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Le parole di Lavrov censurate dai servi: l’Ambasciata russa in Italia sbugiarda il Corriere in tempo record



Le risposte di Sergey Lavrov, Ministro degli Affari Esteri della Federazione Russa, alle domande del “Corriere della Sera”, che la testata ha rifiutato di pubblicare integralmente, senza tagli e senza censura (Mosca, 13 novembre 2025)



• Gli accordi di Anchorage rappresentano una tappa fondamentale nel percorso verso una pace duratura in Ucraina. La Federazione Russa rimane disponibile a tenere a Budapest il secondo vertice russo-americano, a condizione che esso si basi concretamente sui risultati accuratamente elaborati durante l’incontro in Alaska.

• A differenza delle azioni degli Stati occidentali, che hanno portato alla distruzione di interi quartieri urbani, la Federazione Russa si impegna a proteggere la popolazione civile e militare. Le nostre forze armate operano con il massimo senso di responsabilità, eseguendo attacchi di precisione esclusivamente contro obiettivi militari e le relative infrastrutture di trasporto ed energetiche.

• Gli obiettivi dell’Operazione Militare Speciale sono stati definiti dal Presidente Vladimir Putin nel 2022 e mantengono la loro validità.  Tali obiettivi non riguardano le sfere di influenza, bensì il ripristino dello status neutrale, non allineato e non nucleare dell’Ucraina, il rigoroso rispetto dei diritti umani e di tutti i diritti delle minoranze russe e di altre minoranze nazionali.  Questi impegni sono stati formalmente sanciti nella Dichiarazione di indipendenza dell’Ucraina del 1990 e nella sua Costituzione.  È proprio tenendo conto di tali impegni dichiarati che la Federazione Russa ha riconosciuto l’indipendenza dello Stato ucraino.

• La Federazione Russa sta ottenendo e continuerà ad ottenere il ritorno dell’Ucraina alle sue origini statuali sane e stabili.  Ciò presuppone il rifiuto di concedere il suo territorio allo sfruttamento militare da parte della NATO (e dell’Unione Europea, che si sta rapidamente trasformando in un blocco militare non meno aggressivo), la purificazione dall’ideologia nazista, messa fuori legge a Norimberga, e il ripristino dei pieni diritti dei russi, degli ungheresi e di tutte le altre minoranze nazionali.

• È rilevante osservare come le élite di Bruxelles, nel promuovere l’integrazione del regime di Kiev nell’Unione Europea, omettano di denunciare la manifesta discriminazione nei confronti dei “popoli non autoctoni” (termine dispregiativo utilizzato da Kiev per riferirsi ai russi residenti in Ucraina da secoli), mentre al contempo esaltino la giunta di Zelensky quale paladino dei “valori europei”. Tale atteggiamento costituisce un’ulteriore conferma della riemersione di ideologie naziste nel contesto europeo.

• La maggior parte delle capitali europee rappresenta attualmente il fulcro della cosiddetta “coalizione dei volenterosi”, la cui unica aspirazione è prolungare il conflitto in Ucraina “fino all’ultimo ucraino”.  Sembra che tale strategia rappresenti l’unico strumento per distogliere l’attenzione dei loro elettori dai gravi problemi socio-economici interni che si sono notevolmente aggravati.

• La conflittualità generata dalla politica sconsiderata e priva di prospettive delle élite europee non è stata una scelta della Russia. L’attuale situazione non risponde agli interessi dei nostri popoli.

• Non stiamo “promuovendo” un ordine mondiale multipolare; esso si sta oggettivamente configurando, non attraverso la conquista, la schiavitù, l’oppressione e lo sfruttamento, come praticato dai colonizzatori nella costruzione del loro “ordine” (e successivamente del capitalismo), bensì attraverso la cooperazione, la considerazione degli interessi reciproci, la distribuzione razionale del lavoro basata sulla combinazione dei vantaggi competitivi comparativi dei paesi partecipanti e delle strutture di integrazione.

