Ragno violino, molti attacchi in Italia “Credevo fosse stata una zanzara”



Questo articolo in breve

In una calda giornata estiva stendersi sull’erba per rilassarsi rilassarsi immersi nella natura non ha prezzo, ma fate attenzione perché potresti fare Incontri inaspettati e potenzialmente pericolosi, come il ragno violino.



È un piccolo ragnetto dai 7 ai 10 mm di grandezza, questo tipo di ragno diffuso nell’area mediterranea ed è un insetto notturno di colore marrone giallastro, dalle zampe lunghe e con una macchina a forma di violino sul dorso da cui deriva il nome.

Come abbiamo detto qualche giorno fa, anche in Italia è arrivato il ragno violino ed è boom di ricoveri. Un uomo finisce all’ospedale credendo di essere stato morso da una zanzara, invece era stato punto dal ragno violino. Il protagonista di questa disavventura è un uomo di Olbia che ha dovuto fare i conti con gli effetti del morso del famigerato loxosceles refuscens. Il ragno violino non è aggressivo infatti tenderebbe sempre alla ritirata, ma occasionalmente può mordere se si sente minacciato. L’uomo avrebbe detto che sembrava una semplice puntura di zanzara piuttosto fastidiosa al momento, ma sicuramente non preoccupante. Invece qualche giorno dopo il soggetto è stato costretto a raggiungere il pronto soccorso di Olbia. 

Infatti l’uomo ha dovuto fare i conti con gli effetti del morso dal Ragno violino, diffuso in tutta l’area mediterranea Sardegna compresa E che negli ultimi giorni ha seminato il panico anche nella zona di Roma. Il paziente è stato sottoposto ad una terapia antibiotica somministrata all’ospedale Giovanni Paolo II. L’uomo adesso pare stia meglio e avrebbe ripreso la sua normalità. Il morso del ragno violino non va sottovalutato, infatti a volte quando si viene punti non ci si rende conto perché è indolore e generalmente il paziente che viene morso se ne accorge quando l’aria interessata che viene morsa dal Ragno violino, diventa dolorosa e spuntano delle bollicine.
Nei casi più gravi si avvia un processo di necrotizzazione dei tessuti. Ciò significa che può portare in casi estremi all’ amputazione dell’arto. Tutto ciò è causato dalle tossine che il ragno utilizza per uccidere le prede- Ad ogni modo nella maggior parte dei casi però secondo la fondazione Gianelli, il morso provoca fenomeni locali di scarso rilievo.

Il dottore Maurizio Soave esperto in tossicologia che ha curato la scheda informativa del centro antiveleni della fondazione gemelli e consiglia il ricorso al centro antiveleni dichiarando “In casi particolari il morso può provocare una lesione della cute di tipo emorragico e necrotico che non differisce da quelle provocate da altre tossine biologiche come ad esempio quelle di altri ragni, degli imenotteri (api, vespe, calabroni), animali marini, etc.” Infatti secondo il medico “È corretto contattare un centro antiveleno dopo essere stati punti dal Ragno infatti continua disegni descrivendo le circostanze dell’esposizione e i segni e sintomi eventualmente presenti. Solo successivamente al morso in alcuni casi potrà essere necessaria una visita medica”. 

Il suo morso di sicuro non ti trasforma in un supereroe, ma difficilmente ti uccide. Pur essendo un animale sostanzialmente innocuo, il ragno è così spaventoso nell’immaginario comune da aver generato una patologia chiamata “aracnofobia”. Inevitabile dunque che il recente caso di un uomo ridotto in fin di vita dalla puntura di un ragno violino scatenasse un vero e proprio fenomeno di isteria collettiva, facendo riemergere la paura atavica dell’aracnide.

«Sono settimane che arrivano nel mio studio persone in preda a qualsiasi genere di timore», racconta Daniela Francisci, direttore della Clinica delle Malattie infettive dell’Ospedale di Terni, diventata “il medico dei ragni” dopo aver salvato la vita a un vigile urbano di 59 anni.

«L’uomo stava facendo dei lavori davanti casa», spiega Francisci, «e il ragno era nascosto in un sacco di gesso. Se lo era trovato su un braccio e l’aveva scacciato, senza dargli troppa importanza». Dopo un paio di giorni, però, il braccio si gonfia, le condizioni si aggravano sempre di più e quando l’uomo arriva al Pronto soccorso i reni sono bloccati e il braccio è in necrosi. Dopo quattro ore di calvario è proprio la professoressa Francisci a capire che cosa è successo: «Sul braccio c’erano due piccole croste, ma al momento del morso l’uomo non aveva avvertito alcun dolore».

