Scontro Europa tra Sampdoria (42) e Milan (51). I doriani con la vittoria nell’ultima giornata sono rientrati in piena lotta per giocare la competizione internazionale nella prossima stagione. La squadra di Giampaolo proverà a sfruttare questo match casalingo per provare almeno a rimanere in scia delle prime anche se non sarà semplice. I rossoneri hanno avuto un piccolo stop nell’ultimo turno. La sconfitta nel derby non ha permesso ai ragazzi di Gattuso di ‘ipotecare’ il quarto posto. Lo proverà a fare in questa giornata anche se non sarà semplice.
Si giocherà questa sera l’anticipo della ventinovesima giornata di campionato di serie A tra Sampdoria allenata da Giampaolo e il Milan allenato da Gattuso. Il match si giocherà allo stadio Marassi di Genova, mentre la diretta della partita sarà esclusivamente trasmessa sulla piattaforma di Dazn. Gli abbonati al servizio streaming potranno quindi seguire il match sui vari dispositivi quindi sulla Smart TV abilitate, sui tablet, sul PC e sugli smartphone.Si potrò inoltre seguire la gara collegando la propria TV ad un decoder Sky Q, oppure ad una console PlayStation 4 o XBox, oppure utilizzare i dispositivi come Amazon Fire stick o Chromecast.
Sampdoria Milan, probabili formazioni
Per l’allenatore del Milan ovvero Gattuso si parla soltanto di conferma riguardo la formazione da schierare contro la Sampdoria. Per l’allenatore invece della Sampdoria, non ci sono molti dubbi sulla formazione da schierare contro il Milan e la squadra scenderà in campo con il 4-3-1-2.
SAMPDORIA (4-3-1-2): Audero; Sala, Andersen, Colley, Murru; Linetty, Praet, Jankto; Ramirez; Gabbiadini, Quagliarella.
MILAN (4-3-3): G. Donnarumma; Calabria, Musacchio, Romagnoli, Rodriguez; Bakayoko, Biglia, Calhanoglu; Suso, Piatek, Castillejo
Sampdoria – Milan Streaming, dove vedere la partita in tv
La partita Sampdoria – Milan verrà trasmessa Sabato 30 Marzo in diretta e in esclusiva da Sky e nello specifico su Sky sport Serie A canale 102 Sky Sport 251. Tutti gli abbonati Sky potranno seguire la partita in streaming anche da dispositivi mobili come smartphone, pc, tablet e attraverso le piattaforme online Sky Go e Now TV. Molti sono i portali che danno la possibilità di assistere ad eventi sportivi in diretta streaming e sono davvero tanti. Esistono anche tanti siti che propongono eventi dal vivo, ma che non sono legali e danno anche nella stragrande maggioranza dei casi problemi e scarsa qualità video e audio. In genere questi siti vengono anche essere oscurati dalla Polizia informatica, proprio per la violazione del diritto di riproduzione. Esistono quindi dei portali legali che danno la possibilità di poter vedere le partite di calcio in streaming live, offrendo anche una qualità HD. Tra queste non possiamo non citare Sky Go e Premium Play che sono a pagamento, mentre altri sono gratuiti.
Rojadirecta Sampdoria – Milan
ROJADIRECTA Sampdoria – Milan – Come sito di streaming gratuito uno dei più famosi è Rojadirecta. Il sito spagnolo dovrebbe presentare il link della gara poco prima dell’inizio del match. Vi ricordiamo, come sempre, di non usare questa pratica, visto che potreste incorrere in multe e sanzioni elevate.
Due mesi per sapere. Dove «sapere» racchiude praticamente tutto lo scibile rossonero. Sapere la posizione finale di classifica, il futuro dello stadio, il castigo dell’Uefa, le operazioni di mercato fattibili e quelle no. E, anche, sapere il destino dell’allenatore. Che non è per nulla scontato. Potrebbe non esserlo persino con la qualificazione in Champions, in base all’incertezza emersa ieri nelle parole di Gattuso.
