Streaming Video Milan – Genoa Gratis Diretta Live Tv Link Web (Serie A ore 20: 30)



 Ecco da dove si può iniziare:



  • Turchia con l’emittente Turkish Radio and Television Corporation;
  • Paesi Bassi con l’emittente Sanoma Media Netherlands;
  • Svezia con l’emittente Modern Times Group;
  • Suriname con l’emittente Surinaamse Televisie Stichting;
  • Svizzera con l’emittente Schweizer Radio und Fernsehen;
  • Paraguay con l’emittente Sistema Nacional De Television;
  • Portogallo con l’emittente Rádio e Televisão de Portugal;
  • Serbia con l’emittente Radio-televizija Srbije;
  • Repubblica Ceca con l’emittente Ceca Ceská Televize;
  • Slovacchia con l’emittente Slovenská Televízia.

Dalla partita con vista sul baratro, a quella con vista sulla zona Champions League. In 4 giorni è cambiato l’orizzonte di Rino Gattuso: domenica ha puntellato la propria panchina grazie alla vittoria contro la Sampdoria e questa sera, con altri 3 punti, può portare il Milan ad agganciare al quarto posto la Lazio, appena travolta dall’Inter, e rimettersi in corsa per l’obiettivo dichiarato della nuova dirigenza. «È normale che il Milan sogni la Champions League, è quasi normale dire che è il dna di questa squadra e di questa società – ha notato ieri Leonardo, a margine del Golden Foot a Montecarlo -. È normale che si pensi a quello, e con la rosa che abbiamo è fattibile, tant’è che siamo a tre punti da quella zona lì con una partita in meno, siamo ancora in lotta. Manca ancora tantissimo ma rimane quello l’obiettivo, consapevoli che non sarà facile. Sarà una stagione sicuramente difficile».

Alcune difficoltà sono già emerse, pesano i punti persi con Cagliari, Atalanta ed Empoli a fine settembre. Quei 3 pareggi consecutivi hanno creato le prime scosse sotto i piedi dell’allenatore, finito in bilico dopo il derby e la figuraccia col Betis. «Io e Paolo (Maldini, ndr) parliamo poco, non possiamo stare a smentire voci su Gattuso ogni volta. Oggi Gattuso è l’allenatore del Milan, e vogliamo che lui rimanga, che vinca le partite e la squadra migliori: questo è l’obiettivo – ha chiarito Leonardo -. Stiamo parlando di 9 partite di campionato e 3 di Europa League, e Gattuso è stato messo in discussione dall’esterno per due volte, una cosa abbastanza fuori luogo. Sono voci che lasciano il tempo che trovano. Poiché siamo noi tre, io, Paolo e Gattuso, anche per la storia e la complicità che abbiamo insieme, per prima cosa sarà sempre tutto molto chiaro. E sarebbe bellissimo riuscire a fare delle cose insieme». In queste complicate settimane Gattuso ha sempre provato a trasmettere serenità allo spogliatoio e adesso, a due mesi dalla tragedia del ponte Morandi che posticipò l’esordio in campionato del Milan, il recupero è un trampolino verso la zona nobile della classifica. Un’occasione da non sciupare, perché fra tre giornate c’è lo scontro diretto con la Lazio, dopo la trasferta di Udine, il big match con la Juventus e la sosta.