Sottoposto a una intensa terapia antibiotica, in poche settimane il paziente si riprende del tutto. Nel frattempo, però, si scatena una nuova ondata di fobie: «Continuano ad arrivare persone che ci mostrano punture di ogni genere: un tizio ci ha detto addirittura di “sentire” ragni che gli camminano in faccia e dentro il naso».

La verità, spiega la dottoressa, è che episodi come quello avvenuto a Terni sono rarissimi: «In Italia esiste un solo caso documentato di morte causata dal morso di un ragno».

Nel nostro Paese sono due le specie di ragni velenosi: il violino, appunto, e la malmignatta, detta anche ragno di Volterra o vedova nera mediterranea.

Il ragno violino, chiamato così per via di una macchia a forma di violino presente sul dorso, è molto diffuso in tutta Italia: è di colore marrone-giallastro e può raggiungere i 9 millimetri di lunghezza. Si tratta di un animale timido e notturno, che sceglie luoghi chiusi e di giorno rimane in anfratti e fessure; dentro casa può trovare riparo dietro a mobili, battiscopa, sotto scatole di cartone o anche alFintemo di guanti e scarpe o tra la biancheria. Non è aggressivo e attacca solo quando si sente minacciato. «Si può però essere morsi toccandolo inavvertitamente. La raccomandazione, quindi, è fare attenzione a cassetti rimasti chiusi per molto tempo, magari in una casa di campagna, ma soprattutto a cantine e garage». In ogni caso non farsi prendere dal panico: se si viene punti ci si deve rivolgere a un medico solo se si osservano gonfiori, febbre o altri sintomi di una qualche entità.

L’altro ragno velenoso – la malmignatta – è più aggressivo ma anche più difficile da incontrare, perché vive esclusivamente all’aperto, fra sassi e muretti; il corpo può raggiungere i 15 millimetri ed è contraddistinto dalla presenza di 13 macchie rosse. È un “cugino” della famigerata vedova nera, anche se meno pericoloso. La stessa vedova nera, d’altra parte, nonostante sia uno dei ragni più velenosi al mondo, raramente è mortale.

«Devono esserci predisposizioni nel soggetto punto», spiega Francisci, «oppure patologie concomitanti. 0 ancora, una ipersensibilità individuale: ma questo vale per tutti gli insetti». Stesso discorso per un altro aracnide dalla pessima fama: lo scorpione, anch’esso timido e poco velenoso. Decisamente più insidiosa, invece, è la puntura di vespa: in soggetti allergici lo shock anafilattico potrebbe portare alla morte in pochi minuti. Per il resto, più che il veleno, il problema – nelle punture degli insetti – sono le infezioni di cui possono essere vettori: le zecche, ad esempio, trasmettono malattie infettive come la borreliosi, i pappataci il virus Toscana e una forma di meningite non grave, mentre la zanzara tigre si è resa in passato responsabile di epidemie di febbre Chikungunya.

«Si tratta comunque di malattie curabili, se prese per tempo, e spesso l’organismo è dotato di sufficienti anticorpi per difendersi da solo». L’invito, quindi, è a non proiettare su innocui animaletti le proprie fobie. E magari seguire l’esempio dei pugliesi, che come cura del morso della tarantola (altro ragno dalla fama ingiustamente sinistra) hanno inventato la tarantella. Insomma, balla che ti passa.

Ragno violino: il ragno violino piccolo ragno che vive nelle aree mediterranee, lungo al massimo un centinaio di mezzo e deve il suo nome ad una macchia a forma di violino presente sul torace. Il suo morso rilascia un potente veleno che causa estese ulcere e necrosi attorno alla zona colpita, fortunatamente non ragno aggressivo e solo in rari casi il suo morso risultato mortale.

Gli Aracnidi

Gli Aracnidi, dunque, sono Artropodi, come i Crostacei o i Miriapodi o come gli Insetti, ma, a differenza di questi ultimi si caratterizzano per avere quattro paia di arti con funzion locomotorie, e per non possedere né antenne né aii né occhi composti, Quelli dei ragni, infatti, sono occhi semplici e, sebbene ìa vista di questi animali sia generalmente debole, anche per il fatto che moltissime specie conducono una vita notturna, non mancano tuttavia casi in cui questo senso abbia una sua rilevanza nel comportamento di alcune specie.
Mentre nel corpo degli Insetti si riconoscono tre regioni – cefalica, toracica e addominale – negli Aracnidi tali regioni sono solo due: il cefalotorace o prosoma e l’addome o opistosoma, della cui funzione diremo in seguito. Altra caratteristica di questa classe è quella di possedere un paio di cheiiceri, che altro non sono se non arti modificati terminanti con chele od uncini, ed un paio di pedipalpi, arti mascellari modificati.

