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In campo va a caccia di un nuovo incantesimo: ché poi, magari, basterebbe anche solo tornare al gol, a un sorriso che gli manca dal 19 settembre. La doppietta rifilata quella sera allo Young Boys in Svizzera confermò anche una certa attitudine al rigore quasi perfetto (a parte l’errore di Brighton, infatti, tutto bene in questa stagione dagli undici metri). Fuori dal campo, Paul Pogba è il solito personaggio: guascone, quando s’atteggia a modello per un evento pubblicitario (due giorni fa l’ultima apparizione) o più banalmente rispettoso del proprio passato.



Come quando, a margine dell’ultimo incrocio tra il suo Manchester United e la “sua” Juventus, si è lasciato andare a gesti considerati di troppo, nell’ottica meticolosa di un ambiente che quest’anno si è subito arroventato. Colpa, “they say” (“dicono”), del selfie scattato con Juan Cuadrado nel ventre di Old Trafford, o dell’abbraccio sincero con Andrea Agnelli nel prepartita. Quanto all’appeal esercitato da Cristiano Ronaldo, beh, nulla di misterioso. Il Polpo, insomma, vede la Juve e s’emoziona ancora. Avrà le sue responsabilità, non sarà un maestro nella continuità di rendimento, ma chi lo conosce bene non deve stupirsi: Paul è sempre stato così. Picchi di gloria e cadute repentine anche se mai definitive. Tempo per risalire ce n’è.

E mentre i media d’Oltremanica non smettono di “controllare” José Mourinho e le sue prossime mosse, Pogba non deve dimostrare chissà cos’altro per far capire al mondo quanto sia fortissima la sua voglia di andar via. Lo sanno tutti, ormai, a Carrington e dintorni. I vertici del Manchester United, impersonati dal vicepresidente esecutivo Ed Woodward, non l’ammetteranno mai, però alla partenza del Polpo non sembra opporsi più nessuno, né tanto meno Mourinho che pare farlo apposta a disegnare scenari tattici ben poco graditi all’esplosione del 25enne (non fa il suo bene quando lo schiera da interno puro). Piuttosto che tenere in casa un giocatore condizionato dal desiderio di cercare una nuova svolta, per la dirigenza dei Red Devils è meglio aprire a un’eventuale uscita, al giusto prezzo. Dall’Italia, intanto, filtrano indiscrezioni interessanti: nei colloqui quotidiani tra i massimi dirigenti della Juventus e Massimiliano Allegri è stato comunicato al tecnico che per gennaio si farà il massimo pur di innestare nella rosa un campione del mondo che con lo United s’è espresso raramente in tutto il suo valore. Mino Raiola e i bianconeri sono sempre in contatto, mentre alla Continassa si studia la strategia più efficace per trovare un accordo con la controparte, a sua volta già al lavoro per trovare un sostituto da subito.

In soldoni: la Juve gradirebbe che la trattativa in fase di decollo si chiuda sulla base di un prestito con riscatto obbligatorio da esercitare in estate. Costo dell’operazione: non meno di 70 milioni, anche se comprensibilmente lo United proverà in avvio a tener su il prezzo. L’alternativa, per Paratici e Nedved, è legata a un acquisto a titolo definitivo da concretizzare a fine stagione, quando Alex Sandro (probabilmente non soltanto lui) sarà ceduto al miglior offerente. Non è semplice, ma lo United potrebbe essere obbligato a mollare qualora Pogba continuasse a spingere per l’addio. Non sembra volere altro, il Polpo, in questo momento.

Manchester. La Joya, 25 anni il 15 novembre, è il più “anziano” del gruppo, ma anche il porta bandiera di una precisa strategia di mercato: puntare sui talenti top, anche se costano caro. Nel 2015 sembravano tanti i 32 milioni (più 8 di bonus) spesi dai campioni d’Italia per Dybala: eppure adesso il dieci argentino vale almeno il triplo. C’è chi ha storto il naso anche per i due assegni da 40 milioni versati alla Fiorentina per Bernardeschi (2017) e al Valencia per Cancelo (2018). Bentancur è costato meno (9,5) ed il più giovane (21 anni), ma come gli altri bianconeri ha moltiplicato il proprio valore. Il ds Fabio Paratici e il vicepresidente Pavel Nedved da un lato si godono i propri gioielli, che sicuramente nei prossimi mesi saranno oggetto di avances da parte dei ricchi d’Europa, ma dall’altro guardano avanti e danno la caccia nuovi talenti Under 25. Diamanti da rifinire sullo stile di Cancelo, il quale di questo passo è proiettato a diventare il miglior terzino destro del mondo e di conseguenza un pezzo da almeno 60-70 milioni di euro. «Teniamo gli occhi aperti», ha garantito Paratici nei giorni scorsi.