Per iniziare si potrebbe provare con:
- Paesi Bassi con l’emittente Sanoma Media Netherlands;
- Paraguay con l’emittente Sistema Nacional De Television;
- Repubblica Ceca con l’emittente Ceca Ceská Televize;
- Slovacchia con l’emittente Slovenská Televízia;
- Svizzera con l’emittente Schweizer Radio und Fernsehen;
- Svezia con l’emittente Modern Times Group;
- Portogallo con l’emittente Rádio e Televisão de Portugal;
- Suriname con l’emittente Surinaamse Televisie Stichting;
- Turchia con l’emittente Turkish Radio and Television Corporation;
- Serbia con l’emittente Radio-televizija Srbije.
Rino ha risposto in modo sorprendente a chi gli chiedeva se aprile e maggio potrebbero essere decisivi anche per il suo futuro. Risposta testuale: «Il mio futuro lo saprete fra due mesi, ora non è questa la mia priorità. Non penso al futuro, non penso ai due anni di contratto che mi restano, penso solo a centrare un obiettivo fondamentale per il club, per i ragazzi e per la mia crescita. Poi, fra due mesi, vi dirò quello che penso davvero, ma adesso sono focalizzato solo sul portare il Milan dove merita. Sento tante chiacchiere, mi faccio scivolare tutto addosso e continuo a lavorare. Quando finirà il campionato vi dirò quello che penso e che farò. So che devo crescere, ovvio che vorrei farlo nel Milan, ma ora non intendo parlare di questo».
VOCI Parole criptiche, che autorizzano diversi scenari e impediscono di mettere un punto fisso sulla questione allenatore 2019-20: Rino evidentemente non si sente di sbilanciarsi sulla sua permanenza. Chiaro, in mancanza di ulteriori elementi occorre interpretare e capire se è il caso di ascoltare qualche spiffero che esce da Milanello. Gattuso potrebbe voler dire: ho delle cose da raccontare e chiarire, ma non è ovviamente questo il momento di farlo. Potrebbe anche essere stufo delle voci sul suo conto che si rianimano puntualmente a ogni sconfitta. E quindi: parleremo di tutto a fine stagione. Oppure potrebbe preludere, nell’ipotesi più drastica, a una decisione virtuale, magari già presa e chiusa in un cassetto, di separarsi comunque dal Milan a fine stagione a prescindere da come finirà il campionato.
FACCIA Certo, è uno scenario arduo pensare a un addio in caso di qualificazione in Champions. Un quarto (o magari un terzo) posto potrebbe probabilmente medicare gran parte delle incertezze e dare una risposta a molte domande. Però è difficile non rileggersi quelle parole: «A fine campionato vi dirò quello che penso e che farò». Gattuso evidentemente si rende conto di non essere stabile come occorrerebbe a un tecnico in linea con gli obiettivi del club. E di mezzo ci sarebbe anche una dialettica interna con la dirigenza che negli ultimi tempi sarebbe diventata particolarmente brusca (al netto della «schiettezza » sempre rivendicata da entrambe le parti). Critiche, ritenute ingiuste, che gli hanno fatto male e troverebbero riscontri anche negli ultimi giorni. Un Gattuso che percepirebbe un senso di solitudine, vivendo situazioni lungo i mesi in cui si sarebbe sentito l’unico a metterci la faccia. In altre parole: non protetto. Una situazione paradossale per un tecnico che, prima del derby, aveva messo in fila dieci risultati utili, di cui sette vittorie. «Sono stato presuntuoso per aver provato qualcosa di diverso – ha detto Rino riferendosi all’atteggiamento tattico contro l’Inter –. Mi assumo la responsabilità, è stato un mio errore.Ma non è tutto da buttare. Sembra che siamo settimi e invece siamo pur sempre quarti. La Champions, come dico sempre, è il nostro scudetto ». Obiettivo imprescindibile, anche per capire il futuro dell’allenatore.
Il presidente Scaroni l’ha definito un percorso logico: «Per vincere nel calcio servono i grandi giocatori, e per acquistare i grandi giocatori servono i profitti dello stadio e della Champions». Vale anche il percorso inverso: è il fascino della Champions che attrae i giocatori più forti e che trattiene i migliori della rosa. Se non fosse con il Milan, Alessio Romagnoli avrebbe la possibilità di giocarsi la coppa europea più prestigiosa in qualche altra squadra inglese. La società lo ha premiato con la fascia quando aveva creduto più di altri nel nuovo corso rossonero, e nel frattempo niente è cambiato: un bravo capitano non abbandona mai i suoi. Ma a 24 anni e un futuro già scritto in Nazionale, l’ambizione è legittima e il Milan deve soddisfarla entrando nelle prime quattro.