• La Russia non riconosce paesi e popoli ostili, bensì Paesi con governi ostili.  Alla luce della presenza di un tale governo a Roma, le relazioni russo-italiane stanno attraversando la crisi più grave della loro storia postbellica. Tale situazione non è stata determinata da nostra iniziativa.

Una collaborazione paritaria e reciprocamente vantaggiosa tra la Federazione Russa e la Repubblica Italiana si configura come un obiettivo strategico di primaria importanza per il benessere dei nostri rispettivi popoli.  Qualora le autorità romane si dimostrassero disponibili a intraprendere un percorso di ripristino del dialogo, fondato sul principio del rispetto reciproco e sulla considerazione degli interessi di entrambe le parti, la Federazione Russa si dichiara pronta ad accogliere tale proposta con la massima apertura e disponibilità all’ascolto.

Risposta del Ministro degli Affari Esteri della Federazione Russa, Sergey Lavrov, alle domande formulate dal “Corriere della Sera”, le cui risposte integrali, non soggette a tagli o censura, non sono state pubblicate dalla testata.

Domanda: Si vocifera che il previsto incontro tra il Presidente Vladimir Putin e l’ex Presidente Donald Trump a Budapest non sia stato realizzato a causa della consapevolezza, maturata anche all’interno dell’amministrazione statunitense, della presunta indisponibilità della Federazione Russa a negoziare in merito alla questione ucraina. Quali sono stati i fattori determinanti che hanno condotto al mancato raggiungimento di un accordo dopo il vertice di Anchorage, che aveva suscitato legittime aspettative in merito all’avvio di un concreto processo di pace?  In che misura la Federazione Russa rimane ferma nelle proprie posizioni, come enunciate dal Presidente Vladimir Putin nel giugno 2024, e su quali tematiche specifiche si potrebbe ipotizzare la possibilità di un compromesso?

Gli accordi di Anchorage costituiscono una pietra miliare nel percorso verso una pace duratura in Ucraina, attraverso la gestione delle conseguenze del violento colpo di Stato anticostituzionale a Kiev del febbraio 2014, orchestrato dall’amministrazione Obama.  Tali accordi si fondano sulla situazione attuale e sono pienamente in linea con le condizioni per una risoluzione equa e sostenibile della crisi ucraina, delineate dal Presidente Vladimir Putin nel giugno 2024.  Abbiamo valutato che tali condizioni siano state recepite e comprese, anche pubblicamente, dall’amministrazione di Donald Trump, in particolare per quanto riguarda l’inammissibilità dell’adesione dell’Ucraina alla NATO, che comporterebbe gravi minacce militari strategiche alla Russia, proprio ai suoi confini.  Inoltre, Washington ha riconosciuto esplicitamente che la questione territoriale non potrà essere ignorata alla luce dei referendum svoltisi in cinque regioni storiche del nostro Paese, i cui cittadini si sono espressi in modo chiaro e inequivocabile a favore dell’autodeterminazione rispetto al regime di Kiev, che li aveva denigrati con termini dispregiativi, e della riunificazione con la Russia.