Il ritmo a cui sta marciando la squadra di Simone Inzaghi (1.8 punti a partita) è esattamente quello con cui ha viaggiato l’anno scorso il Milan durante la gestione Gattuso: 24 partite con 44 punti, e la media è ancora più alta (2 punti a gara) considerando solo le 19 giornate del girone di ritorno. Da dicembre i rossoneri non si sono comportati affatto male negli scontri diretti, pareggiando 1-1 a Firenze, superando la Lazio per 2-1 a San Siro, espugnando l’Olimpico contro la Roma, strappando un pareggio nel derby di ritorno e l’1-1 con il Napoli in casa. Tutto ciò, però, non è stato sufficiente a tornare in Champions, visto che il Milan ha chiuso sesto, a -8 dall’Inter. Praticamente sono stati fatali i 9 punti lasciati per strada fra aprile e maggio contro squadre finite poi alle spalle dei rossoneri: Sassuolo, Torino, Benevento e Atalanta.
Dopo 11 mesi di alti e bassi Gattuso è dunque il primo a sapere che conquistare il quarto posto oggi contro il Genoa non sarà semplice e ancor più complicato sarà mantenerlo fino a maggio. In questa lunga marcia sarà fondamentale far resistere il fortino di San Siro, dove il Milan, considerando anche la coda dell’ultimo campionato, è imbattuto da 6 partite (5 vittorie), in cui ha segnato sempre almeno 2 gol. In questa Serie A nessuno ha realizzato più reti del Milan nel primo tempo (9), e in parallelo il Genoa è quella che ne ha subìti di più (11) prima dell’intervallo. Può essere un’arma in più per la squadra di Gattuso, che però in tre occasioni non ha saputo conservare il vantaggio, perdendo 7 punti fra Napoli, Atalanta ed Empoli. Anche domenica i rossoneri si sono visti sorpassare dai gol di Saponara e Quagliarella, che hanno spinto quasi sul baratro Gattuso, salvato dalla reazione composta e decisa della squadra, nonché dalle prodezze di Higuain e Suso. Due gol che hanno cambiato l’orizzonte di Gattuso.

Sul campo disegna dribbling, cross e tiri a giro. A partita finita questo frullatore di invenzioni diventa un elenco di numeri e statistiche da primato europeo. Tra gol e assist Suso è il secondo giocatore più decisivo dei principali campionati europei. Ai 7 assist è possibile sommare i 3 gol. In questo modo Milan Tv ha calcolato l’incidenza dell’ala spagnola sul totale delle reti segnate dai rossoneri in questo campionato: tra finalizzazione e passaggi decisivi il numero 8 ha propiziato 10 gol su 18. Percentuale pari al 55.6% del bottino offensivo della squadra di Gattuso. Meglio ha fatto solo Nicolas Pépé, attaccante ivoriano del Lille che ha impacchettato 7 gol e 5 assist in Ligue 1. La prestazione con la Sampdoria conferma il momento d’oro di Suso. Se il Milan questa sera ha la possibilità di agganciare la zona Champions è merito soprattutto del suo moto perpetuo sulla fascia destra: cross per Cutrone e 3-2 con tiro dopo classico accentramento. Con il passare delle partite migliora anche l’intesa con Higuain che chiedeva di essere servito più velocemente dallo spagnolo. L’ex Liverpool ha reso meno barocco il suo approccio all’area, semplificando alcune giocate. Senza dimenticare un maggior uso del piede destro in modo da raddoppiare le opzioni di dribbling. A tutto vantaggio dell’imprevedibilità.
Dopo aver regolato la Sampdoria, questa sera Suso cercherà di non fare sconti al Genoa, la squadra che è stata decisiva nella sua affermazione italiana. Arrivato in rossoblù a gennaio 2016 dopo un inizio non molto brillante in rossonero, è esploso in quella seconda metà di stagione grazie ai consigli di Gasperini, maestro nel gioco sulle fasce. E si è mantenuto su alti livelli al ritorno al Milan anche grazie alla cura Montella che lo ha saputo valorizzare al massimo. Questa sera, sulla panchina del Genoa, troverà Juric, allievo di Gasperini. Ma non ci sarà spazio per i ricordi. Suso deve trascinare il Milan all’aggancio al 4° posto. Perché, a quasi 25 anni (li compirà il 19 novembre), dopo aver conquistato la Nazionale spagnola, ha fretta di conoscere da vicino la Champions League.

