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Il Chievo è arrivato a Torino col binocolo. La Juventus è un puntino lontano sulla montagna della Serie A: è da tempo in vetta, mentre il Chievo arranca ancora al primo campo base, ventesimo. L’arrivo di Di Carlo in panchina ha cambiato le prospettive – il Chievo ha fatto sei punti nelle ultime cinque giornate, ora crede per davvero alla rimonta – però la classifica è spietata. La Juventus è 45 punti più su, un’infinità: per metterli assieme servirebbero 15 vittorie, che ovviamente il Chievo non farà. Nel girone d’andata in fondo ha fatto 11 punti, ridotti a 8 per la penalizzazione. In tutto questo, c’è qualcosa di storico: dal 1994, quando in Serie A si gioca con i tre punti a vittoria, non ci sono mai stati 45 punti tra prima e ultima alla fine del girone d’andata. Verrebbe voglia di prendere la serata libera dando per scontato ri del posticipo. Sì, però…



IL PRECEDENTE Però la Juve, in questa stagione, ha fatto più fatica contro le piccole che nelle partite importanti: con quel potenziale a disposizione, spesso è questione di concentrazione, di motivazioni. E poi il Chievo ha decisamente qualcosa. Uno spirito, almeno. Lotta, non ha paura di difendersi e più di qualche volta trova il modo di fare male. È successo anche all’andata. La Juve si è presentata con il 4-2-3-1 pieno di campioni, è stata divertente per buona parte del primo tempo ma è andata in crisi nel secondo. Quella volta, il Chievo si è appoggiato a Giaccherini e alle mille parate di Sorrentino. Anche stasera, il Chievo comincerà da loro.

IL CONFRONTO La partita, proprio per questo, un fascino particolare. C’è aria di Davide che prova a sorprendere un Golia un po’ assonnato, forse distratto dal vantaggio in classifica, forse soddisfatto per la Super- coppa vinta mercoledì. Il rapporto tra le due squadre parla da solo. I giocatori della Juventus per questa stagione prendono stipendi per oltre 109 milioni, quelli del Chievo non vanno oltre gli 11 milioni. Certo, basta guardare le formazioni attese per le 20.30 per capire: la Juve ha un campione del mondo,

campioni d’Europa, un Pallone d’oro, il Chievo ovviamente no. Alzando lo sguardo, osservando il pubblico, il Chievo troverà uno stadio tutto bianconero, con un coefficiente di riempimento vicino al 100% e quasi 29mila abbonati. Qui c’è la differenza principale: la squadra più amata d’Italia e la squadra di quartiere. Sui social, la Juve ha quasi 300 volte più follower su Instagram e quasi 300 volte più like su Facebook.

SARDO II Chievo arriverà a Torino leggero, come tutte le piccole: sa che nessuno aspetta punti da questa trasferta. Sorrentino ha una promessa di scambiare la maglia con Ronal- do, una riconciliazione definitiva dopo l’infortunio dell’andata, e Giaccherini punta a farsi applaudire ancora in uno stadio che lo ha amato dal 2011 al 2013. Entrambi però prima hanno una partita da giocare, un grande colpo da tentare. In fondo Mimmo Di Carlo contro la Juventus ha già vinto. Era gennaio anche quella volta, nel 2010. Si giocava a Verona e il Chievo vinse 1-0, con gol di Gennaro Sardo che stasera sarà a Torino: il club manager del Chievo, è lui.

Si ricomincia ed è comunque un bel vedere. Perché la Juventus torna ad alzare la voce in un campionato fino ad ora dominato e l’ostensione della Supercoppa prevista in serata allo Stadium prima del fischio d’inizio del match contro il Chievo è l’assist perfetto. Già, il 2019 per i bianconeri ha preso il via seguendo la stessa solfa del recente passato: vittorie – compresa quella di Bologna che ha garantito l’accesso ai quarti di Coppa Italia -, difesa immune dal solletico altrui e un trofeo alzato al cielo di Gedda. E con la Champions che torna esattamente fra trenta giorni, quando a Madrid i campioni incroceranno le lame del rognoso Atletico di Diego Simeone, c’è bisogno che la serie A riprenda tratteggiando i medesimi colori: il bianco e il nero, come accade ininterrottamente dal 2012. 