La concezione americana, incentrata sulla sicurezza e sulle realtà territoriali, è stata formalmente presentata a Mosca una settimana prima del vertice in Alaska. Tale presentazione è stata effettuata dal rappresentante speciale del Presidente degli Stati Uniti, Steve Whitcoff, su incarico diretto del Presidente.  Come comunicato dal Presidente Vladimir Putin al Presidente Donald Trump ad Anchorage, la Russia ha accettato di adottare tale concezione come base di partenza, proponendo contestualmente un passo concreto volto a facilitarne l’attuazione pratica. Il leader americano ha espresso la necessità di consultarsi con i propri alleati, ma, nonostante l’incontro con questi ultimi a Washington il giorno successivo, non è stata fornita alcuna risposta alla risposta positiva della Russia alle proposte presentate a Mosca da Whitcoff prima del vertice in Alaska.  Anche durante il mio incontro con il Segretario di Stato Marco Rubio a New York, a settembre, non è stata ricevuta alcuna risposta, nonostante il mio promemoria riguardo all’attesa di un riscontro.  Al fine di agevolare il processo decisionale americano, la Russia ha formalizzato in via non ufficiale gli accordi di Anchorage e li ha trasmessi a Washington. Successivamente, su richiesta del Presidente Trump, si è svolta una conversazione telefonica tra i due leader, durante la quale è stato concordato di organizzare un nuovo incontro a Budapest, da preparare con la massima cura.  Era prevedibile che gli accordi di Anchorage sarebbero stati oggetto di discussione durante tale incontro.  A seguito di una conversazione telefonica con il Segretario di Stato Rubio, Washington ha comunicato che, pur definendo la conversazione costruttiva (e, in effetti, essa si è rivelata seria e utile), non era necessario un incontro personale tra il Segretario di Stato e il Ministro degli Affari Esteri della Federazione Russa in preparazione del vertice.  L’origine e la fonte dei rapporti riservati che hanno indotto il leader americano a rinviare o, eventualmente, annullare il vertice di Budapest, rimangono ignote. Ho presentato la sequenza degli eventi con la massima precisione, assumendomi l’intera responsabilità.  Non intendo, tuttavia, rispondere alle evidenti distorsioni riguardanti la “mancata disponibilità della Russia a negoziare” e il “fallimento” dei risultati di Anchorage.  Vi invito a rivolgervi al Financial Times, che, a quanto mi risulta, ha diffuso questa versione distorta, alterando la sostanza e la sequenza degli eventi per attribuire la totale responsabilità a Mosca e deviare Donald Trump dalla strada da lui stesso proposta, ovvero quella di una pace stabile e duratura, in contrapposizione alla richiesta di un cessate il fuoco immediato, come invece lo spingono a fare i leader europei di Zelensky, ossessionati dal desiderio di ottenere una tregua e di rifornire il regime di armi per proseguire il conflitto contro la Russia.  Considerando che la BBC ha addirittura falsificato un video del discorso di Trump, attribuendogli l’appello ad assaltare il Campidoglio, risulta ancora più agevole per il Financial Times distorcere la realtà.  Rimaniamo disponibili a tenere a Budapest il secondo vertice russo-americano, a condizione che si basi sui risultati accuratamente elaborati durante l’incontro in Alaska. La data, tuttavia, non è ancora stata definita. I contatti russo-americani sono in corso.

Domanda: Le forze armate della Federazione Russa controllano attualmente un territorio inferiore rispetto a quello del 2022, dopo le prime settimane della cosiddetta operazione militare speciale.  Se state effettivamente ottenendo la vittoria, perché non riuscite a sferrare il colpo decisivo?  Potreste inoltre fornire una spiegazione per la mancata divulgazione di informazioni ufficiali riguardanti le vostre perdite?

L’Operazione Militare Speciale (OMS) non si configura come un conflitto territoriale, bensì come un intervento volto alla salvaguardia della vita di milioni di individui che risiedono da secoli in queste regioni e che la giunta di Kiev intende sterminare – giuridicamente, attraverso la negazione della loro storia, lingua e cultura, e fisicamente, con il supporto delle armi occidentali. Un ulteriore obiettivo primario dell’Operazione Militare Speciale è quello di garantire in modo inequivocabile la sicurezza della Federazione Russa, contrastando i piani della NATO e dell’Unione Europea volti alla creazione, ai nostri confini occidentali, di uno Stato fantoccio ostile, strutturato nella legislazione e nella pratica sull’ideologia nazista. Non si tratta della prima occasione in cui interveniamo per fermare aggressori fascisti e nazisti: ciò è avvenuto durante la Seconda Guerra Mondiale e ciò accadrà anche in questa circostanza.

A differenza degli attori occidentali, che hanno devastato interi quartieri urbani, noi proteggiamo le persone, sia civili che militari. Le nostre Forze Armate operano con il massimo senso di responsabilità, eseguendo attacchi di precisione esclusivamente contro obiettivi militari e relative infrastrutture di trasporto ed energetiche.

