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PARMA. Da Alessandro Melli a Gervinho. Il primo e l’ultimo gialloblù ad aver segnato alla Juventus. Una storia lunga 29 anni, condita da finali europee, lotte scudetto, affari milionari e veleni. Un libro aperto la cui prima pagina risale al 9 settembre 1990, l’esordio assoluto in A dei ducali, con il primo gol di Melli, su rigore, anche se la Juve vinse 2-1.



L’ultima pagina, invece, è datata 2 febbraio 2019: una doppietta di Gervinho firmò la rimonta del Parma all’Allianz Stadium, da 3-1 a 3-3. Se Melli è il passato, Gervinho è ancora il presente. L’attaccante è il simbolo di questo Parma, l’uomo copertina di una squadra costruita attorno a lui, che punta a una tranquilla salvezza, ma che vorrebbe fare il salto di qualità ed entrare nel club dei primi 10. Un salto che la società del presidente Pietro Pizzarotti ha sostenuto con investimenti importanti al mercato, in attesa degli ultimi colpi (due-tre difensori). E Gervinho resta il giocatore della provvidenza, tant’è che nella passata stagione è stato decisivo con 11 gol (record personale) e 3 assist in 30 partite. Reti normali e paranormali, galoppate incredibili, cambi di direzione e dribbling ubriacanti che il numero 27 del Parma spera di ripetere, potendo contare ancora su Roberto Inglese, la spalla ideale per il gioco dell’ivoriano e per le ripartenze di tutto il Parma. La Juventus è inoltre il bersaglio preferito di Gervinho: 3 reti, tutte lo scorso anno, una all’andata e la doppietta al ritorno a Torino. A 32 anni, con la Cina (Habei Fortune) come lontano ricordo e la recente offerta milionaria del Nantes spedita al mittente, la voglia di continuare a stupire è ancora tanta: Parma, con la sua tranquillità e il palato fino per un certo tipo di giocatori, è diventata habitat ideale. Il luogo dove costruire  un’altra impresa, a cominciare da questa sera contro la Juve dell’ex compagno di squadra Szczesny (ai tempi dell’Arsenal). E la doppietta in Coppa Italia, contro il Venezia (3-1), è il miglior biglietto da visita, oltre che la grande speranza dei tifosi di casa per provare a fermare i bianconeri, impresa mai riuscita nelle tre precedenti occasioni in cui il Parma ha incrociato la Juve alla prima di campionato (3 sconfitte). Da un trentenne all’altro: ieri è stato il giorno dell’addio di Marcello Gazzola (34), passato in prestito all’Empoli. Il difensore originario di Borgotaro (provincia di Parma)ha voluto ringraziare tutto l’ambiente: «In un anno e mezzo abbiamo ottenuto risultati fantastici. Lasciare casa è difficile, ma è solo un arrivederci. Grazie a tutti». Sempre ieri ceduto anche Scaglia al Trapani.

Un Big Bang in salsa bianconera. Dal quale non dovrà espandersi l’universo, ma la manovra sarriana: quella sì. E quel Big Bang dovrà originarsi nei piedi Miralem Pjanic, innescato dal fosforo del playmaker bosniaco.

Il centro di gravità della manovra bianconera, ieri come – a maggior ragione – domani. Maurizio Sarri, d’altronde, l’ha investito della carica e della responsabilità fin dal suo primo giorno alla Juventus: «Vorrei vedergli toccare 150 palloni a partita, dobbiamo allenare la capacità degli altri giocatori a dargli sempre la palla», una delle sue prime frasi da neo tecnico bianconero.

E proprio da Pjanic, per poi allargarsi tutto intorno a lui, maturano allora i ragionamenti dell’ex manager del Chelsea nello stilare mentalmente il primo undici della sua esperienza in bianconero. E poco male se sabato pomeriggio a Parma, in realtà, a sedere sulla panchina sarà il suo fedelissimo vice Giovanni Martusciello. Sarà allora l’ex secondo di Spalletti a sollecitare le giocate provate e riprovate in queste settimane alla Continassa. Da mandare già quasi a memoria, perché «organizzo molto la squadra nei primi 70 metri, mentre tendo a lasciare libertà ai singoli negli ultimi 30», Sarri dixit.

Il compito più delicato nelle mani e nei piedi di Pjanic: azionare gli ingranaggi della giostra, come per anni sotto lo sguardo vigile dell’allenatore toscano ha fatto Jorginho, per innescare l’estro della batteria offensiva. Un compito che dividerà con i compagni di reparto, con ogni probabilità quelli che più hanno brillato nell’estate bianconera. E allora Khedira, che più che sorprendere semplicemente è tornato ad esibirsi sui propri standard dopo un’annata quantomai travagliata. E anche Rabiot, il più in palla tra i volti nuovi comparsi a Torino nel corso della sessione di mercato che si chiuderà il 2 settembre. Sono loro i principali candidati ad un maglia da titolare nella prima recita ufficiale della stagione.

Anche perché, per differenti motivi, Ramsey e Bentancur sono ancora alla ricerca della miglior condizione, mentre Emre Can sta lavorando per calarsi al meglio negli schemi del nuovo tecnico e Matuidi è scivolato ai margini del progetto tecnico. Proprio Rabiot, non nasconde il suo entusiasmo: «Non vedo l’ora di debuttare in questa nuova avventura – ha detto a Sky -. Abbiamo lavorato bene nel precampionato, abbiamo avuto molto tempo per preparare la stagione e soprattutto le prime partite. Naturalmente saranno gare difficili, anche a Parma, ma siamo fiduciosi ».