Umore cupo, tanta tristezza ma anche una grande voglia di reagire alle avversità. Il 2018 calcistico di Mattia Caldara è finito sabato scorso, durante la rifinitura pre Milan-Sampdoria, quando un dolore lancinante proveniente dal polpaccio destro ha fatto capolino, mandandolo al tappeto e facendo così issare bandiera bianca al difensore, che stava pregustando il ritorno in campo dopo aver smaltito i ciclici problemi al pube. La legnata è poi arrivata in serata, quando il club ha comunicato la diagnosi finale: «lesione parziale del tendine achilleo ed una lesione della giunzione mio-tendinea del muscolo gemello mediale del polpaccio destro. Il giocatore dovrà rimanere a riposo con arto in scarico e con tutore per 3 settimane, periodo in cui verrà sottoposto a rivalutazioni specialistiche a migliore definizione dell’iter terapeutico e prognostico». Lui, persona riservata, ha utilizzato una frase che Seneca ha scritto nella “Lettera a Lucilio” per darsi la carica: «Considera speranza e timore e quando tutto sarà incerto, favorisci te stesso: credi ciò che preferisci. Anche se il timore avrà più argomenti, scegli la speranza». Il primo a dargli il suo manforte social è stato Hakan Calhanoglu, che nelle sue Instagram Stories ha postato una foto di Caldara accompagnata da queste parole: «Tieni duro fratello, tornerai più forte di prima. Ti aspettiamo presto».
Va da se che con Caldara fermo ai box, il Milan debba iniziare a pensare se e come intervenire a gennaio per rimpolpare il pacchetto dei difensori centrali. Per ora, per ovviare all’emergenza, dovrebbe essere riabilitato Simic. Ma il mercato incombe e dal Brasile riparlano di un ritorno di fiamma per Rodrigo Caio del San Paolo. Il difensore, che era stato vicino ai rossoneri qualche sessione di mercato fa, ha il passaporto italiano e potrebbe tornare in auge la sua nomination. È anche circolata la voce di un possibile interessamento a Thiago Silva, ma sembra più una suggestione che una vera e propria opzione invernale. Di certo c’è che se Caldara tornerà a febbraio inoltrato, il Milan difficilmente potrà rimanere con tre centrali e a giugno scade il contratto di Zapata. Un motivo in più, probabilmente, per inserire qualcuno già in inverno.

Higuain questa sera, Icardi domenica prossima. Due avversari di altissimo livello che però Krzysztof Piatek guarda dall’altro dei suoi 9 gol segnati in 9 giornate di campionato. Il bomber rossoblù li affronterà in 5 giorni, uno dietro l’altro. Il recupero della prima giornata questa sera al Meazza e l’Inter domenica prossima. Due sfide a San Siro per l’attaccante polacco, autore di un avvio di stagione da sogno con il poker al Lecce in Coppa Italia e la rete all’esordio in Nazionale, ma a secco da 2 gare, contro Juventus e Udinese. Piatek non ha mai smesso però di aiutare la squadra e il suo lavoro è stato elogiato ancora ieri in conferenza stampa da Juric che, da quando è arrivato sulla panchina del Genoa, non ha avuto modo di vedere dal vivo la sua particolare esultanza, il gesto del pistolero in onore al fatto che bomber in polacco significa appunto pistolero. Ma Juric non è affatto preoccupato e rispedisce al mittente anche le possibili polemiche sul fatto che il cambio di modulo, il Genoa dal 3-4-1-2 di Ballardini è passato al 3-5-2, possa aver creato problemi al giocatore. «Contro l’Udinese sia Piatek che Kouamé mi sono piaciuti molto anche se non hanno segnato. Piatek non può fare sempre gol, ma ha la sua è stata una prestazione molto importante e io sono contento anche così».

In attesa di tornare a segnare, Piatek si gode intanto un dato statistico molto particolare, assieme ad Insigne infatti è l’attaccante che ha portato i maggiori vantaggi alla sua squadra. Dei 14 punti conquistati sino ad oggi dal Genoa, ben 12 dipendono dall’attaccante polacco. Una redditività fondamentale per il Grifone che ha bisogno dei suoi gol per ritrovare la strada del successo. Un’assenza dal gol che in realtà si sarebbe potuta spezzare già domenica scorsa visto che proprio Piatek sarebbe il rigorista della squadra. Ma Juric, tra le tante cose sulle quali è intervenuto, si è dimenticato, come ha spiegato poi lui stesso, di indicare le gerarchie dei rigoristi e così Romulo, che festeggiava l’anniversario di matrimonio, ha siglato il penalty del primo vantaggio rossoblù.

