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Mi ha tradita, ma avevo già un piano pronto per lui



Mi chiamo Alessia e ho 23 anni.
Sono sempre stata una ragazza indipendente, una di quelle che hanno imparato presto ad amare la propria compagnia, in tutti i sensi. So come prendermi cura di me stessa, come coccolarmi, come ritrovare pace nel silenzio della mia stanza, anche quando il mondo fuori è troppo rumoroso.



Non ho mai avuto bisogno di nessuno per sentirmi completa. Certo, ho avuto storie: ragazzi che mi facevano ridere, battere il cuore, tremare con un solo sguardo. Ma, in fondo, sapevo che nessuno mi conosceva davvero come me stessa.

Quella era la mia routine: un momento solo mio, luci soffuse, una candela accesa, musica soft e la porta chiusa. Credevo fosse chiusa a chiave, ma mi sbagliavo.

Era un sabato pomeriggio di giugno, caldo e silenzioso. I miei genitori erano fuori città per il weekend. Ero sola. O quasi. In casa c’era anche Davide, mio fratellastro da tre anni. Aveva 26 anni, era alto, con capelli scuri spettinati, occhi azzurri e un sorriso capace di stordire.

Ci prendevamo spesso in giro, guardavamo film insieme, ci comportavamo più come amici che come famiglia. Ma a volte mi sorprendevo a notarlo in modo diverso: un dettaglio nei suoi lineamenti, il modo in cui rideva, il tono della sua voce quando parlava piano. Allontanavo subito quei pensieri, perché sapevo che erano sbagliati.

Quel giorno ero stesa sul letto, vestita solo con le mie mutandine di cotone e una felpa leggera. Gli auricolari nelle orecchie, la musica che mi avvolgeva, le mani che seguivano il ritmo del respiro. Era il mio momento.

Poi uno scricchiolio. Aprii gli occhi. Davide era lì, sulla soglia.
Mi coprii di scatto con il plaid, il cuore in gola.

Davide! Ma cosa stai facendo? Esci subito!

Lui non si mosse.
Ho bussato, disse. Non hai risposto… credevo fossi addormentata.

La sua voce era calma, ma gli occhi no. Erano accesi, fissi su di me. Non di rabbia né di imbarazzo, ma di qualcosa di diverso. Più intenso.

Perché farlo da sola, quando potrei farlo io?

Il mio mondo si fermò. Respiravo a fatica. Non avevo mai sentito niente del genere.

Non puoi dire cose così, riuscii a sussurrare. Siamo famiglia.
Non siamo sangue, Ale. E tu lo sai che tra noi c’è qualcosa. L’ho visto… l’hai sentito anche tu.

La stanza era silenziosa, ma dentro di me c’era una tempesta. Avrei dovuto arrabbiarmi, cacciarlo, chiudermi in bagno. Invece non mi muovevo.

Cosa vuoi da me?

Fece un passo avanti.
Solo una possibilità, per farti sentire bene. Come meriti.

Mi fissava, non con prepotenza, ma con dolcezza. Con desiderio. La mia mente diceva “no”, ma il mio corpo era già teso, caldo, sveglio.

Solo una volta, disse lui. Nessuno deve saperlo.

Abbassai lo sguardo e sentii qualcosa farsi spazio dentro di me. Una voglia antica, pressante ma viva.
Va bene, dissi, quasi senza rendermene conto. Fammi vedere.

Si avvicinò, mi sfiorò la mano.
Sei sicura?
Annuii. Mi lasciò il tempo, nessuna fretta, nessuna pressione.

Quando le sue mani toccarono la mia pelle, mi sembrò di sciogliermi. Non era come con gli altri: era lui, e mi conosceva da sempre. Ogni movimento era lento, ogni carezza un’esplorazione. Mi sentivo esposta, vulnerabile… ma al sicuro.

Mi baciò piano, poi più a fondo. E in quel momento il mondo fuori non esisteva più. Era sbagliato, ma era reale. E io non volevo fermarlo.

Il tempo si dilatò. Ogni secondo sembrava eterno, ogni tocco una scoperta. Quando finalmente mi strinse tra le braccia, nuda e tremante, non provai vergogna. Sentii pace.

Rimanemmo lì in silenzio, il suo respiro sul mio collo, le sue dita intrecciate alle mie.
E adesso? — sussurrai.
Adesso decidiamo noi. Nessuno ci vede, Ale. Solo noi due. E io ti vedo… da sempre.

Chiusi gli occhi e sorrisi. Non so dove ci porterà tutto questo, ma so che non mi sono mai sentita così viva.

A volte l’amore sboccia dove meno te lo aspetti… e non sempre segue le regole.



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