Ma il girone di ritorno non sarà una passeggiata, anche se il calendario fino allo scontro diretto del 3 marzo al San Paolo riserva ipoteticamente maggiori insidie al Napoli impegnato a Milano (Milan) e Firenze, mentre la Juve affronterà la Lazio all’Olimpico tra una settimana e poi… Pensieri futuribili, Allegri il pragmatico non vola, anzi avvisa i suoi, ché il futuro non sarà un’escursione di piacere: «Dobbiamo riprendere seriamente il campionato – spiega il tecnico – anche perché il Chievo con Di Carlo è tornato vivo e ha ritrovato entusiasmo. Va rispettato».

La ricetta, allegramente parlando, è molto semplice: «Correre, giocare bene, vincere. Il resto sono chiacchiere». Quelle che a Max non piacciono per niente: a lui interessa inseguire altri successi, dandosi sempre nuovi stimoli. Perché la Supercoppa è già il passato e sebbene il decimo trofeo dell’era Allegri sia stato portato a casa, non basta. Il motivo? Questa Juve piace, vince, ma non convince tutti: sarebbe il colmo, del resto, se la perfezione fosse toccata ora, con quattro mesi abbondanti da giocarsi a tutta birra. E in fondo questa Juve non ha convinto neppure l’allenatore che sul tema dei (pochi) difetti palesati dai bianconeri rileva: «C’è da migliorare soprattutto nelle gare secche, quando gli avversari si giocano il tutto per tutto e lì devi chiudere le partite». La lezione, naturalmente, vale anche per il campionato: «Quando l’avversario sta per morire, non bisogna dargli la possibilità di sopravvivere. Va ucciso. E’ una questione mentale, più che tecnica».

Ecco una breve lista che potrebbe risultare utile ai fini delle ricerche:

Portogallo con Rádio e Televisão de Portugal;
Svizzera con Schweizer Radio und Fernsehen;
Turchia con Turkish Radio and Television Corporation;
Serbia con Radio-televizija Srbije;
Paesi Bassi con Sanoma Media Netherlands;
Paraguay con Sistema Nacional De Television;
Slovacchia con Slovenská Televízia;
Suriname con Surinaamse Televisie Stichting;
Repubblica Ceca con Ceská Televize;
Svezia con Modern Times Group.

Juventus-Chievo, posticipo della 20a giornata di Serie A 2018-2019, sarà trasmesso in diretta TV alle 20:30 su Sky Sport Serie A (202 del decoder satellitare, 373 del digitale terrestre) e Sky Sport (251 satellite). In streaming live il match dell’Allianz Stadium sarà visibile da computer, tablet e smartphone tramite la piattaforma SkyGo.

DOVE VEDERE JUVENTUS CHIEVO  IN TV

Per vedere Juventus –  Chievo  in TV hai bisogno di un abbonamento Sky con il pacchetto Sky Calcio. Se soddisfi questo requisito, la gara sarà visibile con ampio pre partita e post partita su Sky Sport HD e Sky Sport Champions League Serie A, canale 202.

Nel caso in cui non fossi un abbonato Sky purtroppo non potrai vedere la partita in TV ma puoi sempre usufruire di alcuni servizi alternativi per vedere JuventusChievo in streaming. Altrimenti puoi approfittare dell’occasione per sottoscrivere un abbonamento Sky.

DOVE VEDERE JUVENTUS – CHIEVO IN STREAMING

Il match Juventus Chievo sarà trasmesso anche in streaming su diverse piattaforme, tutte rigorosamente di Sky. Anche qui se avete un abbonamento Sky potete utilizzare l’applicazione SkyGo (gratuita) che permette la visione del match anche in streaming. SkyGo infatti permette di vedere su PC, Smartphone, Tablet e non solo tutti i programmi Sky sfruttando il proprio abbonamento di casa.