A venti potrebbe ancora aspettare, ma la prossima sarà la quinta stagione da titolare di Donnarumma in rossonero: un tempo più che sufficiente per pensare di meritare le sfide con i più forti. Oltre il fascino della competizione e il desiderio di partecipare, contano i profitti a cui ambisce la società. Nel caso del Milan parte dei guadagni sarebbe subito impegnata per il riscatto di Bakayoko: l’acquisto a titolo definitivo dal Chelsea diventerebbe così una certezza. Altri Paquetà e altri Piatek potrebbero arrivare senza il timore di allertare l’Uefa: un altro obiettivo brasiliano è Everton, attaccante esterno del Gremio, 23 anni. Il club lo ha blindato con una clausola da 80 milioni, ma si può trattare per la metà: in ogni caso sono grandi cifre, cifre da Champions.
DOPPIO COSTO Anche l’incasso dalle future cessioni avrà un doppio tariffario: se tornerà tra le prime squadre d’Europa vorrà dire che il Milan avrà valorizzato i suoi talenti. Calhanoglu, se la società dovesse decidere di privarsene, avrà un prezzo con il Milan in Champions e un altro con il Milan fuori. Nel primo caso si può giocare al rialzo, nel secondo il club avrebbe meno argomentazioni. Il percorso è circolare e si torna al punto di partenza: con la Champions si può puntare ai big con mega ingaggi, senza la società e di conseguenza la squadra sarebbero più povere.
Nel confronto con Biglia ci ha rimesso quarantamila euro e il posto in squadra: Franck Kessie ha già pagato per la rissa sfiorata nella serata del derby. L’ultimo allenamento, alla vigilia della Samp, ha invece fatto chiarezza sulla formazione: Kessie in panchina, Biglia di nuovo dall’inizio. Dopo una lunga serie di ventisei partite da titolare, interrotte da un paio di turni di squalifica, Franck siederà tra le riserve. Non è per rappresaglia che Gattuso lo lascerà fuori, ma per una valutazione esclusivamente tecnica: dopo dieci giorni in Costa D’Avorio per gli impegni con la nazionale, Kessie è tornato a Milanello giovedì. Un allenamento da solo per riprendersi dalla fatica del viaggio e uno soltanto, nella rifinitura di ieri, insieme al gruppo. Troppo poco per arrivare preparato all’esamedi stasera. Non è nemmeno una bocciatura: avesse studiato in settimana quanto proposto dall’allenatore, avrebbe avuto un posto in prima fila. E’ curioso però che al suo posto entri Biglia, a lungo indisponibile per infortunio: una sola partita nell’undici da fine ottobre in poi. Biglia regista costringerà Bakayoko a spostarsi a destra. Per lo stesso motivo di Kessie, sarà escluso Paquetà, che ha trascorso la sosta in Sudamerica: al suo posto giocherà Calhanoglu, e al posto di Calhanoglu entrerà Castillejo. Vicende che non interessano direttamente i protagonisti delle ultime settimane.
PACE FATTA Su di loro riporta l’attenzione Gattuso, che aveva diritto all’ultima parola. Dopo la lite tra due giocatori del suo gruppo aveva parlato di «profonda delusione umana» riservandosi il tempo per scegliere meglio come intervenire. Rino ha poi lasciato che lo facesse la società (multati entrambi, Biglia della metà), come la carriera di giocatore gli aveva insegnato. «In campo ho sbagliato anche io e più di una volta. L’ho pagata a caro prezzo, la società me l’ha sempre fatto pesare. Ricordo che dopo l’episodio con Jordan contro il Tottenham, Galliani mi voleva togliere la fascia da capitano davanti alla squadra, e sarebbe stato giusto così. Poi il gruppo mi ha protetto». Da allenatore ha ritenuto fondamentale individuare i colpevoli per tutelare l’armonia dello spogliatoio. Solo dopo le scuse di Franck, Rino ha perdonato. Ieri il confronto chiarificatore: «I giocatori sanno che per loro mi strappo il cuore, lo butto in mezzo e loro possono palleggiarci. Allo stesso tempo però pretendo rispetto da parte di tutti, motivo per cui da parte mia c’era stata grandissima delusione. Delusione e non arrabbiatura, anche perché non si può far passare sotto silenzio una cosa del genere, successa davanti a duecento televisioni. Non siamo al Grande Fratello dove le telecamere sono accese 24 ore, se ci dobbiamo dire qualcosa occorre che succeda in privato. L’unione è sempre stata la nostra forza e non permetto a nessuno di rovinare questo aspetto. Ho parlato con Kessie: non porto rancore. Mi sono chiarito sia con lui che con Biglia. Ora è tutto passato. Dobbiamo concentraci solo sul finale di stagione».
