Ape sociale e Quota 100, il punto della situazione



Su Quota 100 e Ape sociale è intervenuto nelle scorse ore anche Cesare Damiano ovvero il dirigente del PD, il quale ha riferito che si tratta di misure non equivalenti, ma complementari. Nello specifico il dirigente del Partito Democratico pare abbia fornito tutta una serie di indicazioni che ritiene siano utili da seguire nella riforma delle pensioni 2019. Stando a quanto riferito, il tanto atteso decreto che dovrebbe contenere delle novità molto importanti riguardanti l’intero sistema previdenziale, dovrebbe arrivare ed essere approvato dunque al massimo tra il 10 e il 12 gennaio e con questo verrà molto probabilmente introdotta la così tanto attesa Quota 100 per le pensioni anticipate e si dovrebbero rinnovare anche le misure Ape sociale e Opzione donna.



Il Pd deve accompagnare la giusta indignazione per l’umiliazione subita dal Parlamento con la legge di Bilancio, alla capacità di fare proposte alternative. Protestare è doveroso, ma non basta”, ha aggiunto Damiano. “Ci vuole una piattaforma di correzioni mirate. Occorre vigilare su questa situazione: bisogna richiedere la retroattività del futuro decreto dal primo gennaio 2019 perché Quota 100, da sola, può peggiorare la situazione per molti lavora”, ha precisato Damiano.

Secondo quanto riferito ancora da Damiano, il prossimo decreto dovrebbe decorrere dal primo gennaio e questa retroattività dovrebbe servire proprio per non creare il vuoto normativo soprattutto per l’ Ape sociale che scade il prossimo 31 dicembre 2018 e quindi la retroattività deve essere resa strutturale. Damiano ha ribadito come Quota 100 e Ape siano delle misure come abbiamo già visto complementari, che non si oppongono e non si sovrappongono e mentre la prima va a favorire chi ha delle carriere piuttosto lunghe e continue, la seconda va a favorire chi ha delle carriere meno continuative e lavoratrici e chi svolge lavori faticosi.

Per la prima, ovvero quota 100 bisognerà aver compiuto 62 anni di età e aver maturato 38 anni di contributi, mentre la seconda va a favorire chi ha delle carriere, come abbiamo visto, mena continuative ed è richiesto un minimo di 36 anni di contributi per le 15 categorie di lavori gravosi e soltanto 30 anni per chi invece è disoccupata e 28 per le donne che hanno due figli. Damiano sostiene che però Quota 100 da sola non servirà a risolvere i problemi. Secondo quanto riferito da Damiano, andrebbe rivista la normativa che da la possibilità ai disoccupati di accedere all’Ape sociale e questa misura andrebbe riconosciuta soltanto a coloro che si trovano uno stato di disoccupazione in seguito alla cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1996 numero 604.



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