Quanto all’effetto Ronaldo… «Giochiamo entrambi sulla sinistra, e questo ci permette di cercare l’intesa giusta e di trovarci al meglio. Nelle partite che abbiamo giocato insieme, abbiamo avuto una buona intesa. Anche per la squadra è molto utile avere un giocatore come lui, da cui prendere esempio». Nascerà allora a partire dal centrocampo la Juventus del Tardini, che potrà al contempo contare sulle granitiche certezze dei restanti reparti. Da Szczesny tra i pali a capitan Chiellini al centro della difesa, da Alex Sandro a presidiare la corsia di sinistra al recuperato Cristiano Ronaldo a catalizzare l’attenzione in attacco. Il resto sarà questione di ballottaggi da risolvere nelle ore di immediata vigilia.

Con De Ligt ad insidiare Bonucci per un posto nella retroguardia a quattro, con l’ultimo arrivato Danilo a contendere una casacca a De Sciglio sulla destra. E poi i dubbi offensivi, con un brillante Douglas Costa ed un battagliero Dybala segnalati in vantaggio per un impiego dal primo minuto rispetto a Bernardeschi e Higuain rispettivamente. Tutti pronti, a prescindere dalla soluzione dei rebus di formazione, a raccogliere i rifornimenti di Pjanic. Il Big Bang della manovra bianconera.

Una certezza e un tabù. Cioè due problemi. Il primo: Juraj Kucka salterà la sfida di domani, il problema muscolare persiste e anche ieri si è allenato a parte. L’assenza certa dello slovacco toglie muscoli e fosforo al centrocampo del Parma, malgrado D’Aversa abbia due valide alternative a disposizione: Hernani (favorito) o Grassi. Per il brasiliano prelevato in estate dallo Zenit, sarebbe un battesimo di fuoco, contro la Juventus, alla sua prima apparizione in serie A, tuttavia la buona prestazione fornita in Coppa Italia contro il Venezia, fa salire le sue quotazioni per una maglia da titolare nel terzetto di centrocampo (4-3-3). Restando in tema di formazione, l’altro dubbio che D’Aversa si porta dietro da inizio settimana riguarda la fascia destra del tridente offensivo, con Kulusevski in vantaggio sul più offensivo Karamoh.

La rifinitura in programma questa mattina (ore 10) al Centro Sportivo di Collecchio servirà a prendere le decisioni definitive. Il secondo problema è un tabù molto particolare che i ducali proveranno a sfatare in ogni modo: è la terza volta nella sua storia in Serie A che il Parma affronta la Juventus alla prima giornata del campionato. E fino ad oggi i precedenti sono stati negativi: tre sconfitte. La prima e la terza al Tardini, la seconda nella gara inaugurale dell’Allianz Stadium. Corsi e ricorsi che si intrecciano con un altro dato: nelle 11 volte in cui i gialloblù hanno iniziato la stagione di Serie A in casa, non hanno mai perso (3 vittorie e 7 pareggi), tranne quella con i bianconeri nel ‘90.

Dall’incontro col Barcellona ai colloqui col Psg: la Juventus continua a confrontarsi con i grandi club per rifinire il mercato in entrata e provare a piazzare qualche big in uscita entro il 2 settembre.

Lunedì sera il ds juventino Fabio Paratici è volato in Catalogna. Sul tavolo diversi nomi: dal giovane Juan Miranda (occhio allo Schalke) a Mario Mandzukic (i dettagli sotto) e più di un ragionamento è stato fatto sul possibile baratto tra Ivan Rakitic e Emre Can. Il canale con il Barcellona è ancora aperto, anche se i blaugrana in questo momento sembrano concentrati soltanto sulla corsa a Neymar.

Così nelle ultime ore i dirigenti juventini non hanno perso tempo e hanno aperto una linea analoga con il Paris Saint Germain. Scelta non casuale: sono pochissimi i club che si possono permettere i campioni (e gli stipendi) della Juventus e i parigini sono uno di questi. Stando a quanto filtra da fonti francesi, Fabio Paratici ha avuto un contatto con il dt Leonardo per valutare eventuali operazioni che possano garantire vantaggi a entrambe. Durante la chiacchierata sono emerse diverse idee e si è parlato di molti giocatori: da Dybala – sempre nel mirino del Psg in caso di cessione di Neymar a Barcellona o Real Madrid- ai vari Pjanic, Emre Can, Verratti, Di Maria e Draxler.

Quali di questi nomi evolveranno eventualmente in trattative vere e proprie si capirà nei prossimi giorni. Provarci non significa sempre riuscirci nel mercato. Oltretutto, alcuni dei giocatori oggetto di valutazioni con il Psg si incrociano nei discorsi aperti con il Barcellona. Il nome più ricorrente nei discorsi in uscita della Juventus è quello di Emre Can, nelle ultime settimane retrocesso nelle gerarchie di Maurizio Sarri. Tanto i bianconeri quanto il 25enne centrocampista di origine turche sono entrati nell’ordine dell’idee di arrivare a un divorzio vantaggioso per tutti.

Quello di Emre Can, arrivato appena una estate fa a parametro zero dal Liverpool, non sarà un sacrificio indolore per i bianconeri, che però a questo punto dalla cessione del tedesco puntano a ottenere una bella plusvalenza. Se con il Barcellona si valuta uno scambio con Rakitic, per il tedesco il Psg ha offerto il connazionale Draxler, già in passato seguito dai campioni d’Italia. Alla Continassa, in realtà, preferirebbero trovare l’incastro con un altro giocatore: Angel Di Maria. Il motivo, oltre che tecnico, è numerico: in questo modo la Juventus ridurrebbe il numero dei centrocampisti (al momento sono 7, uno è di troppo) e si doterebbe di un’ala in più.