Già, antenne dritte su Christian Pulisic, 20 anni. L’esterno d’attacco del Borussia Dortmund ha origini croate, è nato negli Stati Uniti, ma soprattutto è uno dei grandi protagonisti della formazione di Lucien Favre, a punteggio pieno nel proprio girone di Champions. Le qualità di Pulisc (2 gol e 2 assist in 8 partite) non sono in discussione, ma a ingolosire la Juventus e le big d’Europa è anche la sua situazione contrattuale: l’accordo con i tedeschi scade nel 2020. In caso di mancato rinnovo, l’ala statunitense potrebbe lasciare Dortmund anche in estate. Addio non in saldo, ma l’investimento sarebbe garantito un po’ come lo sono stati in questi anni Dybala&C. A facilitare il divorzio Pulisic-Borussia potrebbe essere l’esplosione di un altro giallonero, pure lui osservato con un certo interesse dai bianconeri ma con un contratto più lungo (2022): Jadon Sancho, 18 anni, fresco di esordio nell’Inghilterra.

In Ligue 1 i radar di Paratici sono fissi da un po’ su Tanguy Ndombele del Lione: il ds bianconero recentemente lo ha seguito dal vivo nel big match contro il Psg. Il centrocampista francese, nei giorni scorsi a segno anche in Champions League, è già entrato nel giro della Nazionale campione del mondo di Didier Deschamps. Una sorta di certificato di qualità: il ct transalpino, da Pogba in giù, può vantare abbondanza e qualità in mezzo al campo. In Portogallo è sempre vivo l’interesse per Trincão, attaccante esterno del Braga; mentre in Argentina la Juve è vigile su Leonardo Balerdi, 19enne centrale difensivo del Boca Juniors.

Il capitano dell’Ajax Matthijs De Ligt, 19 anni, è un passo avanti rispetto agli altri Under: il difensore olandese, valutato sui 50 milioni, è un obiettivo caldo. I bianconeri, sfruttando i buoni uffici dell’agente Mino Raiola, stanno cercando di bruciare la concorrenza di Barcellona, Manchester United e Roma. Nella “gioielleria di Amsterdam” è seguito anche il centrocampista 21enne Frenkie de Jong.

Il destro di Cristiano Ronaldo e il sinistro di Paulo Dybala. Una volta realizzato che sì, CR7 era davvero diventato un giocatore della Juventus, in estate uno dei primi pensieri della maggior parte dei tifosi bianconeri era stato immaginare le giocate che il portoghese e l’argentino avrebbero potuto ricamare assieme. Uno spettacolo di tecnica, fantasia e velocità con pochi eguali al mondo.
Uno spettacolo che ha impiegato un po’ di tempo per entrare nel vivo, come Dybala per entrare in forma e sintonizzarsi sulle stesse frequenze di CR7. Spontanea l’intesa con Mandzukic, portato a occupare il centro dell’area con l’attitudine a far da sponda per mandare al tiro lui che arriva in corsa, naturale quella con Bernardeschi che ricerca come lui verticalità e velocità, l’intesa tra il fuoriclasse portoghese e l’aspirante tale argentino, immediata a livello personale, ha richiesto una maggiore conoscenza per iniziare a germogliare sul campo.

Che il germoglio ora abbia iniziato a crescere lo dicono i numeri. La Juventus nelle ultime sei partite, tra campionato e Champions, ha segnato 12 gol: tra assist, quattro (considerando tale il tiro di Ronaldo respinto da Ospina e ribadito in gol da Mandzukic col Napoli), e realizzazioni, sette, in ben undici di quelle reti ha messo la firma il numero 7 (quattro assist e due gol, saltando la partita con lo Young Boys per squalifica) oppure il numero 10 (cinque gol).
Oltre alle cifre però c’è altro: movimenti sempre più complementari e sempre più consapevoli di due campioni che si stanno scoprendo e stanno affinando la loro intesa. Aiutati dalla diversità del piede preferito, che li porta a prediligere zone diverse per andare al tiro, e dall’identica disponibilità ad aiutare la squadra anche senza palla. Un’intesa che ha già iniziato a produrre frutti importanti, ma che è ancora lontana dal suo massimo potenziale. Anche perché il vero Dybala lo si sta iniziando a vedere ora: «E’ cresciuta la sua condizione fisica e di conseguenza anche quella mentale – ha spiegato Allegri -. Averlo in questa forma è un vantaggio innegabile, perché ha il gol nelle gambe. E secondo me non è ancora al top».