Ecco perché da oggi servirà una Juve sì intelligente nel saper cogliere i momenti in cui il match può svoltare, ma anche una Juve sul pezzo, «aggressiva, che impatti in modo importante sulla partita». E nessuno pensi al burrone dei 42 punti (penalizzazione messa in conto) che separano i campioni d’Italia dal Chievo in classifica. «Il rischio più grande è quello di adagiarsi un po’, ma non deve accadere per non compromettere tutto. Ogni giorno si deve lavorare non per mantenere, ma per migliorare condizione fisica e qualità del gioco. Con la testa giusta, mettendosi in discussione, venendo al campo per faticare. Tutti facciano un saltino in avanti». E così evitare quell’andamento sinusoidale che ha caratterizzato più di una prestazione della Juventus nel girone di andata, in particolare contro le medio-piccole. Picchi di gioco eccelso e momenti in cui la tensione crolla. Il discorso vale per tutti, anche per Paulo Dybala che in Champions ha fatto la differenza e in campionato singhiozza: «Ma con Ronaldo le azioni si concludono più velocemente. Con Mandzukic o con Higuain era diverso». Allegri l’avrà detto alla Joya più e più volte. 

«La Juventus è fortissima, ma il Chievo va a Torino per fare l’impresa». Vista la classifica e l’evidente disparità di valori in campo nel posticipo di questa sera all’Allianz Stadium, più di uno potrebbe prendere per matto Domenico Di Carlo, tecnico dei veronesi nonché autore della precedente dichiarazione. Più di uno, ma non chi lo conosce bene e sa quanto l’allenatore laziale abbia lavorato in questi mesi sulla testa dei giocatori per cercare di porre rimedio alla tabula rasa che era il Chievo dopo le gestioni tecniche di Lorenzo D’Anna e (soprattutto) Gian Piero Ventura. 

 «Io mi sento un capopopolo», diceva sempre Di Carlo riferendosi al proprio ruolo all’interno della squadra. Un gruppo che è ripartito dai senatori, il sempreverde capitano Sergio Pellissier, il portiere Stefano Sorrentino e il centrocampista Perparin Hetemaj, per ricostruire quello “spirito Chievo” che si era perso nella prima parte di questa stagione maledetta. Prima della sosta, contro il Frosinone al Bentegodi, è arrivata la prima vittoria in campionato: 1-0 con gol di Giaccherini su punizione. Questa settimana il Chievo si aspettava altri tre punti, ovvero la cancellazione della penalizzazione per le plusvalenze fittizie che ne aveva messo a rischio la permanenza in serie A l’estate scorsa. Ma il Collegio arbitrale del Coni ha confermato la precedente sentenza e i punti in classifica sono rimasti 8. «Ci conquisteremo la salvezza anche senza questi punti», ha lasciato intendere il capopopolo Di Carlo, certo che le sue parole saranno recepite nel modo giusto dallo spogliatoio. 

 Si comincia oggi a Torino per cercare di mettere fieno in cascina e scalare la montagna che porta alla permanenza in serie A. «Non arrendersi mai» è diventato il dogma di casa Chievo sotto la gestione Di Carlo. Che, nell’ordine, ha portato la squadra gialloblù a fare punti a Napoli e, in casa, con Lazio e Inter. Insomma, anche le grandi soffrono con il piccolo Chievo. Che pur riconoscendo il grande valore della Juventus, brama dalla voglia di farle lo sgambetto. «La formazione? Ce l’ho ben in testa», ha assicurato l’allenatore. L’unico dubbio, dopo il forfait di Barba, è in difesa con Tomovic e Cesar a giocarsi una maglia da titolare. Per il resto, sarà 3-4-1-2 con Giaccherini dietro a Pellissier e Stepinski e con il baby Vignato, talentino dell’Under 19 che piace anche alla Juventus, in panchina pronto a dare una mano in quello che in futuro potrebbe diventare il suo stadio.

Era l’undicesimo della ripresa e sembrava tutto perfetto per celebrare nel migliore dei modi l’attesissimo debutto di Cristiano Ronaldo nella Juventus e in Serie A: la squadra di Allegri addirittura in svantaggio 2-1 al Bentegodi di Verona contro il Chievo, situazione ideale per mostrate subito la capacità del portoghese di fare la differenza e permettergli di segnare un primo gol bianconero che fosse subito pesante. E pesante e pure bella sarebbe stata quella rete, se Stefano Sorrentino non l’avesse cancellata volando a deviare un magnifico destro da fuori area del nuovo fuoriclasse juventino. 