Per il momento siamo allo scambio di idee. E quella legata a Emre Can e Di Maria non è l’unica affrontata. Il Psg ha effettuato un sondaggio anche per Pjanic e i dirigenti bianconeri hanno ribattutto chiedendo informazioni sull’azzurro Marco Verratti. Sarebbe uno scambio clamoroso. Per i ben informati è un affare complicato ma non impossibile. Nei prossimi giorni si capirà se il baratto resterà una chiacchierata di fine estate o diventerà un affare.

Tra mosse simulate e strategie d’attacco, la partita tra Juventus e Napoli per arrivare a MauroIcardi sta per arrivare alla sua conclusione. Dal corteggiamento antico di Madame (il ds Fabio Paratici ha compulsato WandaNara fin dalla scorsa primavera) a quello recente e frequente di AurelioDeLaurentiis (il patron, dopo le manovre di avvicinamento condotte dal ds Giuntoli, ha sentito spesso la moglie-agente del centravanti argentino, raggiungendo anche un’intesa di massima), nessuna delle due parti in causa può sentirsi certa di aver raggiunto l’obiettivo e probabilmente solo nei giorni 1 e 2 settembre si conoscerà il destino di Maurito.

Nello scacchiere del calciomercato dei bomber, il Napoli ha mosso una pedina molto importante assicurandosi FernandoLlorente, 34enne spagnolo svincolato dopo l’ultima stagione col Tottenham che lo ha portato ad un passo dal successo in Champions League. Oggi Giuntoli chiuderà l’accordo con i due agenti di Llorente, il fratello Chus e l’intermediario FrankTrimboli, per un biennale con opzione del terzo anno a favore del Napoli, al costo di 2,5 milioni a stagione, più bonus e la commissione da pagare ai due intermediari.

Lunedì la firma sull’accordo e Llorente potrà subito aggregarsi alla squadra di Carlo Ancelotti, per provare ad essere in campo da ex sabato 31 allo Stadium contro la Juventus. Ma, preso Llorente, il Napoli dice stop alla corsa per Icardi? Apparentemente sì, perchè De Laurentiis aveva posto come ultimatum per una risposta, quello di giovedì, ma Llorente rappresenta un’ottima alternativa al centravanti che Ancelotti utilizzerà da titolare. E’ impensabile puntare tutto sullo spagnolo che nella scorsa stagione ha totalizzato 35 presenze (soltanto 11 da titolare) in tutte le competizioni e 8 gol realizzati.

La strategia del club azzurro punta più in alto ed è molto raffinata, avendo come elemento di forza quello della capacità di poter attendere fino all’ultima ora di mercato. La Juventus ha in pugno Icardi, però ha la difficoltà di colloquiare con l’Inter e con l’ex dg bianconero Marotta per l’acquisizione del cartellino. Paratici non sta trattando direttamente e ha chiesto a due agenti, l’accoppiata GabrieleGiuffrida-Pablo Cosentino, di operare con l’Inter come intermediari della operazione. La strategia bianconera è di arrivare a formulare tramite i due agenti, una proposta all’Inter il giorno 1° settembre al prezzo di 35, massimo 40 milioni di euro per un calciatore, Icardi, che altrimenti la società nerazzurra sarebbe costretta a tenere in tribuna per tutta la stagione.

L’idea è ottima, forte anche del sì della familglia Icardi, parimenti sono alte le probabilità di insuccesso: Marotta non ha intenzione di svendere il bomber, tantomeno alla sua ex società. Di fronte ad un probabile, secco “no” dell’Inter, il 2 settembre il Napoli tornerebbe alla carica con una ghiotta offerta: il cartellino di Milik (che non si sta allenando con il gruppo da quasi due settimane) più 20 milioni cash per il cartellino di Icardi, che firmerebbe col Napoli un quinquennale da 6,5 milioni a stagione, più bonus e disponibilità a trattenere per sè alcuni sponsor. Chissà se ieri sera a Capri, dove è arrivata Wanda Nara per un servizio fotografico, ci sarà stata nuovamente la possibilità di incontrare Aurelio De Laurentiis.

«Maurizio Sarri è stato sottoposto ad ulteriori accertamenti medici che hanno evidenziato un buon decorso clinico. Per ottenere una completa guarigione dalla polmonite che lo ha colpito nei giorni scorsi, l’allenatore non siederà in panchina in occasione delle prime due partite di serie A con il Parma e con il Napoli. La decisione è stata assunta per permettere al tecnico di riprendere al più presto la regolare attività».

VERSO LA PAUSA Ecco il bollettino diramato ieri dalla Juventus tramite i canali social ufficiali. Un bollettino che certifica quanto già iniziava a trapelare ultimamente. Occorre prudenza: perché una polmonite ce la si può permettere anche se sei l’allenatore della Juventus, ma una ricaduta proprio no. E allora, previa mediazione e nonostante le insistenze del tecnico toscano, s’è optato per uno “stop di due turni” che farà appunto saltare a Sarri il debutto, sabato al Tardini, ed il primo big match (da amarcord) con esordio allo Stadium del 31 agosto. Anche perché dopo Juventus-Napoli ci sarà la sosta per la Nazionale e dunque Sarri avrà a disposizione ulteriori giorni a ritmo blando per lasciarsi definitivamente alle spalle la disavventura.