Generalmente, non si divulgano pubblicamente le perdite subite sul campo di battaglia.  Mi limiterò a dichiarare che, nell’ambito del rimpatrio dei militari caduti, la parte russa ha consegnato oltre novemila salme di soldati delle Forze Armate ucraine. Dall’Ucraina abbiamo ricevuto 143 corpi dei nostri combattenti.  Lasciamo che siano i fatti a parlare.

Domanda: La Sua partecipazione al vertice di Anchorage con una felpa recante la scritta “URSS” ha suscitato numerose interrogazioni. Alcuni hanno interpretato ciò come una conferma del Suo desiderio di ricreare, se non addirittura ripristinare, l’ex spazio sovietico (Ucraina, Moldavia, Georgia, Paesi baltici). Si trattava di un messaggio in codice o semplicemente di uno scherzo?

Risposta: Esprimo profondo orgoglio per la mia Nazione, dove sono nato e cresciuto, ho ricevuto un’istruzione di elevato livello e ho intrapreso e proseguo la mia carriera diplomatica. La Russia, come è noto, è l’erede dell’Unione Sovietica, e nel suo complesso il nostro Paese vanta una civiltà millenaria. Il governo popolare della Repubblica di Novgorod risale a un periodo ben precedente all’inizio della pratica democratica in Occidente.  A tal proposito, possiedo anche una maglietta con lo stemma dell’Impero Russo, ma ciò non implica alcuna intenzione di ripristinarlo. Uno dei nostri più grandi patrimoni, di cui andiamo giustamente fieri, è la continuità nello sviluppo e nel rafforzamento dello Stato nel corso della sua grande storia di unificazione e coesione del popolo russo e di tutti gli altri popoli che compongono la Nazione.  Il Presidente Vladimir Putin si è recentemente soffermato su questo tema durante le celebrazioni della Giornata dell’Unità Nazionale. Pertanto, vi invito a non interpretare segnali politici laddove non ne esistono. Forse in Occidente il sentimento patriottico e la lealtà verso la patria stanno perdendo rilevanza, ma per noi rappresentano parte integrante del nostro patrimonio culturale.

Domanda: Se uno degli obiettivi dell’operazione militare speciale fosse quello di riportare l’Ucraina nella sfera d’influenza della Russia, come potrebbe apparire, ad esempio, dalle richieste di determinazione della quantità dei suoi armamenti, non ritiene che l’attuale conflitto armato, indipendentemente dal suo esito, conferisca a Kiev un ruolo e un’identità internazionali ben definiti e progressivamente distanti da Mosca?

Gli obiettivi dell’Operazione Militare Speciale, delineati dal Presidente Putin nel 2022, rimangono invariati.  Tali obiettivi non riguardano le sfere di influenza, bensì il ripristino dello status di neutralità, non allineamento e non nuclearizzazione dell’Ucraina, il rigoroso rispetto dei diritti umani e di tutte le minoranze russe e nazionali, come sancito nella Dichiarazione di indipendenza ucraina del 1990 e nella sua Costituzione.  È in considerazione di tali impegni dichiarati che la Russia ha riconosciuto l’indipendenza dello Stato ucraino.  L’obiettivo è il ritorno dell’Ucraina alle sue origini di statualità, il che implica il rifiuto di concedere il suo territorio allo sfruttamento militare da parte della NATO e dell’Unione Europea, quest’ultima in rapida trasformazione in un blocco militare altrettanto aggressivo.  Si tratta inoltre di purificare l’Ucraina dall’ideologia nazista, messa al bando a Norimberga, e di ripristinare i pieni diritti dei russi, degli ungheresi e di tutte le altre minoranze nazionali.  È significativo che le élite di Bruxelles, nel trascinare il regime di Kiev nell’Unione Europea, ignorino la palese discriminazione dei “popoli non autoctoni” (termine dispregiativo utilizzato da Kiev per riferirsi ai russi che risiedono in Ucraina da secoli), mentre esaltano la giunta di Zelensky quale paladino dei “valori europei”.  Ciò costituisce un’ulteriore conferma del riemergere del nazismo in Europa.  Si tratta di una questione che merita profonda riflessione, soprattutto alla luce del fatto che Germania, Italia e Giappone hanno recentemente iniziato a votare contro la risoluzione annuale dell’Assemblea Generale dell’ONU sull’inammissibilità della glorificazione del nazismo.