Non riuscirono, Sorrentino e il Chievo, a rovinare del tutto l’esordio italiano di Ronaldo, visto che la Juventus alla fine rimontò e vinse, ma certo non gli consentirono di viverlo come lo aveva immaginato. Una parziale delusione in cui il numero 7 era rimasto impastoiato anche contro Lazio e Chievo, tanto da ammettere, dopo essersi sbloccato alla quarta giornata contro il Sassuolo: «Avevo un po’ d’ansia». 

Un girone più tardi, quell’ansia è un ricordo. Capocannoniere del campionato assieme a Zapata con 14 gol, match winner nella sua prima finale in bianconero, quella di Supercoppa, Cristiano Ronaldo è pronto a prendersi la rivincita sul Chievo per quel debutto sporcato. Lo farà guidando un attacco ancora più mobile del solito, privo di un centravanti vero e proprio a causa dell’assenza di Mario Mandzukic, e nel quale sarà dunque ancora più importante la sua capacità di essere «Il centravanti più forte del mondo anche senza giocare centravanti», come ama dire Masssimiliano Allegri. Un attacco mobile in cui a scambiarsi la posizione con il portoghese ci sarà ancora Paulo Dybala, del quale il tecnico non manca mai di elogiare il prezioso lavoro di trequartista, ma dal quale si aspetta anche qualche gol in più: «Le occasioni ce le ha sempre: ha giocato molto bene nella prima parte di stagione e deve fare altrettanto nella seconda, anzi, deve migliorare come tutti». Assieme alla Joya e CR7 si giocheranno un posto Douglas Costa e Bernardeschi, anche se Allegri ha spiegato di valutare anche l’impiego di tutti e quattro i giocatori offensivi, con il brasiliano e l’azzurro esterni in un 4-4-2 o in un 4-2-3-1. Al riguardo, però, ha anche precisato che «qualche cambio in panchina bisogna che me lo porti, oltrea a Kean. Perché la partita potrebbe essere incerta fino alla fine». Più probabile dunque che dall’inizio scenda in campo solo uno dei due, con Bernardeschi favorito visto che Douglas Costa ha giocato titolare sabato scorso a Bologna e mercoledì a Gedda, dove aveva preso anche una botta. 

Da Gedda era uscito malconcio anche Rodrigo Bentancur e, anche se Allegri ha spiegato che entrambi hanno recuperato, l’uruguaiano potrebbe a sua volta partire dalla panchina, visto che fino a sabato lavorava a parte. Così a centrocampo, dove è pressoché certa la presenza di Khedira, definito dal tecnico «il nostro rinforzo di gennaio» e bisognoso di giocare, dovrebbe essere Emre Can a rimpiazzare lo squalificato Pjanic al centro, con Matuidi a sinistra. Contro un Chievo che giocherà piuttosto chiuso, però, le doti di palleggio di Bentancur sarebbero utili e dunque, se davvero perfettamente recuperato, l’uruguaiano potrebbe insidiare il posto di Can o Matuidi. Annunciati da Allegri stesso il ritorno di Perin in porta e tre dei quattro difensori davanti a lui (De Sciglio a destra, Alex Sandro a sinistra e Rugani al centro), è più che altro teorico il ballottaggio tra Bonucci e Chiellini. Il capitano avrebbe dovuto riposare a Bologna, dove invece era stato costretto a giocare dal problema accusato da Benatia durante il riscaldamento, e in assenza di Pjanic difficilmente Allegri rinuncerà al suo regista arretrato: Bonucci titolare, dunque. 

