Il presidente del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel), Renato Brunetta, ha comunicato la sua intenzione di revocare con effetto immediato l’aumento del proprio stipendio, fissato a 311mila euro annui. Questa decisione arriva dopo le polemiche suscitate dall’innalzamento della sua retribuzione, che aveva già raggiunto la cifra di 250mila euro l’anno, con un incremento di 60mila euro, pari a oltre il 20%. La notizia ha sollevato un acceso dibattito, arrivando fino a Palazzo Chigi, dove la premier Giorgia Meloni ha espresso la sua irritazione, definendo l’aumento “non condivisibile” e “inopportuna”.
In aggiunta al compenso di Brunetta, anche gli stipendi dei vicepresidenti e dei consiglieri del Cnel subiranno un incremento, portando la spesa complessiva per le retribuzioni dei vertici da 850mila euro a quasi un milione e mezzo in un anno. Inoltre, le consulenze esterne passeranno da 320mila a 420mila euro, con un aumento di 100mila euro previsto per il prossimo anno.
La questione ha ottenuto ulteriore attenzione dopo che il quotidiano Domani ha riportato la notizia dell’aumento record, che è stato facilitato da una sentenza della Corte Costituzionale. Quest’ultima, durante l’estate, ha dichiarato incostituzionale il tetto di 240mila euro per le retribuzioni dei dipendenti pubblici, aprendo la strada a questi aumenti.
Dal Cnel si sono giustificati affermando che l’aumento degli stipendi era necessario per allinearsi ai parametri di altre istituzioni costituzionali. Tuttavia, le opposizioni hanno immediatamente attaccato la decisione, sottolineando l’incoerenza di Brunetta, che ha bloccato l’introduzione di un salario minimo legale in Italia fissato a 9 euro l’ora.
In effetti, il compenso di Brunetta non sarebbe dovuto essere percepito, poiché dal 2012 esisteva un divieto di ricevere compensi per incarichi pubblici da parte di chi era già in pensione. Tuttavia, nel marzo 2024, una norma inserita nel decreto Pnrr ha consentito al presidente e ai membri del Cnel di ricevere una retribuzione.
In risposta alle polemiche, il Cnel ha precisato: “Il Cnel non ha effettuato alcun ‘adeguamento’, ma si è limitato a dare doverosa applicazione alla sentenza della Corte Costituzionale n. 135 del 9 luglio 2025, che ha ripristinato a decorrere dal 1° agosto u.s. il tetto retributivo dei 311.658,53 euro”. La nota continua affermando che le affermazioni riportate dal quotidiano Domani, secondo cui si sarebbe trattato di “1,5 milioni in più” per i vertici del Cnel, non corrispondono al vero e che si tratta di “una serie di errori – voluti o meno non importa – che complessivamente concorrono a falsare la condotta di assoluta regolarità e legittimità cui il Cnel informa la propria attività”.
La Lega ha annunciato di voler presentare un’interrogazione parlamentare e un emendamento alla manovra per riconsiderare gli aumenti degli stipendi al Cnel. Tiziana Nisini, deputata della Lega, ha dichiarato: “Gli aumenti in piena autonomia degli stipendi al Cnel, a partire dal presidente Renato Brunetta, sono da riconsiderare. Dobbiamo invece concentrarci nell’eliminazione dei contratti pirata con normative di legge che devono passare dall’iter parlamentare”.
Anche le opposizioni hanno alzato la voce contro l’incremento dello stipendio di Brunetta. Chiara Appendino del Movimento 5 Stelle ha collegato la questione agli attacchi del governo alla giornata di sciopero generale proclamata dalla Cgil per venerdì 12 dicembre. Ha affermato: “Meloni deride chi scende in piazza per chiedere salari dignitosi ma tace sulla vergogna dell’aumento fino a 311.000 euro a Brunetta. Con questo governo, se sei un operaio ti attaccano, se sei un privilegiato ti premiano”.



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