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Roberto Fico e la scorta da 100mila euro l’anno: non rieletto, ma ancora accompagnato da tre agenti



Roberto Fico, ex presidente della Camera e attuale candidato di sinistra alle regionali in Campania, ha suscitato polemiche riguardo al suo dispositivo di sicurezza, che ha comportato una spesa di circa 100mila euro per mantenere tre poliziotti a sua scorta. Recentemente, il sistema di protezione è stato modificato: ora gli agenti che accompagnano Fico provengono dalla Questura di Napoli. Questa modifica avviene dopo un anno e mezzo di una configurazione di sicurezza anomala e non conforme agli standard previsti.



Fino a inizio novembre, Fico aveva beneficiato di un servizio di protezione “misto”, composto da un agente della Questura di Napoli e un altro proveniente dall’Ispettorato della Camera dei deputati. Questa situazione non era contemplata dai protocolli dell’Ufficio centrale interforze per la sicurezza (Ucis), che stabilisce linee guida per la protezione delle personalità a rischio. Secondo le normative, ogni trasferimento sul territorio nazionale richiede che il servizio di protezione sia affidato al personale della località di destinazione, per evitare sovrapposizioni e costi aggiuntivi.

Tuttavia, nel caso di Fico, questo principio è stato ignorato, apparentemente per sua esplicita richiesta. Il livello di protezione assegnato a Fico è il quarto, il più basso previsto per gli ex presidenti di Camera e Senato, che normalmente prevede due poliziotti e un’auto non blindata. Tuttavia, in pratica, il dispositivo era composto da tre operatori della Camera che si alternavano ogni tre giorni, insieme a un agente della Questura di Napoli che fungeva da autista. Questo ha comportato un costo significativo per lo Stato.

Ogni trasferimento a Napoli comportava spese per biglietti ferroviari, indennità di missione, straordinari, rimborsi per pasti e alloggio. Secondo fonti, Fico alloggiava in un hotel a quattro stelle nel quartiere di Posillipo, dove risiede, con un costo stimato di circa seimila euro al mese. In totale, ciò ha comportato una spesa complessiva di circa 100mila euro in diciotto mesi, per una protezione che non era conforme alle normative vigenti.

Oltre ai costi, l’impiego di personale romano ha avuto ripercussioni sulla gestione delle risorse della Questura di Napoli. Gli agenti locali, relegati a ruoli secondari, si sono trovati a dover affrontare trasferte lunghe e notturne, con conseguenti rischi. In un episodio documentato, un agente ha dovuto gestire un guasto durante un rientro autostradale senza alcun supporto, suscitando malumori tra gli operatori e i sindacati di polizia.

Nel frattempo, l’Ispettorato della Camera continuava a ruotare gli operatori per le missioni a Napoli, senza alcuna giustificazione formale per il trattamento privilegiato riservato a Fico. Non risultano altri esponenti con lo stesso livello di protezione che abbiano ricevuto un trattamento simile, sollevando interrogativi su questa deroga.

Le domande su questa situazione sono molteplici. Perché Fico ha insistito per avere personale di Montecitorio? Come mai è stata autorizzata una deroga così lunga senza una giustificazione chiara? Si tratta di una questione di fiducia personale o di opportunità politiche? Inoltre, esiste una diffidenza da parte di Fico nei confronti delle forze dell’ordine locali?

Ora che il servizio di protezione è tornato alla normalità, affidato esclusivamente alla Questura di Napoli, rimane da considerare il dato finale: diciotto mesi di scorta ibrida, non conforme e fuori norma. La situazione solleva interrogativi non solo sulla gestione delle risorse pubbliche, ma anche sull’efficacia e la trasparenza delle decisioni prese in ambito di sicurezza. La questione è di rilevanza pubblica e merita un’attenta analisi, soprattutto in un contesto in cui la fiducia nelle istituzioni è fondamentale.



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