Non è forse ancora al top neppure Ronaldo, ma molto vicino a giudicare dagli scatti che sprizzano potenza a ogni passo, esibiti anche a Manchester sia per andare a liberarsi per il tiro o il cross, sia per andare a recuperare il pallone. CR7 sta mostrando a ogni partita perché da dieci anni si divide con Messi il Pallone d’Oro, marcando la differenza tra la Juventus e le avversarie non solo con le sue giocate, ma anche con l’ulteriore crescita a livello mentale a cui sta spingendo i compagni.
Un patrimonio unico, a cui Allegri non ha alcuna intenzione di rinunciare: «Ronaldo sta bene e gioca», ha tagliato corto di fronte all’ipotesi di concedergli un turno di riposo oggi a Empoli. «Intanto vediamo queste due partite di campionato e assicuriamoci il passaggio del turno contro il Manchester, poi potremo guardare alle altre due partite di Champions con un occhio diverso», ha spiegato il tecnico, che probabilmente pregusta il lusso di fare turnover in Europa (battendo lo United la Juventus sarebbe matematicamente prima). Intanto, a proposito di lusso, si gode i frutti della scelta di Ronaldo di non giocare nel Portogallo fino a fine anno. L’anno scorso di questi tempi CR7 aveva già disputato quattro partite in Nazionale, tre dall’inizio alla fine e una per un tempo: 315 minuti di sforzi risparmiati e dedicati a una Juventus sempre più sua.

Come un caffè rovesciato che sporca solo il pavimento, dopo essere passato a un centimetro dalla camicia bianca un quarto d’ora prima di un appuntamento importante. La Juventus martedì sera a Old Trafford aveva indossato un abito di lusso, applaudito in tutta Europa, ma un quarto d’ora prima dell’appuntamento con la vittoria ha rischiato seriamente di macchiarlo quando Bentancur ha rovesciato il caffè regalando palla a Pogba: palo, nuca di Szczesny e per fortuna il sinistro dell’ex è finito sul fondo senza sporcare la prestazione bianconera.

Nessun danno, ma paura tanta. E il solo pensiero di una serata splendida malamente rovinata ha turbato Massimiliano Allegri, già scottatosi sabato all’Allianz Stadium contro il Genoa: «Era stata la partita in cui abbiamo subito meno, per 55 minuti avevamo fatto molto bene. Poi siamo usciti un po’ dalla partita e siamo stati subito puniti perché ci siamo addormentati su una palla che stava uscendo e invece dopo aver rimbalzato a terra non è uscita. Non ci doveva essere questa disattenzione, ma può capitare». Dopo partite dominate più o meno per un’ora, però, una disattenzione non deve poter incidere sul risultato: quello deve essere già al sicuro. E dovrà esserlo d’ora in poi, ordina Allegri.

«Dobbiamo essere più lucidi e più precisi nell’ultimo passaggio – ha spiegato il tecnico -, per chiudere l’azione e per chiudere le partite, perché rispetto a quello che produce la squadra fa pochi gol. E su questo bisogna migliorare». E farlo in fretta, a cominciare da oggi a Empoli: «Abbiamo lasciato due punti contro il Genoa e non possiamo permetterci di lasciarne altri. E’ una partita complicata se non la prendiamo nella maniera giusta, perché l’Empoli gioca bene: è quarto per gestione della palla nella metà campo avversaria, ha segnato spesso e non ha mai sbracato. Noi però dobbiamo vincere e riprendere la marcia in campionato».