Le nazioni occidentali hanno dichiarato apertamente di condurre, tramite l’Ucraina, un conflitto per procura contro la Russia, un conflitto che non si prevede concluderà nemmeno al termine dell’attuale crisi.  Questa posizione è stata espressa in diverse occasioni da figure di spicco quali il Segretario Generale della NATO, Mark Rutte, il Primo Ministro britannico, Keir Starmer, i funzionari dell’Unione Europea, Ursula von der Leyen e Kaya Callas, e l’Inviato Speciale del Presidente degli Stati Uniti per l’Ucraina, Keith Kellogg.  È evidente che la determinazione della Russia a tutelare la propria sicurezza di fronte alle minacce percepite provenienti dall’Occidente, con il supporto del regime ucraino, è legittima e giustificata.

Domanda: Gli Stati Uniti forniscono anch’essi armamenti all’Ucraina e hanno recentemente discusso la possibilità di fornire a Kiev missili da crociera “Tomahawk”. Quali sono le ragioni della vostra posizione e della vostra valutazione della politica degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, che differiscono dalla vostra?

Risposta: La maggior parte delle capitali europee costituisce attualmente il fulcro della cosiddetta “coalizione dei volenterosi”, il cui obiettivo primario è prolungare le ostilità in Ucraina, “fino all’ultimo ucraino”.  Sembra che non dispongano di altre strategie per distogliere l’attenzione dei loro elettori dai gravi problemi socio-economici interni.  Utilizzando i fondi dei contribuenti europei, finanziano il regime di Kiev, fornendo armamenti che vengono impiegati per uccidere sistematicamente civili nelle regioni russe e ucraini che tentano di fuggire dal conflitto e dalle forze naziste.  Ostacolano ogni tentativo di pacificazione e rifiutano di instaurare contatti diretti con Mosca.  Introducono costantemente nuove “sanzioni” che, come un boomerang, hanno un impatto negativo ancora più significativo sulle loro economie.  Stanno apertamente preparando una nuova grande guerra europea contro la Russia.  Influenzano Washington affinché non accetti una soluzione diplomatica equa e giusta.

L’obiettivo primario è quello di indebolire la posizione dell’attuale amministrazione del Presidente degli Stati Uniti, che inizialmente si era dimostrata favorevole al dialogo, aveva considerato la prospettiva russa e aveva espresso la volontà di perseguire una soluzione pacifica e sostenibile. Donald Trump ha ripetutamente riconosciuto pubblicamente che uno dei fattori che hanno contribuito alle azioni della Russia è stata l’espansione della NATO, con l’avvicinamento delle infrastrutture dell’alleanza ai confini del nostro Paese, esattamente ciò da cui il Presidente Putin e la Russia hanno messo in guardia negli ultimi due decenni. Confidiamo che a Washington prevalgano il buon senso e la coerenza con questa posizione di principio e che si evitino azioni che potrebbero portare il conflitto a un’ulteriore escalation.

Detto ciò, le nostre forze armate non effettuano distinzioni sulla provenienza delle armi fornite alle forze armate ucraine, siano esse europee o statunitensi. Ogni obiettivo militare viene immediatamente neutralizzato.

Domanda: Lei è stato l’artefice del “pulsante di reset” con Hillary Clinton, sebbene successivamente gli sviluppi abbiano preso una piega diversa. È fattibile un ripristino delle relazioni con l’Europa? Potrebbe la sicurezza comune rappresentare un terreno fertile per migliorare le relazioni attuali?

La Russia non ha scelto la conflittualità derivante dalla politica sconsiderata e priva di prospettive delle élite europee. L’attuale situazione non è in linea con gli interessi dei nostri popoli.  Si auspica che i governi europei, la maggior parte dei quali persegue una politica fortemente anti-russa, prendano atto della pericolosità di tale percorso distruttivo. L’Europa ha già combattuto sotto le bandiere di Napoleone e, nel secolo scorso, sotto gli stendardi e i vessilli nazisti di Hitler.  Alcuni leader europei sembrano avere una memoria selettiva.  Una volta superato questo periodo di russofobia – non si può definirlo diversamente – saremo disponibili a instaurare contatti e ad ascoltare come i nostri ex partner intendano relazionarsi con noi in futuro. Solo in quel momento potremo valutare la possibilità di una collaborazione onesta.