Per Rino Gattuso la missione più importante è sempre – e solo – quella successiva. Chiedergli valutazioni a medio termine è esercizio vano, ma stavolta l’appuntamento offre un assist degno di Suso: Milan-Genoa non è soltanto la prossima partita in calendario, ma anche quella che potrebbe ricollocare il Milan in una parte della classifica smarrita più di un anno fa e dove il club chiede al tecnico di portare la squadra entro fine maggio. Missione quarto posto dunque, e fa un certo effetto scriverlo perché fino a questo momento lo si nominava soltanto come obiettivo. Stasera invece può essere finalmente raggiungibile. Qui si innescano tutti gli scongiuri del caso, perché negli ultimi anni il Milan ha brillato spesso per un malvezzo che ha del diabolico: fallire quelle partite che possono dare il salto di qualità, la svolta, o anche solo una conferma. E allora staremo a vedere, ma l’occasione è ghiotta e non si tratta tanto della classifica in sé per sé – c’è ancora un’infinità di tempo per fare meglio, o anche peggio -, quanto di dare un segnale. Alle avversarie e forse soprattutto a se stessi. Permetterebbe, anche se soltanto per tre punti, di elevarsi da quella zona di classifica dai contorni indefiniti in cui si rischia di ritrovarsi a galleggiare senza riuscire a tirarsene fuori.

Di certo fa effetto pensare che non più tardi di sei giorni fa Gattuso sembrava sull’orlo del punto di non ritorno: un allenatore con contratto a tempo determinato in scadenza, alla guida di una squadra dall’elettrocardiogramma piatto (era questo in realtà il vero problema, più della classifica). Ebbene, è stata sufficiente una partita non solo per rimetterlo in pista e spazzare via le voci di esonero, ma per offrirgli un’opportunità altamente simbolica come quella di stasera, mentre ieri a qualche centinaio di chilometri a sudovest di Mila- nello Leonardo rassicurava tutti sulla piena volontà di andare avanti con lui. Rino invece no, stavolta non ha parlato. Una vigilia di stacco mediatico per immergersi ancora più del solito nei suoi pensieri e nella preparazione di una partita da non fallire. Basta dare uno sguardo al calendario per capire: Genoa stasera e Udinese domenica sono appuntamenti da capitalizzare in vista di Juve e Lazio (dopo la sosta).

BASE Anche il Diavolo può salire dall’inferno in paradiso (o almeno in anticamera) in pochi giorni, allora. Esagerazione? Forse no, se pensiamo che con Gattuso – fra stagione scorsa e attuale – il Milan era arrivato così a ridosso della zona Champions solo una volta, quest’anno dopo l’ottava giornata (escluse ovviamente le ammucchiate fisiologiche dei primi quattro turni), ma fra i rossoneri e il quarto posto c’erano altre cinque squadre. Stavolta no, l’invito è per un commensale solo perché stasera a tavola si siederanno soltanto Milan e Genoa, con le altre dirette concorrenti costrette a osservare. Qualcosa che paradossalmente, dopo aver eliminato i cigolìi alla panchi na, aumenta parecchio il rammarico ripensando ai punti persi per strada in modo balordo. Eppure la base per proseguire a credere nel quarto posto c’è, se è vero che l’ultima volta in cui il Milan lo ha frequentato è stato a settembre dell’anno scorso. Esserci ora così vicini non è casuale, ma stavolta è davvero un’occasione da sfruttare. Come? Con la continuità nel lavoro dell’allenatore, con quella mentale e con una (robusta) sistemata alla fase difensiva che dovrà sopperire alle giornate in cui davanti magari non saranno impeccabili. A proposito, stasera si andrà avanti con il 4-4-2 costruito su Cutrone e Higuain: per raggiungere gli obiettivi servono certezze.

Siamo a tre punti dalla zona Champions con una partita in meno. Questo dimostra che il Milan può pensare a questo obiettivo che è nel dna del nostro club. Ma non sarà facile centrarlo». Leonardo entra tra le Leggende del Golden Foot. «Sono tra i cento calciatori più grandi della storia del calcio. Non so se merito tanto onore». Il blitz a Montecarlo è una fuga dai pensieri quotidiani. Al tavolo d’onore lo aspettano Deschamps, Lippi, Pirlo e Seedorf. Vecchi amici. Vecchi compagni di viaggio. Ma prima di tuffarsi tra i ricordi c’è da analizzare il momento della squadra rossonera.

