La parrocchia di Santa Maria Maggiore a Vicofaro, un centro di accoglienza per migranti, vive un momento di transizione significativa. Dopo quasi un decennio di servizio, don Massimo Biancalani, conosciuto come “il parroco dei migranti”, ha lasciato il suo incarico su decisione della Diocesi di Pistoia. Questo cambiamento avviene in un contesto di controversie e difficoltà legate alla gestione dei migranti nella parrocchia.
Nel giugno 2025, il sindaco di Pistoia, Alessandro Tomasi, ha firmato un’ordinanza di sgombero per motivi di sicurezza e igiene. Le verifiche condotte dai Vigili del Fuoco e dall’Asl avevano rivelato gravi criticità, tra cui l’insufficienza dei servizi igienici e il sovraffollamento, che mettevano a rischio la salute di circa 150 migranti ospitati nella struttura. In seguito a questa ordinanza, la Caritas e la Diocesi hanno organizzato il trasferimento degli ospiti, assistiti anche dalla Prefettura e dal ministero degli Interni. Gli individui coinvolti sono stati ricollocati in strutture diocesane o appartamenti all’interno della provincia di Pistoia. Il processo di sgombero si è concluso il 1 luglio 2025, quando la polizia ha allontanato gli ultimi migranti che si opponevano al trasferimento, come confermato da testimoni e volontari.
La decisione della Diocesi di Pistoia, sotto la guida del vescovo Fausto Tardelli, è stata presa pochi giorni dopo lo sgombero definitivo della parrocchia. Don Biancalani è stato nominato direttore dell’ufficio missionario diocesano, abbandonando così la sua funzione come rappresentante legale della parrocchia di Vicofaro. Questa scelta è stata interpretata da alcuni come una vera e propria rimozione, suscitando reazioni contrastanti all’interno della comunità.
Il quartiere di Vicofaro, che ha vissuto l’esperienza di accoglienza per anni, ha mostrato risposte divergenti. Alcuni residenti hanno segnalato episodi di degrado, micro-criminalità e accumulo di rifiuti nei pressi della parrocchia, con materassi e oggetti abbandonati da parte degli ex ospiti. Al contrario, diversi volontari e parrocchiani hanno scritto una lettera al vescovo Tardelli, descrivendo la situazione come una “punizione ingiustificata” nei confronti di don Biancalani e chiedendo che non venisse dimenticato il lavoro svolto dal parroco e dai volontari.
In seguito all’ordinanza di sgombero, don Massimo Biancalani ha presentato un ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, ma il TAR ha respinto la richiesta, confermando la legittimità dell’intervento per il trasferimento e la chiusura dei locali. Durante le operazioni di pulizia, sono emerse ulteriori criticità igieniche, come la presenza di ratti, pareti annerite e segnalazioni di tubercolosi tra gli ospiti. I tecnici della diocesi hanno quindi sigillato i locali e avviato le operazioni di bonifica e ristrutturazione, evidenziando lo stato di grave abbandono in cui versava la struttura.
Diverse figure coinvolte hanno espresso pubblicamente le proprie opinioni sull’accaduto. Don Biancalani ha affermato: “Una violenza enorme su di me, i miei ragazzi fragili e la Chiesa”. In una lettera pubblicata il 25 luglio 2025 sulla sua pagina Facebook, ha scritto: “Vicofaro non è una discarica, è un rifugio. Non è un magazzino, è un ospedale da campo. Non è un luogo da svuotare, è un segno evangelico da custodire […] Chiedo che si restituisca alla chiesa di Vicofaro quella dignità che i poveri stessi, vivendola e abitando quegli spazi, le hanno dato”. Il sindaco Tomasi, tramite i social media, ha ringraziato la Caritas, la Diocesi e le forze dell’ordine, sostenendo che la decisione fosse stata presa “in termini di sicurezza, legalità e dignità pensando sia alle persone accolte, sia agli abitanti di quel quartiere”.
Questo cambio di gestione nella parrocchia di Santa Maria Maggiore segna la fine di un’epoca di accoglienza e assistenza per i migranti a Vicofaro, ponendo interrogativi sulle future politiche di integrazione e accoglienza nella comunità. La situazione attuale della parrocchia e il futuro di don Biancalani nell’ufficio missionario diocesano rimangono al centro dell’attenzione pubblica, mentre la comunità si adatta a queste nuove circostanze.



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