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Berlinguer e Belpietro, scontro in studio sulle manifestazioni per Gaza: “Vi dovete rassegnare”



In un programma televisivo di qualità discutibile come quello condotto dalla Berlinguer, il direttore Maurizio Belpietro trova terreno fertile per le proprie affermazioni. E risponde con decisione alle lamentele della Bianchina riguardo alle critiche della Meloni nei confronti dei sostenitori della causa palestinese.



“Quando si assiste alla distruzione dell’immagine del Presidente del Consiglio e a minacce rivolte alla sua famiglia, è comprensibile che si verifichino reazioni. L’opposizione, di fronte a un tentativo di pace, non si arrende, quasi scommette sulla guerra e spera in un suo ritorno per poter affermare che Trump non ha portato la pace.” (VIDEO)

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Negli ultimi due anni, il panorama politico e mediatico italiano ha assistito a un acceso dibattito riguardo al conflitto tra Israele e Hamas. Un gruppo di sostenitori ha negato o giustificato il massacro dei gazawi, sostenendo che le azioni di Netanyahu fossero necessarie in risposta agli eventi del 7 ottobre. Chiunque tentasse di argomentare che il terrorismo debba essere affrontato con l’intelligence piuttosto che con la distruzione indiscriminata veniva etichettato come un “antisemita tagliagole e tagliateste”.

Recentemente, l’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha preso una decisione che molti, inclusi i critici di lungo corso, speravano fin dall’8 ottobre 2023: ha costretto Netanyahu a interrompere la violenza, rinunciando a piani di annessione e conflitti con i paesi vicini. Inoltre, ha mediato un accordo con Hamas, che, sebbene indebolita, è stata promossa a forza di polizia a Gaza. In cambio della liberazione di 1900 detenuti, tra cui alcuni con precedenti violenti, sono stati rilasciati 20 ostaggi. Trump ha anche disertato la firma di un accordo a Sharm el-Sheikh per non scontentare Erdogan.

Nonostante queste evoluzioni, ci si aspettava che i sostenitori di Netanyahu mantenessero una posizione di lutto. Invece, sorprendentemente, hanno iniziato a sostenere che gli sconfitti avessero in realtà vinto, esaltando la “pace” proposta da Trump, contrariamente a quanto affermato in precedenza, ovvero che il suo intervento avrebbe portato a ulteriori conflitti. La situazione appare paradossale: coloro che avevano criticato le scelte americane ora si rallegrano per un risultato che non avrebbero mai previsto.

Libero, il quotidiano diretto da Sechi, ha titolato “Trump libera tutti”, nonostante le sue precedenti affermazioni secondo cui “la guerra finirà quando lo decide Israele“. Sallusti, sul Giornale, ha esultato per il “miracolo di Trump”, ignorando il fatto che questo risultato contraddiceva le sue posizioni passate, in cui sosteneva che Israele avrebbe dovuto continuare a combattere fino all’annientamento di Hamas.

Nel frattempo, il Foglio ha mantenuto un approccio critico. Cerasa ha scritto che “in bocca a Trump ‘pace’ è diventata una parola sinistra”, e ha pubblicato articoli che mettevano in discussione le sue politiche, accusandolo di negoziare alla cieca con potenze come Russia e Iran. Ha descritto Trump come colluso con Khamenei, affermando che stesse “imbrogliando Israele” e “salvando il nucleare iraniano”.

Anche Ferrara ha espresso il suo disprezzo per le azioni di Trump, definendole “la banalità dello schifo”. Tuttavia, la narrazione sembra ora cambiare rapidamente. Tre pagine del Foglio sono state dedicate al discorso di Trump, con il titolo “Vittoria di Israele. Vittoria della pace”, segnando un netto cambio di rotta rispetto alle critiche precedenti.

In un contesto così complesso, la reazione di chi ha sostenuto le politiche aggressive di Netanyahu si rivela contraddittoria. Mentre i sostenitori di Trump si affrettano a rivendicare il merito per la nuova direzione del conflitto, chi aveva precedentemente criticato le scelte americane ora si trova a dover fare i conti con la realtà di un accordo che non avrebbero mai previsto.

La scena futura potrebbe rivelarsi ancora più interessante, con la possibilità che Ferrara si rechi a Gaza per conferire a Hamas un improbabile “premio Poliziotto dell’Anno”, un gesto che riassumerebbe l’assurdità di una situazione in continua evoluzione. La politica internazionale, in particolare nel contesto del conflitto israelo-palestinese, continua a dimostrarsi un terreno fertile per le contraddizioni e le sorprese, lasciando aperta la questione su quale sia realmente il futuro della pace nella regione.



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