Non entra e uno esce. La Juventus ha in pugno Matteo Darmian e il maggior indiziato a lasciargli il posto è Leonardo Spinazzola. L’incastro è imbastito, ma non ancora completato del tutto. «Spinazzola andrà via se arriverà un sostituto. Leonardo è da Juve, ma ha bisogno di giocare con continuità», ha spiegato ieri Massimiliano Allegri. L’idea è condivisa con Fabio Paratici, che come sempre ha puntato sul “gioco d’anticipo”. Il responsabile dell’area sport bianconera di fatto ha “bloccato” il 29enne terzino del Manchester United. L’ex Torino è un’opportunità (ha il contratto che scade a giugno, seppur gli inglesi possano rinnovare automaticamente di un anno) e dirigenti juventini non se la vogliono far scappare. Il progetto, infatti, è quello di prendere subito Darmian a cifre da saldi. L’ok del giocatore c’è e con il club inglese è stata raggiunta un’intesa di massima. L’azzurro per trasferirsi alla Juventus immediatamente e in prestito con diritto di riscatto (4 milioni subito e 8 in estate), dovrà prolungare l’attuale accordo con il Manchester United. La pista è caldissima e ben avviata: nelle ultime ore sono cresciute le possibilità che la fumata bianca arrivi entro il 31 gennaio. Il laterale lombardo ha superato il più costoso Emerson Palmieri del Chelsea, sondato dai campioni d’Italia a margine dell’affare Higuain, ma per diventare juventino deve aspettare che qualcuno gli faccia spazio.  

La staffetta più probabile, anche per una questione di ruolo, resta quella con Spinazzola, richiesto da mezza serie A e in particolar modo dal Bologna. La Juventus ha già un accordo con il club emiliano, il quale pur di arrivare all’ex atalantino è disposto a riscattare subito Riccardo Orsolini versando alla Juventus 15 milioni (i bianconeri manterrebbero comunque una corsia preferenziale sull’attaccante), ma Spinazzola non ha tutta questa voglia di lasciare Cristiano Ronaldo e compagni. Il jolly di Foligno ha conquistato un posto nella rosa di Allegri dopo una lunga gavetta in giro per l’Italia e l’operazione ai legamenti della scorsa estate. E adesso che ha esordito con i bianconeri negli ottavi di Coppa Italia (proprio contro il Bologna) e si sente sempre meglio, non vorrebbe traslocare da Torino. In dieci giorni possono cambiare tante cose, ma ora come ora Spinazzola non è convinto di lasciare la Juventus in prestito. I dirigenti bianconeri proveranno a fargli cambiare idea, però la sensazione è che non sarà automatico l’ok dell’ex atalantino al Bologna. La priorità di Spinazzola è quella di restare alla corte di Cristiano Ronaldo. Tra la permanenza e il prestito al Bologna, esiste anche una terza ipotesi: la cessione a titolo definitivo.  

Aspettando l’evolversi dell’incastro Darmian-Spinazzola, la Juventus deve fare i conti con il “mal di pancia” crescente di Medhi Benatia. Il difensore marocchino ieri è stato avvistato all’aeroporto di Parigi scatenando i rumors di mercato. L’ex Bayern è infortunato e nella città della Tour Eiffel è andato per questioni famigliari. A prescindere dall’avvistamento parigino, Benatia ha voglia di essere protagonista ed è orientato a lasciare i bianconeri già in questa sessione di mercato. Allegri e Paratici non vogliono cederlo, ma l’addio è tutt’altro che improbabile. Borussia Dortmund, Schalke 04 e Milan sono in agguato, ma la pista più concreta è un’altra: l’Al Ittihad. Il club di Gedda ne ha già parlato con la Juventus a margine della Supercoppa. L’offerta è importante e il 31enne di Courcouronnes è molto più che tentato. Stando a quanto filtra dagli Emirati Arabi, il matrimonio con l’Al Ittihad si farà entro il 31 gennaio o al più tardi a giugno. Dovesse salutare Benatia, probabilmente non basterebbe l’ingresso del jolly Darmian. Occhio a Cristian Romero del Genoa, già prenotato per il futuro, o a qualche opportunità di lusso. 