GIORNATA TIPO Le insistenze di cui sopra, a dispetto dei piani iniziali dello staff medico bianconero, gli stanno comunque consentendo di restare pienamente in regia in questo fondamentale precampionato della rivoluzione. Sarri continua a recarsi allo Juventus Training Center della Continassa quotidianamente (dopo le prime ore della mattinata trascorse a “studiare”) per partecipare alla riunione tecnica con il resto del suo staff: programma le sedute d’allenamento, impartisce compiti e dettami ai colleghi. A seguire, osserva almeno uno spezzone dei lavori della squadra da dietro le vetrate del centro sportivo dagli ambienti che si affacciano sui campi. Ma ancora non basta. A seduta finita, Sarri si fa spedire via computer le immagini degli allenamenti (catturate con gli ormai proverbiali droni) ed i dati, le relazioni dello staff. Di fatto, rivive la giornata da varie prospettive tra “pause” e “rewind” onde capire quali siano i meccanismi ancora da affinare e su cui concentrarsi. In alternativa, questo lavoro lo fa direttamente faccia a faccia con il vice Martusciello, che gli porta il materiale di giornata a casa, pronto ad un summit per analizzare e impostare.

CONFERENZA Insomma, si procede limitando l’operato del tecnico all’essenziale. Tecnico che deve evitare di affaticarsi, deve evitare sbalzi di temperatura. Ecco perché a Sarri è stato sconsigliato di sedere in panchina al Tardini e allo Stadium così come – quantomeno nell’immediato, poi si vedrà in base alle evoluzioni del caso – di tenere la classica conferenza stampa della vigilia prevista per quest’oggi. Al suo posto – ore 13.30 – parlerà il vicepresidente Pavel Nedved. Con argomenti che giocoforza vireranno da questioni tattiche a tematiche più mercatizie.

«Avevo sedici o diciassette anni e Boniperti veniva in vacanza a Ischia. Così sognavo che mi vedesse al campetto e poi venisse da me per dirmi: sei bravo, ti porto alla Juventus. Mai successo, ovviamente». GiovanniMartusciello, però, alla Juventus ci è arrivato davvero. Non lo ha portato il presidentissimo, ma il suo amico Maurizio Sarri e trent’anni dopo quei sogni adolescenziali guiderà la Juventus di CristianoRonaldo per due giornate di campionato. No, era l’ultima cosa che probabilmente si sarebbe aspettato, anche se la sua carriera di giocatore prima e allenatore dopo è stata assolutamente dignitosa e a tratti perfino brillante. Come quando, a Empoli, era diventato suo malgrado il bomber della squadra (6 gol in 23 gare) nella stagione 1997-98, quando in Serie A c’era l’altro Ronaldo (il Luiz Nazario da Lima dell’Inter) e i tifosi empolesi gli dedicavano un coro che, grosso modo, diceva: «Martusciello è meglio di DelPiero ». Sempre la Juventus nel destino, anche solo in un irriverente paragone. La Juventus, l’aveva incrociata la prima volta proprio quell’anno. E lui filosofeggiava sorridendo: «L’ho vista in tv con il Manchester e avrei fatto meglio a non guardare perché impaurisce: gioca meno bene dell’anno scorso ma ha lo stesso spirito, che è il mio, e i paragoni si fermano lì. Come quando andai per la prima volta a S. Siro in coppa Italia contro il Milan ed era bellissimo riscaldarsi al fianco di Baresi, di Albertini. Entrai insieme a Weah: al primo contrasto; su un pallone alto, mi trovai in terra che sto ancora rotolando. Eppure io di testa me la cavo. Perciò le differenze rimangono. Loro sono i fenomeni e io Giovanni Martusciello, un buon giocatore che ogni domenica ha una speranza: vedere quei campioni che gli stringono la mano con sincerità, per dirgli: sei dei nostri». Oggi, i fenomeni li allena, domani li schiererà sul campo del Tardini di Parma, spiegando loro cosa devono fare, di comune accorrotodo con Sarri, con il quale ha una sintonia quasi telepatica. L’hanno scoperto quando Sarri allenava l’Empoli e lui era il suo secondo. Sarri l’avrebbe voluto anche al Napoli, ma lui non se la sentì di tradire l’Empoli e rimase a fare il secondo di Giampaolo dal quale ha imparato tanto quanto da Sarri. Poi, sempre seguendo il karma empolese, ha seguito Spalletti all’Inter. Ed è rimasto lì quando Sarri gli ha chiesto di andare a Londra. Solo con il passaggio del suo amico alla Juventus si sono finalmente riallineati i pianeti e la coppia si è riformata. Nella sfortunata circostanza, che lo tiene lontano dal campo, Sarri benedice di avere Martusciello come secondo. I due stanno gestendo l’emergenza, aiutati anche dai senatori della Juventus. Da Buffon a Chiellini passando da Ronaldo, Khedira e Bonucci, hanno fatto quadrato intorno a Martusciello, dandogli completa disponibilità e tenendo unito il gruppo con il loro carisma. Non sarà come avere Sarri in panchina, ma ci va molto vicino: una prova di maturità come ai tempi della squalifica di Conte e il breve, ma brillante, regno di MassimoCarrera. Anche Martusciello è pronto per la sua pagina di storia. D’altronde era scritto nel destino.