Dopo aver ripreso il cammino verso l’ottavo tricolore di fila con Empoli e Cagliari, la Juventus dovrà poi riprendere quello verso il traguardo più ambito, la Champions League. Ambito da tutti, compreso Allegri che vede la coppa come l’ultimo scalino da salire per potersi considerare tra i più grandi allenatori del mondo, ai quali è stato accostato dopo la splendida vittoria sul Manchester: «Quella di martedì è stata una bella serata di calcio, come me ne hanno fatte passare molte i miei giocatori, e quando smetterò la ricorderò con tanto piacere. La squadra sta crescendo anche come gioco perché la società come sempre ha fatto ottimi acquisti, tra cui un campione come Ronaldo che ha alzato l’autostima di tutti, e perché siamo da due anni con gli stessi giocatori che più si conoscono e meglio giocano. Io come Guardiola e Ancelotti? Guardiola ha vinto le Champions a Barcellona, Ancelotti ha vinto la Champions da giocatore e da allenatore, quindi io non sono paragonabile a loro. Purtroppo ho perso due finali. Speriamo sia l’anno buono questo. Però ora bisogna pensare al campionato». E a segnare di più.

L’uno sarà probabilmente in panchina, l’altro è stato già osservato dal vivo. Oggi la Juventus si reca ad Empoli per riprendere la marcia scudetto, ma intanto continua a condividere con i toscani un rapporto di stretta vicinanza. Senza tornare indietro fino all’ingaggio di Alessandro Birindelli nel 1997 per 4 miliardi e mezzo di lire, basti ricordare lo sbarco a Torino di Daniele Rugani nel 2015 (costo: 4,5 milioni tra apertura della comproprietà e riscatto) per testimoniare il feeling intatto tra le società. Tanto che l’affare La Gumina – passato dal Palermo ai toscani con la Juve tutt’altro che sullo sfondo – non sarebbe l’ultimo. Tra prima squadra e Primavera il vortice di nomi non s’interrompe, nel solco di altri trasferimenti di giovani interessanti, da Marco Olivieri ora punto di forza dell’Under 23 bianconera all’austriaco Arnel Jakupovic che ha fatto il percorso opposto.
Oggi potrebbe non giocare titolare, ma non per questo la Juventus smetterà di seguire l’ivoriano Hamed Junior Traoré, 18 anni, duttile trequartista venuto su dalla Primavera empolese. Il tecnico Aurelio Andreazzoli l’ha ormai cooptato stabilmente nella rosa, tanto che il ragazzino vanta già 7 presenze (una da titolare) in questa stagione. Si tratta del primo Millennial capace di esordire nella prima squadra azzurra: accadde il 26 agosto a Genova contro il Genoa quando sostituì lo sloveno Miha Zajc nel finale. Chiamare Traoré il “Kean dell’Empoli”, insomma, non è sbagliato né riduttivo. La Juve aveva provato a prenderlo senza successo più di un anno fa, quando in età da Allievi si destreggiava in Primavera. E non lo mollerà, tanto più in considerazione di una crescita che Andreazzoli agevolò in estate quando il giocatore fece faville al Torneo Alvalade contro Eintracht Francoforte e i portoghesi dello Sporting.
Nell’ambito del ricambio generazionale che ha investito il settore giovanile del club, con il ritorno del responsabile dello scouting Andrea Innocenti a gennaio, nuovi potenziali campioncini sono in fase di esplosione. Uno su tutti: Samuele Ricci, mezzala destra classe 2001 che otto anni fa cominciò a dare i primi calci a Empoli. Oggi il ragazzo è considerato il frutto più promettente del vivaio, a maggior ragione dopo l’ottimo Europeo disputato con la Nazionale Under 17, con tanto di gol segnato nella finale persa dall’Italia a maggio contro l’Olanda ai rigori. In quella selezione c’era anche uno dei talenti più luminosi della Juventus dei giovani: Nicolò Fagioli, più “anziano” di sei mesi rispetto al compagno. Ricci è monitorato costantemente dagli scout juventini e chissà che un giorno non possa vestirsi di bianconero. Come ha fatto, lo scorso mese di agosto, il 16enne Mirco Lipari, attaccante dell’Under 17 di Francesco Pedone. Dalla sua Cecina ai bianconeri, passando per la tre reti già realizzate in Nazionale: che scalata…