La classe degli Aracnidi si suddivide in undici ordini Scorpioni, Uropigi, Schizomidi, Amblipigi, Palpigradi, Ricinulei, Pseudoscorpioni, Opilioni, Solifugi, Acari e Ragni (iig. 1). Delle circa ottantamila specie identificate sino ad oggi la maggior parte conduce vita prevalentemente terrestre. Sono per io più predatori.
Gli Aracnidi adulti sono generalmente di piccole dimensioni, ma esistono varie eccezioni soprattutto fra gli scorpioni, ì ragni, gli uropigi e i solifugi. Alcuni acari sono più piccoli di 0,1 mm mentre il più grande Aracnide è lo scorpione Pandinus imperator, lungo fino a 18 cm.
Scorpioni: sono Aracnidi di una certa dimensione (da 4 a 18 cm) che occupano generalmente ambienti caldi o temperati, Per la gran parte si tratta di animali attivi durante le ore notturne, che passano invece la giornata rifugiati sotto i sassi o sotto la lettiera di foglie. Alla generale debolezza della vista si oppone l’alta sensibilità alle stimolazioni di tipo meccanico di alcune speciali setole sensoriali dette tricobotri. Le particolarità che meglio caratterizzano gli appartenenti a questo ordine sono senza dubbio le grandi chele (in realtà pedipalpi trasformati per afferrare) e l’aculeo velenifero all’estremità posteriore del corpo. Mentre trattiene la preda con i pedipalpi uno scorpione può flettere in avanti l’addome e pungere la vittima con l’affilato aculeo, iniettando il veleno che è una neurotossina potente quanto basta per uccidere o paralizzare piccoli invertebrati.
Se ne conoscono circa 1.200 specie, quattro delle quali sono presenti in Italia. La maggior parte degli scorpioni non è pericolosa per l’uomo e la loro puntura causa soltanto un leggero dolore, come avviene per tutte le specie presenti in Italia.

Uropigi: sono Aracnidi tipici di habitat caldi ed umidi. L’addome piatto è prolungato in un telson flagelliforme insegmentato. La maggior parte delle specie è lunga 4-6 mm. Sono animali notturni che predano insetti, miriapodi, vermi e limacce durante la notte. Non posseggono ghiandole velenifere ma possono spruzzare acido acetico concentrato, anche a 30 cm di distanza. Se ne conosce un’ottantina di specie, tutte estranee alla fauna europea.

Schizomidi: simili agli Uropigi, se ne distinguono per il telson assai breve e per i pedipalpi esili. Le circa ottanta specie note annoverano per lo più animali di ambiente forestale tropicale e subtropicale.

Amblipigi: Aracnidi dal corpo evidentemente appiattito, di dimensioni comprese tra 4 mm e 4 cm, con lunghe zampe che, nel primo paio, divengono antenniformi. I pedipalpi sono armati di robuste spine. Di abitudini lucifughe e igrofile, od anche cavernicole, sono predatori di insetti, ma non possiedono ghiandole velenifere. Tutte le specie sinora conosciute, che superano la cinquantina, sono diffuse nelle regioni tropicali ed equatoriali umide.

Palpigradi: si tratta di piccolissimi Aracnidi ciechi e privi di pigmentazione, lunghi 0,2-2 mm, dall’esile corpo allungato posteriormente in un flagello. I pedipalpi hanno funzione locomotoria. Non se ne conosce il regime alimentare. Agili e sfuggenti vivono rifugiati in ambienti sotterranei, sotto le pietre o in grotta. In Italia se ne conosce sinora una decina di specie.

Ricinulei: piccolo gruppo di Aracnidi tropicali, di cui sono note circa venticinque specie. Rari e poco conosciuti sono lunghi 1-1,5 cm. Sono privi di occhi ed hanno corpo breve con cheliceri e pedipalpi piccoli. Sono predatori di termiti e di larve d’insetti. Dall’uovo esce una larva esapoda che si trasforma in ninfa ottopoda e quindi in adulto.