Un uomo che allena al centimetro, spostando i suoi giocatori di una spanna sul campo, come può vivere una partita a 250 chilometri di distanza? Domanda complessa per un esperimento complesso: la prima Juve dell’anno, in campo alle 18 a Parma senza il suo allenatore. Sarri ha la polmonite, questo lo sanno tutti, e stasera guarderà l’esordio da Torino, soffrendo – non bastassero i colpi di tosse… – per la classica sindrome da lontananza: nel calcio, lo dicono tutti, si patisce di più da spettatori che da protagonisti della partita. MS vedrà Parma-Juve in tv e comunicherà con il suo staff a metà partita. La Juve per le prime due partite sarà diretta da Giovanni Martusciello, vice fortemente voluto, già allenatore in Serie A con l’Empoli: sarà lui a comunicare con la squadra per 90 minuti, lui a decidere i cambi. Il momento più delicato, piuttosto, sarà l’intervallo: Sarri parlerà al telefono con il suo staff (il regolamento, peraltro, permette ai dirigenti di usare lo smartphone anche in panchina) e in pochi minuti dovrà essere bravo a sintetizzare impressioni e consigli, a trasformare gli scambi di idee in decisioni condivise. Non dovrebbe essere un problema perché la fiducia nel gruppo di lavoro è alta e la partita è stata preparata insieme, in particolare negli ultimi due giorni. Sarri è andato alla Continassa anche ieri, è stato in ufficio e preparato l’allenamento con i suoi vice. «La squadra lo sta seguendo, sta facendo un ottimo lavoro e le idee che vuole dai giocatori si stanno formando – ha detto in conferenza stampa il vice presidente Pavel Nedved -. Siamo fiduciosi, è un lavoratore e vorrebbe stare sul campo e in ufficio tutto il giorno». I grandi lavori La questione in effetti è complessa, ha a che fare con la costruzione delicata della squadra. La polmonite, in questo senso, è arrivata nel momento peggiore: nei giorni della transizione tra lavoro estivo e partite. Alla Continassa è più importante che altrove perché la Juve in estate si è presa il rischio più grande: non ha solo cambiato allenatore, ha cambiato pelle, puntando su un progetto nuovo, guidato da uno degli allenatori più lontani da Allegri. Non è una banale modifica all’abito usato per cinque anni, è un lavoro di alta sartoria durato mesi, ancora in corso. Sarri è un tecnico che vive di didattica, ha bisogno di parlare molto in campo con i giocatori, di ripetere i movimenti della linea di difesa, di rivedere le situazioni di gioco. Ogni giorno di lavoro, per lui forse più che per altri, è prezioso. MS crede nel calcio organizzato e non per caso impiega sempre qualche settimana per entrare nella testa dei giocatori. AEmpoli le prime nove partite furono un lungo adattamento senza successi, a Napoli vinse contro la Juve alla sesta giornata ma fino a quel momento aveva battuto una sola squadra, la Lazio, in una goleada al San Paolo. Il Chelsea, in questo senso, ha lanciato un messaggio positivo: cinque vittorie nelle prime cinque partite di Premier con un calcio convincente. La Juve spera nel replay. Attenti a Gervinho L’estate ha detto che il sarto è ancora all’opera. La Juventus non è una creatura compiuta, ha fatto qualche passo avanti e lasciato qualche dubbio sia contro l’Atletico Madrid sia con la Triestina. La lontananza di Sarri a Parma non dovrebbe essere un problema ma certo, i tifosi si sentirebbero più sicuri vedendo l’allenatore a bordo campo a dare i tempi del pressing, a controllare le marcature preventive, a trovare le contromisure per i lanci di Bruno Alves o le verticalizzazioni per Gervinho, che sembrano i pericoli principali. Sarri forse non sarà così preoccupato: in fondo ha studiato tutto e si fida del suo staff. Al massimo, se vedrà qualche movimento sbagliato, se la prenderà col telecomando. Lui sì, dalle 18 alle 20 rischia grosso.

l gol numero uno se lo ricorda come se lo avesse segnato ieri, anche se sono passati quattro anni: Paulo Dybala inchiodò la Lazio sul 2-0 con un sinistro fulminante, consegnando la Supercoppa italiana alla Signora. Il gol numero 79 vorrebbe che arrivasse già oggi, perché significherebbe riannodare il presente al passato e avere una certezza in più sul futuro. C’è stato unmomento in cui il dieci si è sentito con più di un piede fuori dalla Juve, ma Paulo ora vede il mondo da un’altra prospettiva: a Parma spera di essere titolare, ma la stessa ambizione la nutre Gonzalo Higuain, che da complice è diventato un pericoloso concorrente. Quota 100 Paulo e il Pipita sono sempre stati amici e in campo l’affiatamento ha portato alti profitti: 100 gol in versione HD in due stagioni insieme in bianconero, 51 la prima (2016-17) e 49 la seconda (2017-18). Poi è arrivato Cristiano Ronaldo a sparigliare la coppia, costringendo Gonzalo a un’annata raminga tra Milan e Chelsea e Dybala a un ridimensionamento. Higuain è tornato con l’obiettivo di restare e i due argentini sono in corsa per lo stesso ruolo, quello di spalla di CR7, che interpreterebbero con caratteristiche diverse. Estate con la valigia A fine maggio, quando è partito per la Coppa America, Dybala non immaginava che si sarebbe ritrovato nella stessa situazione del Pipita, invece pure lui è finito sul mercato. Gonzalo sembrava il primo nell’elenco dei partenti, eppure a meno di 10 giorni dal gong è ancora a Torino, con le valigie ormai disfatte. «Gonzalo è uno dei due-tre centravanti migliori al mondo – ha detto Pavel Nedved -. Ha tutto: fisico, velocità e tecnica e porta tanti gol. Siamo contenti che sia con noi, in più conosce Sarri e ha fatto un precampionato positivo». Higuain sapeva dall’inizio che avrebbe dovuto guadagnarsi la permanenza in bianconero, Paulo invece no: il rientro dalle ferie è stato traumatico, perché ha scoperto di non essere incedibile. Ci sono stati i giorni interminabili delle trattative inglesi, con United e Tottenham, sfumate nel finale, poi il bagno di folla con doppietta a Villar Perosa e il delizioso cucchiaio di Trieste. «Dybala non può mai essere un problema – ha aggiunto Nedved -. È un grandissimo giocatore, Sarri lo sta provando come falso nove e lo sta facendo bene, anche se è arrivato più tardi e ha le gambe più leggere». Ballottaggio Il problema è di Sarri, che dovrà decidere chi tra i due starà al centro del tridente, con Ronaldo a sinistra e uno tra Douglas e Bernardeschi a destra. Dybala (che ha fatto un post Instagramper l’Amazzonia e si sta impegnando in prima persona con donazioni) pare favorito anche per le ultime prove positive da falso nove. A Parma lo seguirà il procuratore Jorge Antun, forse anche la fidanzata Oriana, appena arrivata dall’Argentina. Gonzalo punta sul feeling con Sarri e ha il vantaggio di essere un centravanti vero. Sarà debutto dall’inizio solo per uno dei protagonisti del glorioso HD.