Tra i giovani talenti del Milan c’è qualcuno che in futuro potrà diventare una Leggenda?

«Spero di sì. Ma il nostro primo obiettivo è quello di riportare il club ai suoi livelli abituali. Non dimenticate da dove siamo partiti. A inizio luglio eravamo fuori dall’Europa League e molti giocatori avevano chiesto di essere ceduti. Molti. Ora siamo quinti in campionato, con una gara da recuperare e siamo secondi nel nostro girone di Coppa con la convinzione di poter passare il turno. In più abbiamo una società forte alle spalle. Insomma, è tutta un’altra storia».

Gattuso ha rischiato di essere esonerato?

«Io e Paolo Maldini amiamo parlare poco. E non abbiamo ritenuto opportuno smentire voci che, per due volte dall’inizio della stagione, sono state alimentate dall’esterno. I risultati sono in linea con le aspettative. Io, Maldini e Gattuso stiamo bene insieme. Abbiamo fatto anche un percorso calcistico insieme. E vogliamo andare avanti insieme. Di sicuro, tra noi parleremo sempre in maniera onesta».

Che voto darebbe a Gattuso?

«Niente voti. Siamo la terza squadra del campionato per gol realizzati e forse abbiamo subito più reti di quelle che pensavamo. È evidente che vogliamo un Milan sempre più forte. Più bello».

Un Milan a due punte?

«L’idea di partenza era il 4- 3-3. Poi, in corso d’opera si può anche pensare a qualcosa di diverso. Deciderà Gattuso valutando lo stato di forma dei giocatori».

Con due attaccanti servirà un rinforzo a gennaio? Magari potreste fare un pensierino a Ibrahimovic?

«Non è il momento di parlare di mercato. Non credo che siamo corti. Ci sono giocatori che possono essere utilizzati da punta. Borini, a esempio. Ma anche altri. Vedremo».

Come valuta il campionato di Higuain?

«Ha segnato solo due reti in meno di Ronaldo. E ha giocato una partita in meno. Higuain sta andando alla grande».

E Donnarumma?

«Non vorrei commentare il rendimento di tutti i giocatori. Gigio è il portiere della Nazionale. Deve trovare continuità. Ma ha anche sofferto in passato i momenti di sbandamento della società. Non dimenticate la sua età. È ancora giovanissimo».

Se le cose andassero male lei potrebbe tornare in panchina?

«Altra voce che smentisco. Non esiste questa possibilità. Tra l’altro, il lavoro che sto facendo al Milan mi piace moltissimo».

La vittoria sulla Samp ha segnato la svolta della stagione?

«È stata molto importante. L’andamento della gara ha rispecchiato il momento del Milan. Prima bene, poi in difficoltà, infine vincente. Il gruppo ha dimostrato grande orgoglio».

Con il Genoa ci può essere un altro salto in avanti.

«Lo ripeto, siamo a tre punti dalla zona Champions e abbiamo la rosa per centrare questo obiettivo. Il problema è che, a volte, intorno a questa squadra ci sono aspettative esagerate».

Un giudizio su Paquetà?

«Un grande talento, lo seguivamo da tempo. Certo, anche lui avrà bisogno di un periodo di ambientamento. Ma è un ottimo investimento pensando anche al futuro».

Per chi tiferà tra Psg e Napoli nel prossimo turno di Champions?

«Ho ancora tanti amici al Psg. Ma io tifo per il Milan in Champions. E per un Milan che dopo tanti anni che lo hanno visto navigare in posizioni di classifica anonime riconquisti il suo vero livello»

Il Genoa ha vinto nove scudetti, gliene manca uno per fregiarsi della stella sulla maglia. Da tempo, in casa rossoblù, si ragiona sul campionato 1924-25, un torneo controverso. Il Guardian, quotidiano inglese, anni fa lo ha inserito nella «hit parade» dei più grandi scandali della storia del calcio mondiale. Una brutta vicenda di pallone e politica, di pistolettate e camicie nere.