Nomen omen. Per uno come Omar Colley, professione gladiatore, che nella vita calcistica, prima di sbarcare a Genova, era stato soprannominato dai suoi tifosi The Rock (la roccia, quando giocava in Svezia) o K2 (inventato dai tifosi belgi del Genk), il record che detiene oggi in serie A deve sembrargli una cosa quasi normale.
NON SI PASSA È lui, infatti, insieme al rossonero Romagnoli ed all’olandese Van Dijk del Liverpool, uno dei tre difensori dei cinque campionati top europei con più presenze che non sono mai stati saltati in dribbling da un avversario dopo due terzi della stagione. Un’impresa non da poco, che dà ulteriore lustro a una stagione iniziata in sordina, ma che per l’ex difensore del Genk è diventata un’annata da protagonista. Fino ad arrivare, dal Natale scorso in poi, a conquistarsi di diritto una maglia da titolare come difensore centrale al fianco di Andersen, l’altro ragazzo prodigio blucerchiato. Non è evidentemente un caso che il presidente Massimo Ferrero abbia messo sul piatto, l’estate scorsa, dieci milioni di euro per il suo cartellino (bonus compresi), una cifra che la Samp non aveva mai speso per un difensore centrale.
ADATTAMENTO Il gambiano, tanto scatenato e insuperabile in campo, quanto persona garbata fuori dal terreno di gioco, è entrato nel gruppo di Giampaolo (che lui considera un allenatore geniale) in punta di piedi. Andersen gli ha dato una mano sul piano tattico appena arrivato, il poliglotta Jacopo Sala è stato il suo perfetto interprete in campo. Colley, che ha un fratello (Joseph) nell’Under 23 del Chelsea e il cugino Ebrima nella Primavera dell’Atalanta, stasera dovrà vedersela (anche) con Piatek. Ment re Giamp a o l o , con l’infermeria piena, ci scherza sopra: «Il dottor Baldari deciderà la formazione. E poiché si intende di calcio, sono certo che sarà una Sampdoria competitiva. Se così non fosse… dovremo esonerarlo».
Difendere i propri diritti senza rompere il dialogo con la controparte. Se le mosse del Milan sul fronte mercato e sulla vicenda stadio sono delicate, quelle che riguardano il faldone Uefa vengono ponderate con ancor maggiore prudenza. Perché il secondo ricorso al Tas, presentato contro la sanzione ricevuta per la violazione del Fair play finanziario nel triennio 2014-17, ha segnato una frattura tra il club di via Aldo Rossi e l’organo di governo del calcio europeo. Che ora va ricomposta. Centrare la qualificazione alla prossima Champions, in questo senso, aiuterebbe tutti quanti a discutere con più calma: i 50 milioni (almeno) che verrebbero incassati darebbero più slancio al processo di risanamento dei conti. L’a.d. Ivan Gazidis ha preso contatto con la nuova realtà rossonera a dicembre, proprio nei giorni in cui il Diavolo decideva d’interpellare nuovamente Losanna: da lì, cominciando con una visita informale a Nyon, il dirigente sudafricano ha provato a rasserenare i rapporti con la Uefa. Le ultime parole sono di martedì: «Il Fair play finanziario ha dato sostenibilità all’industria calcistica, ma ha ancora imperfezioni su cui lavorare, anche col contributo dell’Eca».