Andare oltre i propri limiti e scrivere un’altra pagina della storia di Parma- Juve. Le differenze sono tante, dentro e fuori dal campo, in alcuni casi abissali, come il monte ingaggi e il fatturato, ma Roberto D’Aversa e il Parma hanno le carte da giocarsi, soprattutto alla prima di campionato, quando l’effetto sorpresa è più intrigante e forse possibile. «Sappiamo quanto la città tiene a questa partita – ha spiegato il tecnico -, sarà una gara difficile ma l’obiettivo è fare di tutto per portare a casa dei punti». Concentrazione e determinazione, D’Aversa ha lavorato in settimana su questi concetti, consapevole che, però, potrebbero non bastare per centrare l’impresa: «C’è voglia di misurarci con i migliori, per cercare, con l’orgoglio e la volontà personale, di dimostrare che non sempre chi è più forte sulla carta può rispettare il verdetto del campo. Certo, non possiamo permetterci errori e il 100 per 100 potrebbe non bastare, ma il pubblico ci aiuterà ad andare oltre». E l’assenza di Sarri non è un vantaggio: «Spiace che manchi per motivi di salute, così come approfitto per rivolgere un saluto a Mihajlovic. La Juventus ha una caratura tale che può metterti in difficoltà sempre». I dubbi di formazione sono stati risolti: Kucka ha recuperato in extremis, è tra i convocati ma, come annunciato, da D’Aversa «non partirà dall’inizio, mentre Grassi non è ancora al top». Due indizi che avvalorano la tesi che a centrocampo il titolare sarà il brasiliano Hernani, alla prima esperienza in A, come Brugman. Nel tridente offensivo è Kulusevski a vincere il ballottaggio con Karamoh.

Mancherà pure Maurizio Sarri, per un po’ (lo rivedremo in panchina a settembre, ribadiscono, a polmonite completamente smaltita). Ma non mancano di certo le ambizioni. Alla vigilia del debutto dei campioni d’Italia nella Serie A 2019-20, ci mette la faccia il vicepresidente Pavel Nedved e approfitta di quella che solitamente sarebbe una conferenza stampa fatta di “gioca Tizio” e “Caio sta meglio di Sempronio”, per esporre alla platea un manifesto programmatico.

Nonché, di conseguenza, per fornire a chiunque ne avesse bisogno un bignamino di juventinità all’insegna del: «non si molla niente», «la Champions League è un obiettivo concreto», «abbiamo una delle squadre più forti d’Europa e questo ci dà certezze». Presente, no?, le classiche frasi di rito tutta diplomazia e scaramanzia dietro cui abitualmente protagonisti e addetti ai lavori si trincerano prima di iniziare un quale che sia percorso. Ebbene, con Nedved accade esattamente il contrario. Quantomeno per ciò che riguarda gli obiettivi da perseguire. Poi, vabbè, in merito al mercato pure lui si produce in equilibrismi verbali, ma questo è un altro discorso.

Resta comunque evidente che Nedved prenda tutti i potenziali alibi cui potrebbe aggrapparsi onde diluire le pressioni (rivoluzione tecnica, contrattempo polmonite, determinazione dei rivali ben rinforzati rispetto al passato) e li accartocci per gettarli nel riciclabile. Anzi, di sua sponte fa una premessa in cui sottolinea proprio che «nonostante i tanti cambiamenti importanti e di rilievo, questa non sarà una annata di transizione per la Juventus.

Siamo convinti delle nostre scelte e crediamo che nel presente e nel futuro ci porteranno dei frutti». Ed effettivamente – cosa che forse è passata un po’ sottotraccia finora a causa di macro situazioni più eclatanti (come l’arrivo di Sarri o certi acquisti) la Juventus è stata strapazzata quanto un uovo a tutti i livelli. Dal management – dove gradualmente nel corso della scorsa stagione sono state redistribuite a Fabio Paratici, Marco Re e Giorgio Ricci (tutti promossi) le deleghe che appartenevano agli ex amministratori delegati Beppe Marotta e Aldo Mazzia – all’area sportiva, nella quale sono stati riaffidati tutti i ruoli cardine. Non solo il tecnico Sarri, ma anche i nuovi responsabili della preparazione atletica (Daniele Tognaccini) e dell’area medica (Luca Stefanini). In cotanto rivoluzionamento il fatto di dover iniziare il campionato senza allenatore in panchina «qualche difficoltà ce la crea», ammette Nedved. «Ma già nel 2012-13 abbiamo vissuto una situazione analoga per moltissimo tempo (squalifica di Conte, ndr) e sappiamo a cosa andiamo incontro. Però posso dire che siamo molto soddisfatti e fiduciosi grazie al lavoro di Sarri. La squadra lo sta seguendo, si stanno concretizzando le idee del tecnico.