NON UNO, MA DUE All’epoca il Bologna vinse quel titolo e oggi il Genoa non intende sottrarre, ma aggiungere: nel ricorso alla Figc del nuovo presidente Gabriele Gravina, gli avvocati del Grifone chiederanno l’ex aequo. Scudetto doppio, in pratica. «Mi sembra che in quella annata accaddero cose poco chiare – spiega Enrico Preziosi, proprietario del club genoano -. Di recente sono emerse delle novità e ci sembra che esistano le basi per ricorrere. Mi piacerebbe essere ricordato per il presidente che ha regalato la stella al Genoa, sarebbe bellissimo».

LE 5 PARTITE La storia è questa, in sintesi. Campionato 1924-25, due gironi, Nord e Centro-Sud. Un divario netto, chi vince al Nord ha in tasca il titolo, stante l’inferiorità del Centro-Sud. Genoa e Bologna si scornano nella finale del Nord, che diventa un’odissea. Servono cinque partite per dirimere la questione. Match d’andata (gara 1): vittoria Genoa. Match di ritorno (gara 2): vittoria Bologna, ci vuole la «bella». Primo spareggio (gara 3) : a Milano, sul 2-0 per il Genoa, l’arbitro Mauro convalida un gol inesistente agli emiliani, numerosi testimoni raccontano come la palla sia stata spinta in rete da un tifoso bolognese a bordo campo, dove stazionano numerosi squadristi. Il Bologna fa riferimento a Leandro Arpinati, potente gerarca fascista, fedelissimo di Mussolini e in quel momento vicepresidente della federazione. L’incontro finisce 2-2, il Genoa si aspetta la vittoria a tavolino, che però non arriva. Secondo spareggio (gara 4): a Torino 1-1 sul campo, ma in serata, alla stazione di Porta Nuova, dal treno dei tifosi bolognesi partono circa trenta colpi di pistola verso i sostenitori genoani. Diversi feriti. Terzo e ultimo spareggio (gara 5) : si gioca il 9 agosto alle 7 del mattino alla periferia di Milano. Il Genoa viene tenuto all’oscuro del campo designato fino all’ultimo, il Bologna no. Vittoria (2-0) del Bologna, che poi passeggerà contro l’Alba Roma nella finale scudetto. Questi i fatti in pillole, ma dietro le quinte c’è di più, pet esempio il particolare dei palloni dell’ultima sfida, scelti la sera prima dal Bologna e più leggeri, secondo la versione di Giovanni De Prà, portiere del Genoa.

LAZIO E TORINO Non solo Ge noa. La Lazio lotta da tempo per vedersi riconosciuto il campionato 1914-15, ex aequo con il Genoa. Grifone primo al Nord, Lazio al Centro-Sud, con partite ancora da giocare, ma scoppia la guerra, tutto si blocca e nel 1921 la federazione assegna il titolo al Genoa, per il principio di cui sopra, la manifesta superiorità della Lega Nord. E poi il Torino, che chiede gli sia restituito lo scudetto del 1927, revocato per il discusso caso Alle- mandi, dal nome del terzino della Juve accusato di essersi «venduto» ai granata sulla base di prove controverse. Il presidente granata Urbano Cairo si è mosso per riavere lo scudetto del 1927.

Gonzalo Higuain calca la scena da talmente tanto tempo – più percepito che reale, ma tant’è – che la prima delle notizie sul suo conto alla quale stenti a credere è proprio l’età. Compirà 31 anni a dicembre, ma sono anni in cui ha infilato una tale quantità di storie, alcune allegre altre amarissime, da doverne campare cento soltanto per raccontarle tutte

Quando verrà il momento, sia chiaro, perché malgrado un passato così ponderoso la costruzione della sua carriera è ancora in progress. Gonzalo ha sempre una rivincita da prendersi, una critica da zittire, una vendetta da consumare, e sono motivazioni dichiarate fin dal modo di esultare, che è tignoso, rabbioso, liberatorio. È per questo che a volte si aggira nervoso per San Siro come una tigre digiuna, dando la sensazione che, in un picco di frustrazione, potrebbe azzannare perfino i compagni.