I TEMPI Il Milan, ovviamente, vorrebbe diventare il capostipite di questa «fase due del Fair play». Perché la proprietà Elliott ha sempre sottolineato come fosse ingiusto imbrigliare con paletti troppo severi un club che ha soldi puliti da immettere nel sistema calcio, solo perché gravato dagli errori di una gestione precedente. In altri termini: il Milan attuale non deve essere troppo penalizzato dai guai dell’era «cinese». Non sono i 12 milioni di multa o la limitazione della lista europea a preoccupare, quanto l’obbligo di pareggio di bilancio al 2021, pena l’esclusione dalle coppe l’anno seguente. Gli ultimi bilanci rossoneri sono stati ben più che rossi che neri, facendo segnare un trend negativo difficile da invertire a breve, salvo cessioni di top player che indebolirebbero la rosa. Serve più tempo per invertire la rotta, ma è improbabile che la Uefa si renda disponibile a sconti a stagione in corso. Nyon aspetterà il Tas, la cui sentenza è prevista per maggio: quando Losanna si sarà espressa, la situazione verrà rivalutata anche nell’altra città svizzera.
L’evoluzione di Stefano Sensi ha toccato il picco più alto con il gol in Nazionale nel 6-0 al Liechtenstein, ed è stato il preludio al salto in una big al termine della stagione con il Sassuolo. Il lavoro di Roberto De Zerbi quest’anno, e di tutta la società emiliana da quando è arrivato dal Cesena, è stato esemplare, ma il centrocampista marchigiano ha raggiunto un grado di maturità tale da poter finalmente spiccare il volo verso club di spessore internazionale. Non è un caso che sul 23enne ci sono Milan e Inter, e da qualche settimana anche il Barcellona ha chiesto informazioni sul giocatore, dopo aver chiuso l’affare Boateng con il Sassuolo. I rapporti con la società spagnola sono ottimi, e per questo i rossoneri dovranno guardarsi le spalle da un’offensiva dei blaugrana nella prossima estate. Sensi ha sfruttato la piazza emiliana come meglio poteva, dando il massimo ogni domenica, e il suo primo gol con l’Italia è stato il premio per una crescita costante. Si è messo in mostra grazie alle sue qualità e ora sarà difficile per il Sassuolo trattenerlo, infatti gli spifferi di mercato sulla separazione a fine stagione si fanno sempre più intensi.
IL TENTATIVO. Il Milan è tra le società maggiormente interessate, e già nel mese di gennaio ha provato a strappare il mediano al Sassuolo. Sia Sensi che Duncan sono due giocatori nel mirino di Leonardo, ma la proposta avanzata dai rossoneri non è stata accolta con entusiasmo dalla società di Squinzi, intenzionata nella finestra invernale a trattenere tutti i suoi gioielli per concludere nel migliore dei modi il campionato. Ma tra due mesi si riaprirà la caccia e il management milanista sa di dover muoversi con anticipo per non cadere nel tranello delle aste, su un giocatore che fa gola a molte società. Il Sassuolo infatti ha fissato il prezzo attorno ai 25 milioni, e dopo l’affare Manuel Locatelli, in prestito con obbligo di riscatto, i due club hanno stabilito una notevole sinergia soprattutto per il futuro. Già nella precedente gestione, con il ds Mirabelli, i rossoneri fecero un tentativo per anticiparne l’acquisto, ma anche in quel caso non ci fu intesa tra le parti. Sensi rientrerebbe in pieno nella favoloso fa della nuova proprietà americana, cioè nel voler investire solo per giovani promettenti e con margini di progresso, e chi meglio di un classe 1995 nel giro della nazionale azzurra, con il vizio del gol?