Pseudoscorpioni: poche specie di questo ordine superano i 5 mm e il loro aspetto ricorda quello di un minuscolo scorpione. Hanno il corpo disseminato di lunghe setole sensoriali, pedipalpi grandi e chelati simili a quelli degli scorpioni ed un opistosoma arrotondato e privo di aculeo. Le ghiandole velenigene sono contenute nei pedipalpi. Vivono sotto la lettiera di foglie, nel muschio od anche sotto le pietre, dove si alimentano di piccoli insetti. Delle circa 3.100 specie conosciute oltre duecento, di cui la gran parte endemiche, appartengono alla fauna italiana.

 

Acari: Aracnidi di piccole o piccolissime dimensioni (da 0,5 a 2 mm), gli acari rappresentano l’ordine più numeroso di tutta la classe, essendone state finora descritte circa 30.000 specie: numero destinato sicuramente ad incrementarsi. Diversamente dagli altri Aracnidi questo ordine annovera molte specie parassite di piante o di animali, altre conducono vita acquatica. Le zecche, che sono acari di notevoli dimensioni, si comportano da ectoparassiti ematofagi: vivono, cioè, sul corpo dell’ospite nutrendosi del suo sangue e possono essere vettori di microorganismi patogeni.
I cheliceri di una zecca sono foggiati a stiletto e insieme ai
pedipalpi costituiscono l’apparato succhiante e pungente. Denti sui cheliceri e uncini sui pedipalpi ancorano la zecca al corpo dell’ospite, mentre un anticoagulante salivare ne mantiene il sangue liquido. Gli acari presentano dimensioni minori di un millimetro che consentono loro di occupare svariati microhabitat: molti sono spazzini conducenti vita libera, mentre altri sono parassiti, altri ancora si comportano da commensali e vivono tra i peli dei mammiferi o le penne degli uccelli. Molti acari causano importanti danni ai raccolti e alle derrate alimentari; alcuni sono anche parassiti deN’uomo, come l’acaro della scabbia (Sarcoptes scabiei) che scava gallerie sottocutanee nutrendosi di cellule predigerite da enzimi digestivi iniettati nella cute. Almeno 3.000 specie vivono in Italia, come i Dermatophagoides delle nostre case che spesso determinano fenomeni allergici.

Solifugi: si tratta di Aracnidi predatori, dal morso velenoso e dalle abitudini prevalentemente notturne, diffusi nelle zone tropicali. Posseggono chelicheri piuttosto sviluppati e pedipalpi praticamente uguali agli arti deambulatori. Per quanto riguarda l’Italia sono note, sinora, due sole specie limitate all’isola di Lampedusa.

Opilioni: per il loro aspetto vengono a volte scambiati per ragni a zampe lunghe, ma, a differenza dei ragni hanno il cefalotorace praticamente unito all’addome, con dimensioni comprese fra i 5 e i 10 mm. Ben diversa è la lunghezza delle zampe che, distese, possono raggiungere un’ampiezza totale di 20 cm. Questi Aracnidi frequentano ambienti umidi, ricchi di sostanza organica; la maggior parte di essi è onnivora. Le specie a gambe lunghe vivono fra l’erba e sugli alberi, le altre fra i muschi o nella lettiera. Ne sono state descritte 4.000 specie di cui quelle italiane sono circa 120.

I Ragni

L’ultimo ordine è quello dei Ragni (Araneae) di cui ci occuperemo più estesamente nelle prossime pagine. Esso è, tra tutti gli Aracnidi, quello che annovera la maggior varietà di forme, caratterizzate anche da un’etologia complessa e, per esempio, mentre la gran parte dei ragni conduce una vita solitaria, non mancano nemmeno specie dal comportamento In qualche misura sociale, che contempla la condivisione della ragnatela e delle prede. L’ordine comprende circa 35.000 specie diffuse in un’ampia varietà di habitat in tutti i continenti ad esclusione dell’Antartide. In Italia ne vivono oltre 1.400 specie.

Morfologia
Come già si è detto, il corpo di un ragno è diviso in due regioni facilmente distinguibili: il cefalotorace o prosoma che appare sclerificato e portatore di tutte le appendici di cui il ragno è provvisto, e [‘addome o opistosoma, che è insegmentato e sede delle filiere. Le due distinte regioni somatiche sono unite da un sottile peduncolo detto anche peziolo.
Lo stesso cefalotorace può essere a sua volta distinto in una regione cefalica, anteriore e talora poco più rilevata rispetto alla successiva regione, detta regione toracica. La zona ventrale del cefalotorace porta lo sterno, una piccola placca chitinosa ai cui margini si inseriscono gli arti.
Tra le appendici del cefalotorace assumono particolare rilevanza i due cheliceri destinati principalmente a sovrintendere alla funzione alimentare. Ciascuno di questi è composto da due elementi di cui l’ultimo modificato come un artiglio mobile al cui apice si apre il condotto velenifero di una ghiandola velenigena L’emissione del veleno è regolata dalle contrazioni di una specifica muscolatura spiralata avvolta attorno a ciascuna ghiandola.