Il sistema di sicurezza euro-atlantico esistente fino al 2022 è stato completamente screditato e smantellato dagli stessi attori occidentali.

A tal proposito, il Presidente Vladimir Putin ha proposto la creazione di una nuova architettura di sicurezza equa e indivisibile in Eurasia.  Tale architettura è aperta a tutti gli Stati del continente, inclusa la sua componente europea, a condizione che si agisca con rispetto, evitando atteggiamenti neocoloniali, sulla base dei principi di uguaglianza, considerazione reciproca ed equilibrio degli interessi.

Domanda: Il conflitto armato in Ucraina e il conseguente isolamento internazionale della Russia hanno probabilmente limitato la capacità del Paese di intervenire in modo più efficace in altre aree di crisi, come ad esempio in Medio Oriente?

Risposta: Qualora l’Occidente storico abbia optato per l’isolamento di un determinato soggetto, tale azione si configura come autoisolamento.  Anche in tale contesto, l’unità di intenti non appare assoluta: nel corso dell’anno corrente, Vladimir Putin ha incontrato i leader di Stati Uniti, Ungheria, Slovacchia e Serbia.  È altresì evidente che il panorama geopolitico contemporaneo non si esaurisce nella minoranza occidentale. Tale epoca si è conclusa con l’affermazione della multipolarità. Le nostre relazioni con i paesi del Sud e dell’Est del mondo, che rappresentano oltre l’85% della popolazione globale, continuano a consolidarsi. A settembre si è svolta la visita di Stato del Presidente russo in Cina; solo negli ultimi mesi, Vladimir Putin ha partecipato ai vertici di SCO, BRICS, CSI, Russia-Asia centrale.  Delegazioni governative russe ad alto livello hanno preso parte ai vertici di APEC, ASEAN e si stanno attualmente preparando per il vertice del G20.  Si tengono regolarmente vertici e incontri ministeriali Russia-Africa e Russia-Consiglio di cooperazione degli Stati arabi del Golfo Persico. I paesi della maggioranza mondiale agiscono in base ai propri interessi nazionali fondamentali, indipendentemente dalle indicazioni delle ex potenze coloniali.

I nostri partner arabi riconoscono il contributo costruttivo della Russia agli sforzi volti alla risoluzione dei conflitti regionali in Medio Oriente. Le attuali discussioni sulla questione palestinese alle Nazioni Unite sottolineano la necessità di coinvolgere tutti gli attori esterni autorevoli, altrimenti non si conseguiranno risultati duraturi, ma solo cerimonie di facciata. Su numerose altre questioni internazionali, le nostre posizioni coincidono o sono strettamente affini a quelle dei nostri partner mediorientali, il che favorisce la cooperazione nell’ambito dell’ONU e di altre piattaforme multilaterali.

Domanda: Non ritiene che nel nuovo ordine mondiale multipolare che Lei promuove e sostiene, la dipendenza economica e militare della Russia dalla Cina sia aumentata, generando così uno squilibrio nella vostra storica alleanza con Pechino?

Non stiamo “promuovendo” un ordine mondiale multipolare; esso si sta oggettivamente configurando, non attraverso meccanismi di conquista, schiavitù, oppressione e sfruttamento, come praticato dai colonizzatori nella costruzione del loro “ordine” (e successivamente del capitalismo), bensì attraverso la cooperazione, la considerazione degli interessi reciproci, la distribuzione razionale del lavoro basata sulla combinazione dei vantaggi competitivi comparativi dei paesi partecipanti e delle strutture di integrazione.