Un addio piuttosto anonimo, quello di Darmian, rispetto al clamore dell’arrivo. I tifosi avevano accolto l’acquisto del giocatore, avvenuto nell’estate del 2015, con Darmian stabilmente in Nazionale, come un innesto di grande qualità. Il suo impiego, purtroppo, è andato via via in calando, non tanto per le prestazioni offerte dal terzino quanto per la scarsa fiducia che in particolare Mourinho ha riposto in lui. Una mancanza di fiducia che visto come è andato il ciclo mourinhano pare quasi una medaglia al valore. Se per Van Gaal l’ex granata era uno dei difensori irrinunciabili, con 24 presenze dal primo minuto e 4 su 6 nel girone di Champions, che purtroppo finí con l’eliminazione prematura dei Red Devils, per il tecnico portoghese Matteo non è mai stato un titolare, salvo poi scoprire che il suo impegno e il livello delle prestazioni non erano mai venuti meno inducendo Mou, che in questo triennio è stato parco di complimenti nei confronti dei suoi ad ammettere: «Nonostante le tante esclusioni ha sempre dato il massimo, questo è lo spirito che voglio dai miei». Parole che hanno descritto una situazione reale ma non si sono mai tradotte in un reale riconoscimento nei suoi confronti, visto che l’ultimo anno è stato quello dell’ostracismo assoluto. Schierato alla prima contro il Leicester (e risultato tra i migliori in campo nella vittoria per 2-1), Darmian si è rivisto quando in piena emergenza ha giocato le ultime 4 gare del ciclo mourinhano, prima di subire anche l’onta di un declassamento in favore di Young, un esterno sinistro riciclato a destra. Dopo le 28 presenze del primo anno in Premier lo si è visto in campo 18 volte (15 dall’inizio) nel secondo, 8 (3 i subentri) nel terzo e 5 quest’anno (di cui 4 dal 1’). Ma se si guardano i dati il suo lavoro da soldatino è sempre stato preziosissimo: nessuno contrasta di più (2,4 tackles a partita), solo Young lo sopravanza negli intercetti (che per un terzino significano una lucidissima lettura del gioco avversario) e nessuno, tra gli esterni, vanta la sua tecnica individuale essendo quello che in assoluto porta a termine più dribbling. Insomma, i numeri danno ragione a Darmian e alla scelta della Juve di puntare su di lui che, per umiltà e caratteristiche riporta alla mente quegli esterni bianconeri alla Pessotto – Birindelli, per citarne due, che non giocavano di fino ma offrivano una sostanza di impagabile utilità.

Agli occhi di Santiago Solari, le situazioni di Marcelo e Isco non sono uguali. E già, perché se è vero che ha già messo una croce sul fantasista malagueño, è altrettanto vero che il tecnico argentino spera ancora di poter recuperare quello che considera il più forte terzino del mondo. L’allenatore del Real Madrid, tuttavia, non immaginava di dover fare i conti con Cristiano Ronaldo. E già, perché secondo quanto assicurato ieri dal quotidiano As «CR7 non si arrende. Da quando si è trasferito a Torino, una delle sue ossessioni è quella di portare alla Juventus anche il brasiliano. La loro amicizia è intatta e le comunicazioni fluide. Parlano spesso a telefono e in queste conversazioni Cristiano fa di tutto per convincerlo a riunirsi a lui». 

 Pressioni o no di Cristiano Ronaldo, fino a qualche mese fa Marcelo non prendeva nemmeno in considerazione la possibilità di lasciare il Real Madrid. Tuttavia, prima Julen Lopetegui e poi Solari gli hanno fatto capire che nemmeno lui ha un posto assicurato se non si dà una mossa. Il brasiliano invece è tornato dalle vacanze, dopo il Mondiale, con qualche chilo di troppo: «È arrivato a pesare anche 7 chili in più del dovuto. E’ per questo che fino a qualche giorno fa si era sempre rifiutato di salire su una bilancia», ha sottolineato l’emittente radiofonica madrilena Onda Cero, aggiungendo che, in questo momento, è ancora «5-6 chili oltre il suo peso forma». 

Sarebbe proprio questa la ragione che avrebbe spinto Solari a lasciarlo in panchina nelle ultime uscite dei blancos. Sia il tecnico argentino che il preparatore fisico merengue, l’italiano Antonio Pintus, hanno infatti deciso di non fare sconti, comunicandogli che, se non saranno obbligati a farlo per ragioni di turnover o infortuni, non vestirà di nuovo la camiseta blanca fino a quando non dimagrirà. Del resto, l’ultima volta che è sceso in campo, contro la Real Sociedad, il terzino brasiliano è stato fischiato dai propri tifosi e irriso, anche se involontariamente, dal tecnico avversario: «Nel secondo tempo abbiamo attaccato dal suo lato perché aveva un giallo e non è in gran forma».  

