Sim Spa di Priolo Gargallo è finita, da fiore all’occhiello al fallimento



La notizia era ormai nell’aria, dopo un anno di “agonia” e contrazione di commissioni. Il Tribunale di Siracusa ha dichiarato fallita la Sim spa, azienda attiva da anni nella zona industriale siracusana ed anche all’estero. Il curatore è l’avvocato Pierpaolo Michele Sanfilippo, di Catania.



I creditori hanno adesso 30 giorni di tempo per presentare le domande di insinuazione e vedere soddisfatto in qualche misura il credito vantato. Termine per ammissione allo stato passivo fissato al 31 dicembre 2018. In prima fila ci sono i dipendenti della società fallita, quasi 500 metalmeccanici considerando diretti ed indotto.

Dopo mesi e mesi senza stipendio, poca chiarezza, scioperi e manifestazioni dovranno ora inserirsi nella procedura fallimentare per recuperare – complessivamente – circa 2,5 milioni di euro, incluso il Tfr. Adunanza creditori (ci sarebbero anche alcuni fornitori) per l’esame dello stato passivo il 25 gennaio 2019. Il passivo accertato sfiora i 38 milioni di euro.

La riforma della legge fallimentare realizzata con il D.Lgs. 5/2006 si è resa necessaria in quanto la legge fallimentare emanata con il R.D. 16-3-1942, 267, risalente ad oltre un cinquantennio, non era stata mai sistematicamente riformata, sebbene avesse subito nel tempo numerosi e rilevanti interventi manipolativi da parte della giurisprudenza e, segnatamente, della Corte costituzionale. La disciplina anteriore alla riforma del 2006 si ispirava ad una tutela accentuata dei diritti dei creditori, determinando un completo spossessamento del patrimonio del debitore, il quale veniva posto in una condizione di assoluta incapacità di disporre del proprio patrimonio.

Il fallimento assumeva, così, una connotazione punitiva nei confronti del fallito, ritenuto colpevole di non aver saputo gestire adeguatamente il suo patrimonio, e per tale motivo doveva essere privato della disponibilità di tutti i suoi beni ed essere altresì assoggettato a talune limitazioni di carattere personale (ad esempio, la privazione del diritto di voto). Inoltre, la vecchia legge fallimentare era mossa da un intento essenzialmente liquidatorio, ossia era finalizzata allo smembramento dell’azienda fallita per garantire il maggior soddisfacimento possibile dei creditori. Ciò comportava un penetrante intervento del Tribunale fallimentare e del giudice delegato nelle varie fasi della procedura.



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