I cheliceri vengono utilizzati anche come organo da presa per trattenere la preda ed iniettarvi succhi digestivi oppure per scavare nel terreno, ma anche come arma di difesa e di offesa. In alcune specie le femmine portano tra i cheliceri i loro sacchi ovigeri finché le uova non si schiuderanno. Anche rispetto alle possibilità di movimento di queste appendici si possono distinguere due diversi sistemi di azione: nei ragni ortognati del subordine dei Mygalomorpha, infatti, il movimento viene condotto dall’alto verso il basso, nei ragni labidognati del subordine degli Araneomorpha, invece, il movimento è di tipo orizzontale incrociato.
Sul cefalotorace si trova anche una coppia di pedipalpi, che sono, in sostanza, arti mascellari modificati con funzione alimentare, sensoriale e riproduttiva. La gran parte delle informazioni sensoriali di natura chimica, non solo rivolte al riconoscimento del cibo, sono raccolte proprio da questi organi. Queste appendici sono formate da sei articoli, dei quali quello basale forma la lamina mascellare e si trova in corrispondenza della bocca Nei maschi i pedipalpi mostrano i tarsi vistosamente ingrossati essendo modificati in organi copulatori: ad essi è infatti delegato il compito di raccogliere gli spermatozoi del gonoporo maschile per introdurli nel gonoporo della femmina. Nelle femmine i pedipalpi hanno dimensioni normali e sono destinati soprattutto allo svolgimento dell’attività alimentare. La loro struttura e morfologia sono fondamentali per determinare alcune specie.

Ancora al cefalotorace sono collegate le quattro paia degli arti ambulatori ossia le zampe con funzione locomotoria. Ogni zampa è formata da sette articoli – due in più che negli insetti – che, partendo dal corpo, si distinguono in: coxa o anca, assai breve e capace di movimenti piuttosto limitati, alla quale fa seguito il trocantere, simile ad un corto anello: viene poi il femore, lungo e piuttosto mobile tanto in senso orizzontale quanto in quello verticale. La patella è un elemento corto al quale si articola la tibia, esile ma anch’essa lunga quasi quanto il femore, succeduta dal metatarso e dal tarso provvisto di due o tre unghie nascoste da peli. Le unghie hanno carattere diagnostico, infatti, ne posseggono due i ragni che
camminano sul terreno e tre quelli che fanno la tela e vivono su di essa, Tanto sulle zampe quanto sui pedipalpi sono presenti numerosi e sottili péli sensoriali detti tricobotri, capaci di percepire anche le più basse vibrazioni ovvero minimi movimenti d’aria. Anche i tricobotri costituiscono spesso un elemento di diagnosi per il corretto riconoscimento deile specie.
Un altro tipo di organi di senso concentrato sulla parte prossimale delle zampe è rappresentato dai cosiddetti recettori di tensione cuticolari, che sono i recettori più specifici degli Artropodi, Essi sono sensibili a stimoli provocati dalle vibrazioni del substrato, dall’attività muscolare, dalla pressione dell’en- dolinfa e dalle forze gravitazionali. Tali recettori cuticolari, detti organi a fessura, si trovano in tutti gli Aracnidi, ed anche in numero di parecchie migliaia per individuo. Possono trovarsi isolati, in piccoli gruppi o in gruppi di maggiori dimensioni a formare i cosiddetti organi liriformi, ubicati per lo più sulle zampe e sui pedipalpi.

