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Elena si toglie la vita in carcere a 26 anni, ma nessuno la cerca: al funerale nessun familiare presente



Solo otto persone, e manco un parente. Così, una mattina qualunque, il cappellano del carcere di Sollicciano ha fatto il funerale per Elena. Aveva solo 26 anni, e si è tolta la vita in cella a settembre. Nessuno della famiglia si è fatto vivo, zero. Al funerale, solo gli avvocati e qualche volontario che l’aveva conosciuta in quei pochi anni incasinati che ha vissuto.



La sua storia? Praticamente una sequenza di sfighe e abbandoni. Rumena, scappata di casa a 14 anni, ha girato mezza Europa prima di arrivare in Italia, dove ha trovato solo gente pronta a sfruttarla. Il Corriere Fiorentino ha scritto che era stata costretta a prostituirsi, poi è finita nella spirale della droga, e alla fine pure nei guai con la giustizia italiana mentre era ancora minorenne. Tra furti, cavolate varie, comunità ad Arezzo e poi carcere minorile a Pontremoli. Un film già visto, purtroppo.

Strada facendo la situazione è solo peggiorata, fino al colpo finale: una rapina nel centro di Firenze, roba brutta, un anziano di 91 anni finito in coma. Per questo si è beccata quattro anni e otto mesi di carcere. Un anno dopo quell’episodio, Elena non ce l’ha fatta più. Il 7 settembre si è tolta la vita in cella, lasciando solo un bigliettino: “Elena vi saluta”. Era il secondo suicidio dell’anno nel carcere toscano, il sessantesimo in Italia. Sì, sessanta.

Dopo la notizia, su internet sono piovuti commenti d’odio. La sua avvocata ha detto chiaro e tondo: “Elena era prima di tutto una persona. In carcere la pena deve essere la punizione, non la morte”. L’ambasciata ha provato a contattare la famiglia in Romania, ma niente, nessuno ha risposto. E così, all’ultimo saluto al cimitero di Trespiano c’erano solo il prete e quei pochi che le volevano davvero bene. Il cappellano ha detto: “Si è sentita rifiutata tutta la vita. Alla notizia del suicidio, le detenute e gli agenti hanno pianto per lei”. Ecco, questo è quanto.



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