Il gruppo è composto da giocatori fortissimi, altra cosa che ci dà certezze. Per questo abiamo l’obiettivo di vincere in tutte le competizioni, senza mollare niente». A proposito dei grandi giocatori di cui sopra, qualche parola sui singoli: « Dybala non può essere un problema, siamo contenti di averlo. Higuain è uno dei due-tre centravanti più forti del mondo. Douglas Costa credo e spero che farà più di quanto fatto vedere finora, ha enorme potenzialità». E in chiusura una battuta sui rivali: «Sì, mi farà effetto duellare con l’Inter di Marotta e Conte, dopo tutto quello che hanno vinto in bianconero…»

Assicura chi si è allenato con lui durante questa settimana che CristianoRonaldo è più carico del solito. Alla consueta determinazione che mette in ogni aspetto del suo lavoro di calciatore, ha aggiunto la smania di iniziare subito forte, di mettere in campo la voglia di centrare ancora lo scudetto e agguantare la Champions, così come di dimostrare ancora una volta di essere il più forte. Soprattutto a chi assegna i premi individuali e rischia di tirargli un’altra fregatura (vedi il giallo del premio Uefa che il 29 agosto potrebbe essere assegnato a LionelMessi). A Cristiano Ronaldo non mancano mai le motivazioni quando si inizia a fare sul serio, ma questa volta la situazione gli è più favorevole rispetto a un anno fa. Dodici mesi fa, a Verona, aveva patito l’impatto con il campionato italiano, i suoi esasperati tatticismi a chiudere gli spazi e il gioco in gestione di Massimiliano Allegri. Fare l’abitudine a uno scenario completamente dievrso da quello che aveva frequentato nei nove anni precedenti gli era costato tre partite ufficiali senza gol. Quest’anno la situazione è completamente cambiata. Sa perfettamente cosa lo aspetta oggi pomeriggio al Tardini, ha studiato le sue contromisure e il gioco di Maurizio Sarri gli semplificherà la vita. Se la Juventus di oggi rischierà molto in fase difensiva, quella meno collaudata in questi mesi e quindi il potenziale punte debole dell’esordio, di certo non mancheranno le occasioni per tirare in porta. Il gioco sviluppato con l’applicazione delle idee sarriane ha, infatti, aumentato in modo massiccio le conclusioni in porta dei bianconeri e, quindi, quelle di CR7. Il che significa, per un mero calcolo statistico, che aumenteranno anche i gol, perché se concedi a Cristiano di tirare una decina di volte in porta diventa difficile pensare che almeno uno di quei tiri non finisca in rete, salvo giornata miracolosa del portiere. Cristiano non gioca da Stoccolma (10 agosto), ha saltato sia la partitella di Villar Perosa e l’amichevole aggiunta a Trieste: un piccolo affaticamento muscolare aveva consigliato prudenza. Lui ha svolto allenamenti specifici e differenziati, ma nel corso della settimana si è unito alla squadra, dimostrando di essere in forma brillante. E affinando l’intesa con quelli che potrebbero essere i suoi principali fornitori di assist: Rabiot e Alex Sandro che insistono dalla sua parte e con lui spesso chiudono i triangoli classici del gioco di Sarri, ma anche e soprattutto Douglas Costa, che vive l’estate della sua rinascita calcistica. Il brasiliano nel corso delle amichevoli estive ha dato spettacolo e ha spiegato apertamente di aver gradito moltisismo l’arrivo del nuovo corso tattico, più favorevole per i giocatori che atttaccano. Ora Douglas deve tradurre la spettacolarità esibita in concretezza, incidendo sulla partita con assist e gol. E’ pronto, gasato dalla fiducia che sente intorno a lui e stimolato dalla sfida. D’altra parte la scommessa fondamentale della Juventus di Parma e, più in generale, della stagione che inizia oggi è proprio questa. Se Cristiano, Douglas Costa e Dybala (favorito su Higuain per il posto di centravanti) trovano il modo dialogare nella stessa lingua, per gli avversari possono diventare un incubo e la Juventus potrebbe prendersi tutto il tempo per aggiustare la fase difensiva, perché potenzialmente in grado di segnarne sempre uno in più degli avversari. Il progetto o, per usare la parola di PavelNedved, la «rivoluzione» pensata con il cambio in panchina tende proprio a quello: trasformare la Juventus in una macchina da gol per esaltare il suo gioiello più brillante. Il dibattito filosofico fra raggiungere il risultato con il cosiddetto «bel gioco» (qualsiasi cosa voglia dire) o un approccio più pragmatico non ha mai sfiorato i vertici bianconeri. La Juventus non cambia e vuole continuare a vincere come ha fatto negli ultimi 8 anni, ma vuole anche che il gigantesco investimento Ronaldo renda un po’ di più.

