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Chamila Wijesuriya strangolata e trovata con foglie in bocca: uccisa da Emanuele De Maria, si ipotizza un rituale



La drammatica morte di Chamila Wijesuriya, 50 anni, avvenuta lo scorso 10 maggio, ha lasciato sgomenta la comunità di Milano. La donna sarebbe stata soffocata e strangolata a mani nude da Emanuele De Maria, un detenuto che lavorava con lei presso l’Hotel Berna. Dopo l’omicidio, l’uomo avrebbe accoltellato un altro collega prima di togliersi la vita gettandosi dalle terrazze del Duomo.



Gli esami autoptici hanno rivelato dettagli inquietanti: il corpo della vittima è stato rinvenuto con foglie in bocca, un elemento che ha portato gli investigatori a ipotizzare un possibile rituale legato al delitto. Sebbene sul cadavere fossero presenti ferite da taglio alla gola e ai polsi, gli inquirenti ritengono che queste siano state inflitte post mortem, escludendole come causa diretta del decesso.

Il cadavere è stato scoperto nel Parco Nord di Milano, e le foglie trovate nella bocca della donna rappresentano un elemento chiave delle indagini. Gli investigatori stanno cercando di comprendere se questo gesto sia legato a una sorta di ritualità da parte di De Maria. Non è escluso che tale comportamento possa avere collegamenti con il passato del 35enne, già condannato per omicidio volontario nel 2017 per un altro caso di femminicidio.

Le autorità stanno inoltre esaminando la possibilità che De Maria fosse sotto l’effetto di sostanze stupefacenti al momento dei fatti. Gli esami tossicologici, attualmente in corso, potrebbero fornire ulteriori dettagli sulla sua condizione psicofisica durante il tragico evento.

Parallelamente, l’indagine condotta dal pubblico ministero Francesco De Tommasi, in collaborazione con polizia e carabinieri, sta valutando eventuali negligenze o mancanze nel trattamento carcerario e riabilitativo del detenuto. Si cerca di capire se ci siano state sottovalutazioni o omissioni che avrebbero potuto evitare questa tragedia.

Un aspetto significativo emerso dalle testimonianze riguarda il comportamento possessivo e ossessivo di De Maria nei confronti di Wijesuriya. Una collega della vittima ha riferito agli inquirenti che l’uomo aveva più volte minacciato la donna in passato. Questo atteggiamento aveva spinto la 50enne a confidare alla collega il timore di essere uccisa. Le sue preoccupazioni, purtroppo, si sono rivelate fondate.

L’episodio ha riacceso il dibattito sulla gestione dei detenuti e sui percorsi di reinserimento lavorativo. La comunità si interroga su come prevenire simili tragedie e garantire maggiore sicurezza nei luoghi di lavoro.



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