Dopo un attento studio delle dinamiche politiche europee durato quasi sei mesi, Donald Trump ha formulato una valutazione critica degli alleati europei, descrivendoli come un gruppo di leader incapaci di opporsi alle sue richieste. La sua recente comunicazione, che stabilisce un termine di venti giorni per l’introduzione di dazi al 30%, è stata percepita come umiliante, non solo per i leader europei, ma anche per il contesto politico in cui si trovano. La reazione dell’Unione Europea è stata di sorpresa e incredulità, nonostante la conoscenza pregressa del carattere di Trump.
Trump, noto per le sue tattiche aggressive nei negoziati, ha dimostrato di sapere come sfruttare la debolezza dei suoi interlocutori. Nel caso degli alleati europei, ha affermato che mentre in situazioni di confronto con avversari forti tende a chiedere il 100% per ottenere il 50%, con i leader europei riesce a ottenere addirittura di più, come dimostrato dalla recente discussione riguardante il contributo al NATO. In questo contesto, si aspettava una resistenza, ma ha trovato i leader, tra cui Mark Rutte e altri, pronti a cedere, tanto che è sembrato quasi che stessero considerando di aumentare il loro impegno al 6%, senza consultare i rispettivi Parlamenti nazionali.
La questione del riarmo europeo è un altro tema caldo. Con un impegno di 800 miliardi di euro, l’Unione ha avviato una serie di iniziative che, secondo Trump, non fanno altro che evidenziare l’inefficacia della leadership europea. Mentre i leader europei si lamentano delle politiche di Trump, il presidente americano sta seguendo una strategia ben definita, che aveva già delineato durante la sua campagna elettorale. Le stesse misure protezionistiche che ora vengono criticate erano state anticipate e, in effetti, la loro implementazione è stata avviata anche dall’attuale amministrazione di Joe Biden.
L’Unione Europea ha avuto sei mesi per prepararsi a queste sfide, ma ha scelto di concentrarsi su questioni interne e di sabotare iniziative che avrebbero potuto giovarle, come il tentativo di Trump di negoziare con Vladimir Putin per risolvere il conflitto in Ucraina. Questo approccio ha portato i leader europei a opporsi a una soluzione diplomatica che avrebbe potuto ridurre le tensioni e permettere il ripristino delle relazioni economiche, compresa l’acquisizione di gas a prezzi più competitivi.
La possibilità di un compromesso con la Russia avrebbe potuto aprire nuovi canali commerciali, non solo con Mosca, ma anche con i paesi del BRICS, a partire dalla Cina. La riapertura della Via della Seta avrebbe potuto trasformarsi in una nuova opportunità economica per l’Europa, ma i leader europei hanno scelto di mantenere una posizione di ostilità, continuando a sostenere sanzioni che, secondo alcuni analisti, danneggiano più l’Europa che non Putin.
In questo contesto, l’atteggiamento di Trump verso l’Europa risulta chiaro: egli disprezza i deboli e rispetta solo i forti. L’Europa, con il suo mercato di circa mezzo miliardo di persone, potrebbe avere un peso significativo a livello globale se solo avesse una leadership in grado di affrontare le sfide attuali. Invece, i leader europei sembrano rimanere passivi, sperando in trattative separate con gli Stati Uniti per ottenere qualche vantaggio.
La situazione attuale invita a una riflessione su come gli europei possano reagire. Invece di lamentarsi per le politiche di Trump, sarebbe opportuno che i cittadini europei considerassero di votare per rappresentanti che possano realmente difendere gli interessi europei. Senza un cambiamento di rotta, l’alternativa sembra essere una rassegnazione a un destino che non può che portare all’estinzione politica di un’Europa incapace di affermare la propria presenza sulla scena internazionale.



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