Ed è per questa ragione che Marcelo, nelle ultime settimane, ha cominciato a prendere in considerazione la possibilità di cambiare aria a fine stagione. E se il brasiliano ha ancora qualche dubbio, Isco ha già deciso: se Solari non andrà via, sarà lui a fare le valigie. E già, perché il tecnico argentino non lo vede proprio e sinora lo ha portato in panchina soltanto perché aveva mezza squadra ai box. La situazione del fantasista spagnolo è destinata a peggiorare con il ritorno tra i disponibili di Toni Kroos, Gareth Bale e Marco Asensio. Quando questo succederà, infatti, Isco potrebbe addirittura ritrovarsi in tribuna. E, in quel caso, potrebbe essere lui a telefonare a CR7. 

Intanto, il Real Madrid ha deciso di pagare la clausola di rescissione di Militao (50 milioni) che il Porto ha prelevato dal San Paolo la scorsa estate per appena 4 milioni. Il difensore centrale brasiliano, però, rimarrà al Do Dragao fino a fine stagione.

Che il tormentone cominci. La bandiera a scacchi la sventola direttamente Kylian Mbappé, che poi sarebbe anche il premio, della corsa… E la sventola, la bandiera a scacchi che apre la corsa ed il tormentone, pronunciando una frasetta semplice-semplice la quale, pur avendo poco di trascendentale, non può che provocare delle conseguenze e delle riflessioni. 

Al giovane campione francese viene infatti chiesto se sia possibile che cambi squadra, se sia possibile un suo passaggio ad esempio al Real Madrid. Lui – pur nei limiti dei perimetri di diplomazia consigliati nel manuale del buon calciatore ai tempi del calciomercato – si dimostra più possibilista del previsto. «Io sto bene qui a Parigi, ma nel calcio e nel futuro, non si sa mai». Poi la precisazione temporale: «Sono molto contento di come stanno andando le cose al Paris Saint-Germain, sono sotto contratto fino al 2021 e quindi non è il momento di pensare a nient’altro». 

 Vien da sé che frasi del genere rappresentino musica per le orecchie dei direttori sportivi dei top club europei. O meglio, di quella ristretta cerchia di top club europei che sono almeno potenzialmente in grado di approfittare di una situazione del genere: rottura tra Mbappé e Paris Saint Germain o fumata nera nell’ambito delle trattative di rinnovo. Indubbiamente parliamo del Real Madrid e del Barcellona, delle grandi corazzate inglesi (Manchester City in primis) e della Juventus, che ha compiuto una crescita enorme in termini di peso specifico nel gotha del calcio internazionale e che, soprattutto, un ulteriore gradino lo vuole scalare.  

Le frasi di cui sopra pronunciate da Mbappé riportano infatti alle mente quanto detto dal presidente bianconero Andrea Agnelli pochi mesi fa in una intervista rilasciata al Financial Times (settembre, la data di pubblicazione): «Dobbiamo essere in grado di conquistare il prossimo Cristiano Ronaldo, ma all’età di 25 anni. Pianificheremo, uno dopo l’altro, gli ultimi passi rimanenti per diventare inumeri uno». Ebbene, dopo quelle frasi presidenziali la maggior parte degli identikit del “prossimo Cristiano Ronaldo” portava proprio al nome di Mbappé. 

Si tratterebbe ovviamente di una operazione monstre dal punto di vista economico. Per avere l’attaccante, nel 2017, il Psg era arrivato a versare nelle casse del Monaco la bellezza di 145 milioni di euro (le indiscrezioni riportano di ulteriori 35 milioni di euro di bonus legati ad obiettivi raggiunti e rendimento del giocatore). 

Quanto all’ingaggio, però, al momento siamo alle briciole (si fa per dire) rispetto a quanto la Juventus versa a Ronaldo. Se infatti il portoghese percepisce 31 milioni di euro netti a stagione, il francese ha un ingaggio a crescita progressiva che è partito da quota 7 milioni all’anno e sale ad un massimo di 12 milioni (con bonus di 500mila euro in caso di vittoria del Pallone d’oro). 

La Juventus, con Ronaldo, sta concretamente verificando di buon grado che un certo tipo di operazione non soltanto dà frutti in campo, ma anche fuori dal campo in termini di ricavi da marketing e sponsorizzazioni. Uno stimolo in più per tentare il colpaccio. 



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