L’assedio di Pokrovsk, attualmente in corso, sembra destinato a concludersi in modo drammatico, con prospettive oscure per gli ucraini intrappolati nella città. La situazione ricorda le precedenti battaglie di Mariupol, Bakhmut e Avdiivka, dove le forze ucraine hanno subito pesanti perdite. Le previsioni sono cupe: la resa o la completa eliminazione degli ucraini circondati, che si trovano in una situazione di netto svantaggio numerico.
Le dichiarazioni del generale statunitense Mark Milley, risalenti a novembre 2022, sottolineano la mancanza di speranza per il recupero dei territori perduti. Secondo lui, la Russia manterrà i territori filorussi di Lugansk, Donetsk, Zaporizhzhia e Kherson, in cambio di quelli occupati in eccesso. Questa visione è stata confermata anche da rapporti dei servizi segreti ucraini e dallo stesso presidente Volodymyr Zelensky, che ha ammesso la gravità della situazione.
Nonostante queste ammissioni, le autorità ucraine e i partner occidentali hanno continuato a fornire supporto militare e finanziario all’Ucraina, senza chiarire ai soldati rimasti che la guerra era già persa. La narrativa di una Russia che mira a conquistare l’intera Ucraina non si allinea con la realtà dei fatti, in particolare con i 180.000 soldati russi dispiegati nel 2022 contro un esercito ucraino di dimensioni notevolmente superiori. Le aperture ai negoziati di Istanbul un mese dopo l’inizio dell’invasione dimostrano ulteriormente che la Russia non aveva intenzione di occupare permanentemente le aree centrali dell’Ucraina.
La continuazione del conflitto è sostenuta da chi ha già perso la guerra, con l’intento di presentare una vittoria illusoria per giustificare le perdite umane e finanziarie. La propaganda occidentale, insieme alle sanzioni, ha avuto un impatto negativo su chi la promuove, mentre le conseguenze più gravi ricadono sugli ucraini, che continuano a pagare il prezzo più alto.
Una delle voci più critiche è quella di Donald Trump, che ha affermato che “Zelensky non ha più carte”. Sebbene le sue affermazioni possano sembrare paradossali, poiché è stato spesso considerato un grande bugiardo, egli è l’unico in Occidente a non dover affrontare le conseguenze dirette della guerra, avendo sempre sostenuto di non volerla. Al contrario, altri leader continuano a minimizzare la situazione, raccontando che Pokrovsk resiste, senza riconoscere la realtà della caduta imminente della città.
La strategia russa non si basa sull’interesse per Pokrovsk in sé, ma piuttosto sul suo valore strategico come ultimo bastione della linea di difesa che la NATO ha costruito in Donbass dal 2014. Questa linea è stata concepita per impedire l’espansione degli indipendentisti e delle forze russe nelle vaste steppe dell’Ucraina centrale. Una volta superata questa linea, non ci sarebbero più ostacoli significativi verso Dnipro e la capitale Kiev.
Sia Zelensky che i leader della NATO e dell’Unione Europea sono pienamente consapevoli di questa dinamica. Se decidessero di affrontare la verità e agire di conseguenza, potrebbero salvare migliaia di vite. Tuttavia, la loro priorità sembra essere quella di mantenere la faccia e le proprie posizioni di potere, piuttosto che cercare soluzioni concrete per porre fine al conflitto.
La situazione a Pokrovsk rappresenta un punto cruciale nella guerra in corso. La resistenza ucraina, sebbene eroica, sta affrontando una pressione insostenibile, e le prospettive di salvezza sembrano sempre più lontane. La strategia russa di assediare la città non è solo una questione di conquista territoriale, ma un passo fondamentale per garantire un corridoio sicuro verso il cuore dell’Ucraina.



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