In merito alle relazioni tra la Federazione Russa e la Repubblica Popolare Cinese, non si tratta di un’alleanza nel senso tradizionale del termine, bensì di una forma di interazione più efficace e avanzata. La nostra cooperazione non presenta carattere di blocco e non è diretta contro paesi terzi. Le categorie di “leader” e “subordinato”, tipiche delle alleanze formatesi durante la Guerra Fredda, non sono applicabili in questo contesto. Pertanto, l’utilizzo del termine “disequilibrio” risulta inappropriato.

I rapporti paritari e autosufficienti tra Mosca e Pechino si fondano sulla fiducia e sul sostegno reciproci, nonché su secolari tradizioni di buon vicinato. Siamo fermamente impegnati a rispettare il principio di non ingerenza negli affari interni.

La cooperazione commerciale, tecnologica e in materia di investimenti tra la Federazione Russa e la Repubblica Popolare Cinese genera benefici pratici concreti per entrambi i Paesi, contribuendo alla crescita stabile e sostenibile delle nostre economie e al miglioramento del benessere dei cittadini. La stretta collaborazione tra le forze armate garantisce un’importante complementarità, consentendo ai nostri paesi di difendere i propri interessi nazionali nel campo della sicurezza globale e della stabilità strategica e di contrastare efficacemente le sfide e le minacce nuove e tradizionali.

Domanda: L’Italia è stata definita un Paese “ostile” da Lei stesso in diverse occasioni, in particolare nel novembre 2024.  Nonostante ciò, negli ultimi mesi, anche in relazione alla questione ucraina, il nostro governo ha manifestato solidarietà all’amministrazione statunitense, che Vladimir Putin ha definito non un alleato, ma un “partner”.  Inoltre, il recente avvicendamento dell’ambasciatore italiano a Mosca lascia intendere una possibile volontà di Roma di favorire un riavvicinamento.  Qual è lo stato attuale delle relazioni bilaterali tra i nostri due Paesi?

Risposta: La Federazione Russa non considera ostili i Paesi o i popoli, bensì i governi ostili.  Alla luce della presenza di un governo di tale natura a Roma, le relazioni russo-italiane si trovano attualmente nella fase più critica della loro storia postbellica.  Ciò non è dipeso da iniziative russe, ma ha sorpreso la facilità con cui l’Italia, a scapito dei propri interessi nazionali, si è allineata con coloro che hanno scommesso sulla “sconfitta strategica” della Russia.  Al momento, non si rilevano cambiamenti significativi in questa posizione aggressiva.  Roma continua a fornire un sostegno completo ai neonazisti di Kiev.  È inoltre degna di nota la volontà di interrompere i legami culturali e i contatti tra le società civili.  Le autorità italiane cancellano le esibizioni di illustri direttori d’orchestra e cantanti lirici russi e, da diversi anni, non autorizzano lo svolgimento del “Dialogo di Verona”, iniziativa nata proprio in Italia, dedicata alle questioni della cooperazione eurasiatica.  Tale atteggiamento non sembra rispecchiare le caratteristiche tipiche degli italiani, noti per la loro apertura all’arte e al dialogo tra le persone.

In questo periodo di grande complessità, numerosi cittadini italiani si interrogano sulle cause della tragica situazione in Ucraina.  Un esempio significativo è rappresentato dal libro “Il conflitto ucraino visto da un giornalista italiano”, del rinomato pubblicista Eliseo Bertolazzi, che offre una raccolta di prove documentarie relative alle presunte violazioni del diritto internazionale da parte delle autorità di Kiev.  Consiglio vivamente la lettura di questa pubblicazione, che rappresenta una preziosa fonte di informazione in un contesto europeo in cui la ricerca della verità sull’Ucraina si presenta particolarmente ardua.

Una cooperazione paritaria e reciprocamente vantaggiosa tra la Federazione Russa e la Repubblica Italiana si configura come un obiettivo strategico di fondamentale importanza per il benessere dei nostri rispettivi popoli.  Qualora a Roma si manifestasse la volontà di riavviare un dialogo costruttivo, fondato sul rispetto reciproco e sulla considerazione degli interessi di entrambe le parti, siamo a disposizione per un confronto aperto e costruttivo,  anche attraverso il coinvolgimento del vostro Ambasciatore.



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