NECESSITA’. Il problema più grande per il Milan a giugno, oltre a rinforzare l’attacco con un grosso investimento, è dover spendere con urgenza a centrocampo a causa dell’addio di tre giocatori contemporaneamente. Andrà via da Milanello con grande probabilità l’ex capitano Riccardo Montolivo, mai utilizzato nel corso dell’intero torneo, e nemmeno in Europa, anche quando c’era assoluta emergenza infortuni. Destino già scritto pure per Andrea Bertolacci e Josè Mauri, ai margini del progetto e impiegati soltanto una manciata di minuti. Dunque l’investimento su un altro centrocampista affidabile resta una priorità per Gattuso, soprattutto se il Milan dovesse ottenere l’accesso alla Champions League, in quel caso il club si troverebbe a irrobustire l’organico per lottare su tre fronti. Stefano Sensi potrebbe essere l’uomo giusto, a Casa Milan si fa spesso il suo nome e per l’estate sono in programma nuovi tentativi.«Stefano, quali obiettivi ti sei posto per la carriera?». Provate a immaginare una conversazione tra un allenatore navigato e un calciatore di 20 anni. I soggetti di questo racconto sono Fulvio D’Adderio e Stefano Sensi e ci troviamo a San Marino, alla fine di un campionato di Serie C (2014-15) in cui una squadra costruita per salvarsi a fine stagione retrocede. Il primo, D’Adderio, ha fatto la storia del calcio romano allenando i migliori talenti della Lodigiani, poi ha raccolto successi in tutta la penisola tra Giulianova, Fermana, Torres, Manfredonia, Foggia (con cui sfforò la B perdendo una finale playoff all’ultimo secondo), Venezia, Sambenedettese, Spezia, Catanzaro e Monopoli. L’altro, Sensi, dopo 4 anni indosserà la maglia della Nazionale, ma ovviamente ancora non lo sa e non lo immagina neppure lontanamente. «Non ci ho mai pensato mister, non mi sono posto obiettivi. Dovrei averne?» è la risposta del ragazzo. «Cosa gli ho detto io? – ci racconta oggi D’Adderio, alla guida dell’Albalonga in Serie D – L’ho motivato, come farebbe un padre. Gli dissi che era fortissimo, che con il cambio di ruolo poteva davvero spaccare il mondo e arrivare in alto. Dopo il gol in Nazionale contro il Liechtenstein mi sono emozionato». È stato proprio Fulvio D’Adderio ad arretrare il raggio d’azione di Sensi, utilizzato dai tecnici precedenti come attaccante esterno e seconda punta. L’allenatore molisano ha intuito la duttilità del giocatore e nelle ultime 5 giornate di quel campionato il giovane divenne anche più prolifco, realizzando tre gol pur allontanandosi dalla porta. Dopo aver scoperto Moretti, Firmani, Savini, Gorgone, Terlizzi e tanti altri talenti delle classi ’78, ’79 e ’80, il tecnico si trovò davanti un nuovo talento. «In quel San Marino c’era anche Diawara del Napoli a centrocampo. Sensi sapeva fare tutto: calciava di destro e sinistro, di collo, di interno e di esterno, sempre allo stesso modo. Sapeva inserirsi e difendere, pressare, coprire e attaccare. Un giocatore totale. Gli chiesi di fare la mezzala ma sapeva interpretare tutti i ruoli. E sapete una cosa? Non si adattava. Gli riusciva tutto naturale come se avesse occupato certe posizioni da una vita». Il centrocampista del Sassuolo ora ha gli occhi addosso delle big di Serie A. Ecco il pensiero del suo ex allenatore: «Stefano è serio, preparato e soprattutto umile. Nel mio piccolo gli ho insegnato a porsi degli obiettivi, a inseguire i sogni, a metterci il cuore. Una volta venne a vederlo la Juventus, ma forse non era pronto per quel salto. Non ci rimase male, capì che doveva lavorare di più. Oggi è tra i migliori in Italia». Uno di quelli che credette maggiormente nell’esplosione di Sensi, ai tempi del San Marino, fu il presidente della società Luca Mancini che se lo fece prestare dal Cesena. Il cognome non è soltanto una piacevole coincidenza: c’è sempre un Mancini sulla strada di Sensi. È come un cerchio che si chiude, un destino che completa il suo percorso.
Ecco, se potesse il sindaco di Milano,BeppeSala, sulla storia dello stadio di San Siro farebbe volentieri quel che faceva San Filippo Neri con i suoi ragazzi di strada: «State buoni, se potete». Solo che qui non ci sono «ragazzi di strada» da tener buoni, ma interessi divergenti fra loro da far combaciare. Impresa ardua, diciamo. Talmente complessa da aver indotto i commissari del Cio, il Comitato Olimpico internazionale in missione a Milano per la scelta della sede dei giochi invernali del 2026, a chiedere spiegazioni sul «dibattito» innescatosi sull’ipotetico abbattimento dello stadio di San Siro, per fare spazio ad una nuova struttura, realizzata da Inter e Milan.