Essi consistono in una cavità della cuticola, ricolma di liquido, ricoperta da.una membrana sottile in connessione con le terminazioni di un neurone e percepiscono soprattutto la posizione e i movimenti dell’animale.
Sulle tibie del quarto paio di zampe a volte è presente una sorta di pettine di setole rigide e ricurve, il calamistro (il calamistrum era uno strumento di ferro in uso presso le matrone romane per arricciare i capelli), che facilita l’estrazione e la lavorazione della seta fuoriuscita dal cribello.
Gli occhi, dall’aspetto vitreo e di colore scuro nei ragni diurni, trasparenti o madreperlacei in quelli notturni, sono solitamente otto, anche se alcune specie ne posseggono sei. In generale i ragni che esercitano la loro attività di notte o al crepuscolo dispongono di occhi assai più grandi.
A differenza degli Insetti, che hanno occhi composti, nei ragni questi organi sono semplici e risultano generalmente disposti al margine anteriore del cefalotorace o. tutt’al più, sulla sua metà anteriore. Questi occhi semplici, detti ocelli, provvisti di un’unica lente, sono frequentemente disposti in gruppi e possono funzionare collettivamente. La retina degli occhi di certi ragni contiene un numero di recettori capace di dare la miglior capacità visiva riscontrabile tra gli invertebrati, eccezion fatta per i Cefalopodi.
Il numero e in particolare la disposizione degli occhi sono un importante carattere diagnostico utile per la determinazione delle famiglie. In genere, comunque, gli Araneidi posseggono una vista debole e affidano l’esplorazione dell’ambiente circostante in primo luogo al “tatto”. Si è infatti constatato che coprendo temporaneamente gli occhi di un ragno con della vernice (la maggior parte degli esperimenti in etologia viene ideata in modo da non arrecare danni all’animale), esso continua a tessere la sua tela e a nutrirsi in modo regolare nonché a riprodursi.
Dei numerosi occhi posseduti dai ragni solo il paio mediano anteriore permette una visione definita, poiché gli occhi laterali sono in grado di avvertire solamente immagini in movimento. Infatti nei Salticidi, che sono ragni predatori diurni con una buona capacità visiva, le dimensioni degli occhi mediani sono evidenti in relazione al tipo di caccia “a vista’ da questi praticata.

L’addome o opistosoma è più voluminoso del prosoma ed è coperto da una cuticola sottile e delicata, a volte è presente uno scutum chitinoso, soprattutto nei maschi di alcune specie. Le diverse colorazioni e le macchie più o meno definite presenti suH’addome possono essere determinate sia dalla pigmentazione della cuticola medesima, sia da peli colorati. Nei Salticidi diverse specie presentano particolari peli appiattiti e squamiformi in grado di determinare una caratteristica iridescenza.
All’estremità posteriore dell’addome si colloca l’apertura anale, portata da una piccola protuberanza. Ma l’aspetto senza dubbio più singolare di questi animali è costituito dalla capacità di produrre la seta e, indipendentemente dall’uso che ciascuna specie, poi, farà di tale straordinario prodotto, è interessante esaminare la posizione e il funzionamento degli apparati sericigeni.
Questi sono portati daH’addome, in posizione ventrale e spesso alla sua estremità. Benché si possano trovare da una a quattro coppie di filiere nelle diverse famiglie di ragni, di solito il loro numero si attesta sulle tre paia. Le filiere, che hanno forme e dimensioni le più disparate, sono piccole appendici provviste di una speciale muscolatura deputata al loro funzionamento. Esse si trovano in corrispondenza degli sbocchi verso l’esterno delle ghiandole sericigene nelle quali il liquido viscoso che costituirà la seta viene anche immagazzinato. Ogni ghiandola, attraverso uno speciale condotto terminante a piccolo cono, detto fùsulo, porta alle filiere il liquido prodotto che a contatto con l’aria ben presto solidificherà. Si conoscono tipi di ghiandole piuttosto diversi tra loro, ciascuno dei quali secerne una seta con sue specifiche caratteristiche. Diversa è infatti la composizione della seta utilizzata nella costruzione delle varie parti della ragnatela, come diversa è la composizione della seta impiegata per imbozzolare la preda, ovvero quella per costruire le varie parti dei sacchi ovigeri e così via.
In alcuni gruppi vicino alle filiere si trova il cribello: una placca sulla cui superficie si concentra una notevole quantità di fùsuli da cui esce seta viscosa e azzurrognola che verrà pettinata dal calamistrum. mentre le altre filiere in questo caso emettono seta non viscosa. In base alla presenza o all’assenza del cribello i ragni sono distinti in Cribellati e Acribellati.
Nelle femmine dei ragni superiori, nella regione ventrale è presente una struttura specializzata per la fecondazione, l’epiginio, il quale immette nei ricettacoli seminali dove saranno conservati i prodotti spermatici maschili per un tempo variabile da specie a specie. Durante la fecondazione lo sperma viene trasferito dai pedipalpi del maschio al poro copulatore della femmina.



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