Si va verso una soluzione chirurgica per il problema riscontrato una settimana fa a Emre Can. E’ stato lo stesso tecnico Massimiliano Allegri a spiegarlo rispondendo a una domanda in conferenza stampa. «Gli stanno facendo gli ultimi esami, è molto probabile che ci sarà bisogno dell’intervento chirurgico, ma speriamo di riaverlo il prima possibile».
Già nel primo e unico bollettino medico emesso domenica dal club bianconero si profilava l’ipotesi di un possibile trattamento chirurgico per rimuovere un nodulo alla tiroide riscontrato al giocatore bianconero dopo l’esito di alcuni esami.
Lunedì, mentre i compagni di squadra erano in viaggio verso Manchester per la trasferta di Champions contro lo United, il centrocampista tedesco è volato a Francoforte, in Germania, sua città natale, dove si è affidato a specialisti di fiducia per essere sottoposto ad approfondimenti clinici e strumentali: alcuni sono stati già fatti, altri sono programmati nei prossimi giorni. I primi riscontri, però, fanno propendere per l’operazione chirurgica: si attendono soltanto gli ultimi accertimenti, che chiariranno anche la natura del nodulo, per fissare l’intervento, probabilmente già nella prossima settimana.

Il nodulo alla tiroide è una formazione nodulare che si sviluppa nello spessore della ghiandola tiroide, nella parte anteriore del collo: può essere benigno o maligno. Rappresenta una lesione comune: è stata stimata una prevalenza nella diagnosi del 50-60 per cento nella popolazione sana e la maggior parte dei noduli non provoca sintomi clinicamente significativi.
L’intervento può avere una durata media di due ore, quindi non appare particolarmente critico o complicato, più delicata sarà la fase post operatoria dalla quale molto dipenderà il recupero del giocatore. Tutti i compagni di squadra in questi giorni lo hanno rincuorato via wathapp e sms, consapevoli che in questo momento la priorità va alla salute.

Oltre a Emre Can, restano ancora nell’infermeria della Juventus Mario Mandzukic e Sami Khedira. L’attaccante croato non ha recuperato dalla distorsione alla caviglia rimediata proprio nell’allenamento di rifinitura alla vigilia del match contro lo United mentre il centrocampista tedesco è atteso a nuovi accertamenti per capire a che punto è la guarigione dalla lesione ai flessori della coscia sinistra patita durante la sfida di Champions contro gli svizzeri degli Young Boys il 3 ottobre.
Khedira si sottoporrà agli esami strumentali la prossima settimana: se l’esito sarà positivo allora il centrocampista tedesco potrà mettere nel mirino il Cagliari (3 novembre), ma soprattutto il ritorno di Champions contro i Red Devils (7 novembre).

Era stato proprio lui, Cristiano Ronaldo, in occasione della conferenza della vigilia a Manchester a fare chiarezza sul delicato argomento. Il caso Mayorga non lo preoccupa minimamente e il Pallone d’Oro, brillantemente agghindato per l’occasione, l’ha ribadito a più riprese: «So benissimo di essere un esempio, dentro e fuori dal campo. Io sono felice, sorrido sempre, mi sento beato. La squadra in cui gioco è fantastica, la mia famiglia è fantastica, ho quattro figli, la salute, vivo bene. Ho tutto, il resto non mi turba». Può bastare? No, altro giro e altre parole. «Io e i miei avvocati siamo fiduciosi – ha proseguito CR7 – e due settimane fa abbiamo rilasciato una dichiarazione. Io non racconto bugie, ci sono persone che si occupano di queste vicende. Mi godo la vita e so che la cosa più importante è la verità: alla fine verrà fuori».
E se Massimiliano Allegri ha sempre detto di aver visto il campione lavorare «sereno e tranquillo», ieri è stato il presidente Andrea Agnelli a tratteggiare le linee guida seguite in casi del genere: «Quando ci sono delle problematiche, io guardo negli occhi e chiedo. E’ successo con Conte, con D’Angelo. E l’atteggiamento successivo di Ronaldo può solo confermare le mie sensazioni iniziali. Il suo è un caso personale, di sicuro la porta mia e quella della Juve saranno sempre aperte. Quando c’è la necessità, facciamo così con tutti».
Conta, naturalmente, anche il sostegno dei famigliari. Quelli che per natura non ti lasciano mai solo, ma che in casi del genere si fanno ancor più sentire. Nulla di casuale dunque se Georgina Rodriguez, miss Ronaldo, supporta la sua dolce metà, altrettanto scontato il fatto che mamma Dolores e le sorelle Katia ed Elma siano sempre presenti, anche di persona. Nei giorni scorsi la prima e la seconda hanno raggiunto Ronaldo nella sua villa torinese in precollina. Altri viaggi seguiranno a breve: Cristiano non sarà mai solo.



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