Se a vincere la gara sarà il brand Milano-Cortina lo stadio Meazza sarebbe la sede dell’inaugurazione dei giochi. «Il dibattito è talmente infuocato che abbiamo ricevuto una telefonata del Cio», spiega il primo cittadino, «per chiderci garanzie per il 2026, visto che l’inaugurazione si farà proprio lì. Noi li abbiamo rassicurati: in ogni caso, anche se ci sarà uno stadio nuovo, la cerimonia di inaugurazione andrà senz’altro nella nuova struttura». Modesto particolare. Pechino, che ospiterà le olimpiadi invernali del 2022, nel primo dossier ha indicato uno stadio per la cerimonia di apertura. A lavori del Cio in corso la Capitale cinese ha cambiato le carte in tavola e la cerimonia inagurale avverrà in un’altra struttura. Come in matematica, modificando l’ordine dei fattori il risultato non cambia. Anche a Milano. Ed è ciò che Sala ha spiegato ai delegati del Cio: uno stadio,comunque, ci sarà.
MATCH POLITICO Resta, però, il confronto politico. «La cosa buffa è che non si è spostato un mattone eppure il dibattito è infuocato», sostiene Sala, «il Comitato olimpico vuole garanzia che ci sia uno spazio adeguato». E Sala le ha date. Chiuso (speriamo, visto che siamo a ridosso della decisione finale) il capitolo Cio, si arricchisce quello del confronto fra favorevoli e contrari al nuovo stadio. E, come sempre accade in queste circostanze, c’è chi lancia l’idea del referendum popolare per scegliere ciò che la politica deve decidere. Ma se la consultazione cittadina non è fra le «priorità» del sindaco, potrebbe esserla per Inter e Milan. Sala ha «suggerito » alle squadre di calcio di fare «un sondaggio tra i loro tifosi, visto che hanno il vantaggio di avere i club e tengono una serie di rapporti. Dicano loro cosa vogliono». Non sarebbe male. «Più che referendum credo che sia meglio questo», precisa il primo cittadino. Il quale, in serata, piazza la palla sul dischetto di rigore. «Per buttare giùSanSiro dovrei avere la proprietà del nuovo stadio. Altrimenti la Corte dei Conti mi verrebbe a prendere, dicendomi che avevamo uno stadio di nostra proprietà e l’abbiamo demolito. Poi si ragionerà con tranquillità», dice il sindaco, intervenendo a Sky Sport. Il «sondaggio» fra i tifosi non nasce dalla voglia di Sala di buttare la palla in tribuna, come sarebbe facile pensare, ma da una considerazione oggettiva. «Io mi sto prendendo, anche attraverso i social, una valanga di insulti,ma guardate che non sono io il regista dell’operazione. Il mio ruolo», spiega l’inquilino di Palazzo Marino, «mi porta anche a fare da cuscinetto sulle polemiche, sono abituato e non mi spaventa. Ma ho segnalato ai club che ne sto sentendo molte da parte dei tifosi ». Al netto della cornice entro la quale si va dipanando la vicenda stadio, un punto resta fermo.
RISTRUTTURARE Per il numero uno di Palazzo Marino il glorioso Meazza va ristrutturato. «Se però le squadre hanno idee diverse vengano da me con un progetto », ha ribadito. Da parte della giunta non arriveranno ultimatum «perché non è un’operazione semplice», anche se sono chiari «i due vincoli: rimanere sulla funzione d’uso attuale, anzi che la si allarghi, e sulla proprietà» che nelle idee dell’amministrazione deve restare pubblica magari con «una concessione a lungo termine ». La Lega, intanto,ha depositato una mozione in Consiglio comunale per il no all’abbattimento dello stadio. Il documento, che porta la firma del consigliere comunale e regionale Massimiliano Bastoni, impegna il sindaco e la giunta «a scartare categoricamente ogni futura ipotesi di demolizione del Meazza» e a «considerare un percorso di ristrutturazione dell’impianto sportivo secondo i parametri nazionali ed internazionali, non ultimi quelli della Uefa». Anche il capogruppo della Lega a Palazzo Marino, Alessandro Morelli, difende lo stadio. «San Siro non è del Milan o dell’Inter, lo stadio è di Milano. Sala vorrebbe evitare di metterci la faccia ma ormai l’ha già persa non prendendo immediatamente una posizione chiara». A stemperare il clima,oa surriscaldarlo ulteriormente, ci prova il governatore Attilio Fontana. «Quello che conta è che vinca il Milan, lo farei giocare anche in un campetto di periferia, purché si ricominci a vincere la Coppa dei Campioni ». Chissà gli interisti…
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