Ogni giorno che passa arriva un indizio sulla volontà di MauroIcardi di non lasciare Milano. La settimana si era aperta con le foto di Maurito con casco da operaio in testa mentre scruta la sede nerazzurra dal suo nuovo appartamento in allestimento nella zona di Porta Nuova. E si chiude con l’eloquente didascalia social della moglie WandaNara all’immagine che la ritrae in mezzo a mogli e fidanzate di calciatori nerazzurri alla festa per il 22esimo compleanno di Lautaro Martinez: «Un altro anno insieme». Lo sguardo vagamente malinconico verso il nuovo quartier generale interista e il prolungamento di amicizia con l’altra metà del cielo della rosa nerazzurra: tutte tessere dello stesso mosaico che raffigura la volontà di un’altra stagione al via con l’Inter, nonostante la rottura insanabile iniziata a febbraio. L’ex capitano nerazzurro e Wanda non cambiano idea. Niente Napoli e prima ancora niente Roma. Va bene la Juventus. Ma soprattutto l’Inter. Una posizione difficile da capire perché restare in nerazzurro in queste condizioni equivarrebbe a perdere almeno altri quattro mesi di carriera – almeno fino alla sessione invernale – dopo i sette già trascorsi dalla rottura dello scorso inverno provocata dalla sottrazione della fascia. Un anno nel percorso di un calciatore non è poco. Ma Icardi non retrocede. Potrebbe aspettare gennaio per valutare nuove prospettive dall’estero, che per il bomber argentino vuol dire soprattutto Spagna. SENZA RETROMARCIA Di sicuro non cambierà l’atteggiamento dell’Inter. La dirigenza nerazzurra ribadisce che, anche in caso di permanenza alla Pinetina, Maurito continuerà a restare fuori dal progetto tecnico di Antonio Conte. Impensabile una retromarcia. Con la massima attenzione a non offrire argomentazioni a una possibile causa per mobbing per la risoluzione del contratto. Anche le ultime decisioni lo dimostrano. Ad esempio, la vicenda del numero di maglia. Icardi ha scelto la “7” dopo essere stato costretto a rinunciare alla sua “9” assegnata a Romelu Lukaku. E il club ha accettato nonostante la possibile richiesta della “7” da parte di Alexis Sanchez. Ma sarebbe stato troppo opporre un secondo rifiuto. La battaglia di logoramento potrebbe assumere altri connotati dopo il 2 settembre, se non si concretizzerà il passaggio alla Juventus. Il regolamento Fifa potrebbe offrire appigli legali con gli articoli 15 oppure 17 del Regolamento per lo status e il trasferimento dei calciatori. Ma per ora Mauro non pensa a una soluzione di questo tipo (comunque, secondo gli esperti, sarebbe una strada molto complicata che potrebbe disincentivare anche un’ipotetica nuova squadra). Chi lo conosce bene assicura che il centravanti segue questa strategia perché fatica terribilmente a vedersi in una squadra diversa dall’Inter. Stagione dopo stagione, Milano è diventata centrale per lui e la moglie Wanda, che nel capoluogo lombardo ha molteplici interessi imprenditoriali e televisivi. Contribuisce anche una certa testardaggine di carattere attribuita a Icardi. Quando pensa di essere nel giusto, diventa irremovibile. Ed è il suo pensiero da quasi sette mesi. Anche a costo di farne altri quattro in tribuna.

Rocco Commisso vi ha posto un’altra personale pietra tombale sopra. «Avevo promesso di non portare via Chiesa dalla Fiorentina a un bambino dell’ospedale pediatrico Meyer e ho mantenuto la promessa»: così il patron ancora ieri, riguardo alla vicenda che ha tenuto banco nell’estate viola. Ma le vie del mercato possono intraprendere percorsi inaspettati, fino all’ultimo giorno delle trattative. E così la Juventus rimane vigile e attenta (come sottolineato ancora dal vicepresidente Pavel Nedved), fino a quando la sessione estiva di mercato non sarà definitivamente chiusa tra una decina di giorni, lunedì 2 settembre. Perché tutto è sempre possibile, anche quello oggi viene dato per assodato. Chiesa è infatti rimasto alla Fiorentina, ma da qui a dire che sia soddisfatto appieno la strada è ancora lunga. Al punto che una bandiera e un grande conoscitore delle cose viola come Giancarlo Antognoni ha dovuto ammetterlo pochi giorni fa: «Federico non è contento e capiamo il suo malumore». Un malumore che risale a maggio, quando c’era stata una promessa di cessione alla Juventus. Una promessa ampiamente sorpassata da un evento inaspettato come il passaggio della società dalla famiglia Della Valle all’imprenditore italo- americano. La prima dichiarazione di Commisso aveva riguardato proprio Chiesa, per il quale «non si sarebbe ripetuto un caso Baggio». Affermazione cui ha fatto seguito un’estate all’insegna del braccio di ferro, con la società che non si è discostata dalla propria posizione, nonostante il rifiuto dell’attaccante di sottoscrivere un rinnovo del contratto. Un braccio di ferro con segnali di forza precisi da parte del club (Chiesa non è più vicecapitano, come si è scoperto in Coppa Italia contro il Monza) e con un presente tutto da definire, soprattutto dopo l’arrivo di Franck Ribery. Una presenza importante, che può aiutare i giovani a crescere, ma anche una presenza ingombrante, perché appare difficile chiedere al francese un ruolo da comparsa nel campionato italiano e in un reparto affollato, in cui ora è andato in difficoltà Giovanni Simeone. Per questo la Juventus segue con attenzione ogni sviluppo delle dinamiche viola. Chiesa è un elemento tutt’altro che a buon prezzo, ma eventuali cessioni degli ultimi giorni potranno contribuire a costruire un altro tesoretto da cui attingere, se il mercato presenterà le opportunità giuste.

Ecco qualche esempio che potrebbe essere utile per le ricerche:

  1. Lussemburgo Radio Television Luxembourg;
  2. Cipro Cyprus Broadcasting Corporation;
  3. Austria Österreichischer Rundfunk;
  4. Birmania Myanmar National TV;
  5. Bosnia ed Erzegovina Radiotelevizija Bosne i Hercegovine;
  6. Kosovo Radio Television of Kosovo;
  7. Honduras Televicentro;
  8. Croazia Hrvatska radiotelevizija;
  9. Irlanda Raidió Teilifís Éireann;
  10. Cina China Central Television;
  11. Germania Zweites Deutsches Fernsehen;
  12. Ecuador RedTeleSistema;
  13. Australia Special Broadcasting Service;
  14. Colombia Radio Cadena Nacional;
  15. Grecia Ellinikí Radiofonía Tileórasi;
  16. Indonesia Rajawali Citra Televisi Indonesia;
  17. Finlandia Yleisradio Oy;
  18. Georgia Georgia Public Broadcasting.


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