​​


Floris ospite di Gramellini e la battuta su Meloni, “come il nonno fascista”: esplode la polemica politica



Negli ultimi giorni, Giovanni Floris, conduttore del programma DiMartedì su La7, sta emergendo come una voce critica nei confronti del governo di Giorgia Meloni. Sebbene non sia una novità che il premier non gradisca il suo stile, le recenti dichiarazioni di Floris hanno sollevato un certo scalpore per il tono e il contenuto.



In un’apparizione recente a Otto e Mezzo, condotto da Lilli Gruber, Floris ha discusso dell’accordo di pace a Gaza e del ruolo degli Stati Uniti, menzionando anche la posizione dell’Italia. Quando gli è stato chiesto se il governo italiano avesse avuto un ruolo significativo nella trattativa, ha risposto: “Io penso che il governo non abbia avuto un ruolo, sicuramente non ha avuto un grande ruolo in questa trattativa, escludiamo quasi che abbia avuto un ruolo, ma probabilmente il ruolo politico è stato unicamente di seguire la scia di Trump e quindi stare silenziosamente dalla parte di Israele, cercando di frenare le sanzioni che venivano immaginate, cercando di indebolire le posizioni politiche che hanno avuto un peso decisivo non solo in Italia, ma nel mondo”. Con queste parole, Floris ha descritto Meloni come una figura marginale e silenziosa, che segue passivamente le direttive americane.

Successivamente, Floris ha offerto un’ulteriore critica durante la puntata di sabato 11 ottobre di In altre parole, un programma condotto da Massimo Gramellini su La7. Qui ha affermato: “Giorgia Meloni è in campagna elettorale. Ne abbiamo viste tante. Persino Silvio Berlusconi che era il più violento contro l’altra parte aveva sempre un filo di ironia, che lasciava intravedere un amore di fondo anche per l’avversario”. Questa osservazione sembra richiamare una nostalgia per un passato politico in cui, secondo Floris, il dialogo e la competizione erano più civili.

Continuando la sua analisi, Floris ha aggiunto: “Qui invece c’è un livido odio che si esprime in un linguaggio… a me vengono in mente le tavolate di parenti, abbiamo una certa età, in cui il nonno era un po’ fascista. Diceva: questi sono tutti ragazzini, questi qua mandateli a lavorare. Noi stessi nei suoi confronti avevamo un po’ d’amore, perché è nonno porello… Mio nonno no, la pensava in maniera completamente diversa, ma qualche zio ce lo avevo. Sai quando arrivò la nave dall’Albania? Ma che vengano a fare questi! Ecco, che il nonno a capotavola sia diventato linea politica un po’ mi inquieta”. Con questa metafora, Floris ha paragonato Meloni a un nonno fascista, suggerendo che il suo approccio alla politica sia caratterizzato da un’antipatia verso gli immigrati e una visione ristretta.

Questa serie di affermazioni ha suscitato reazioni varie, con molti che si interrogano sulla direzione politica e retorica del governo attuale. La rappresentazione di Meloni come una figura nostalgica e divisiva evidenzia le tensioni presenti nel dibattito politico italiano. Inoltre, il confronto con Berlusconi potrebbe suggerire un desiderio di una politica più moderata e meno polarizzata.

La critica di Floris si inserisce in un contesto più ampio di opposizione alla leadership di Meloni, dove diversi opinionisti e politici stanno cercando di mettere in luce le problematiche della sua amministrazione. La scelta di utilizzare un linguaggio così evocativo e personale potrebbe essere vista come una strategia per attrarre l’attenzione del pubblico e stimolare un dibattito più ampio sulle questioni di immigrazione e identità nazionale.



Add comment