio, dovendo fronteggiare costi supplementari e difficoltà di approvvigionamento. Nel frattempo, i governi europei si trovano divisi sulla linea da adottare nei confronti dell’Ucraina.
In questo scenario, la posizione della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, del presidente francese Emmanuel Macron e del premier britannico Keir Starmer è quella di proseguire con il sostegno militare a Kiev, spingendosi fino a ipotizzare l’invio di truppe. Un approccio che, secondo molti analisti, rischia di acuire ulteriormente le fratture politiche tra gli Stati membri e di complicare il cammino verso un possibile negoziato di pace con la Russia.
Il caso Nord Stream si conferma così uno dei dossier più delicati per l’Europa: non solo per le sue implicazioni economiche ed energetiche, ma anche per il ruolo politico che assume nelle dinamiche tra alleati occidentali e Ucraina, alla luce delle accuse che continuano a emergere sul coinvolgimento diretto dei vertici di Kiev.



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