Un gran nasone, ma era sua maestà

Higuain è divorato dall’urgenza di vincere altro, dopo tanto fut- bol quanto può durare ancora la sua finestra di grandezza? Tre anni? Quattro? Ecco: ma il Mi- lan, in quattro anni, fino a dove può arrivare? È questa domanda a roderlo, e soltanto una buona risposta – tipo quella con la Samp – ha il potere di rilassarlo.

La sua corsa senza fine da un’avventura all’altra comincia in uno stadio che si chiama Monumentai, ed è subito spedita. Non c’è alcun riscatto sociale nelle sue prime affermazioni, chiariamolo bene perché nel calcio argentino è raro. Se non ricca, la famiglia Higuain è certamente benestante. Lo chiamiamo da sempre Pipita in quanto figlio del Pipa, suo padre Jorge, calciatore come lui ma con un gran naso, da cui il soprannome. Un buon difensore che arriva anche in Europa: Gonzalo è nato a Brest, nell’estremo nord-ovest della Francia. Quando la famiglia torna a Buenos Aires il ragazzo viene iscritto all’Atletico Palermo, che è sì un club de bar- rio (quartiere), ma del barrio più ricco. Ci si rifornisce abitualmente il River Piate, ed è proprio lì, nel tempio del Monumentai, che incrociamo il primo Gonzalo. È l’ottobre del 2006, l’Italia ha appena vinto il Mondiale nel quale ha debuttato Leo Messi, e Gonzalo porta capelli lunghi e riccioluti da rockstar. Segna due gol al Boca, un tacco di rapina sotto rete e una fuga corredata da un dribbling di gran classe al portiere: è un Su- perclasico pieno di bei cognomi, perché a sentenza eseguita Higuain esce in favore di Radamel Falcao, e dopo aver incrociato lo sguardo di due avversari che torneranno in questa storia: Rodrigo Palacio e Martin Palermo. Il tutto avviene sotto gli occhi di Franco Baldini, che all’epoca lavora per il secondo Reai Madrid di Fabio Capello: quel viaggio di ricerca in Sudamerica è particolarmente proficuo, perché a gennaio attraversano l’Atlantico nel senso inverso tre ragazzi di qualità. Il primo è Gago, regista fregato dai troppi infortuni, il secondo è Marcelo – una star ancora oggi – il terzo è appunto Higuain. Particolare curioso: l’entrata in scena di un rivale ingombrante come il Reai tronca sul nascere la trattativa col Mi- lan, che pure aveva adocchiato il figlio del Pipa. Tempo due mesi e il titolo mondiale per club vinto con lTnternacional di Porto Aiegre avrebbe acceso l’innamoramento rossonero per Pato.

L’educazione e la frenesia Real

Ma torniamo al giovane Pipita, e ai suoi primi passi nel Reai. Capello, che in quel gennaio concede al Milan il crepuscolare Ronaldo, apprezza il 19enne argentino tanto educato fuori dal campo quanto irrispettoso delle gerarchie – in senso buono – all’ora di giocare. Lo schiera spesso per ravvivare un attacco centrato sulla potenza controllata di Ruud Van Nistelrooy, sul genio pigro di Robinho e sulla luna non ancora calante di Raul. Higuain gioca tanto ma segna poco, davanti alla porta è troppo frenetico, per fargli rompere il ghiaccio – e in una gara importante, il derby in trasferta con l’Atletico – occorre l’assist al bacio di un reietto come Antonio Cassano, la cui breve vita felice al Reai Madrid si è da tempo conclusa (a fine stagione tornerà in Italia, alla Samp), ma i cui cioccolatini nelle tasche sono infiniti. Il Pipita vince subito la Liga 2007 (firmando 2 reti), la bissa l’anno dopo con Schuster in panchina (8 gol), ma per il tris dovrà aspettare il 2012 perché nell’estate del 2008 il Barcellona passa a Pep Guardiola, e la storia cambia.



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