L’azienda bresciana che trasforma le maschere da mare in respiratori



Gli ospedali di tutta Italia continuano a denunciare la mancanza di strumenti fondamentali per curare i pazienti affetti dalla covid-19, la malattia provocata dal virus SARS-CoV-2. L’allarme potrebbe presto riguardare anche le maschere C-PAP (acronimo di Continuous Positive Airway Pressure) ospedaliere per la terapia sub-intensiva. L’idea per far fronte alla possibile penuria di questo tipo di dispositivi, che permettono di fornire ventilazione artificiale a un paziente con difficoltà respiratorie, è venuta a un ex primario dell’Ospedale di Gardone Val Trompia, in provincia di Brescia (uno dei Comuni italiani più colpiti dall’emergenza coronavirus). Il progetto del dottor Renato Favero è tanto semplice quanto geniale: si tratta di costruire una maschera respiratoria d’emergenza riadattando una maschera da snorkeling full face già in commercio.

Coronavirus, l’azienda bresciana che ha trasformato una maschera da snorkeling in un respiratoreLe maschere EasyBreath di Decathlon

«Settimana scorsa il dottor Favero si è presentato da noi per proporci l’idea. Era venuto a conoscenza della nostra azienda attraverso un medico dell’Ospedale di Chiari, struttura per la quale stavamo realizzando con stampa 3D delle valvole d’emergenza per respiratori», racconta al Corriere della Sera Alessandro Romaioli, 28 anni, ingegnere dei materiali di Isinnova, azienda bresciana specializzata in progetti innovativi che qualche giorno fa è stata citata dai media di tutto il mondo proprio per le sue valvole per respiratori stampate in 3D. «Abbiamo analizzato la proposta con il dottore e abbiamo concluso che la maschera Easybreath di Decathlon fosse quella che si prestava meglio alle nostre esigenze, dal momento che è molto diffusa: da Decathlon ci hanno detto che ne hanno decine di migliaia a magazzino, e ci hanno fornito il disegno CAD del prodotto».



I raccordi di collegamento

Ci sono volute tre ore di lezione affinché l’ex primario riuscisse a spiegare nei dettagli ai cinque ingegneri di Isinnova che lavorano ancora in ufficio (in totale sono 14) come avviene la respirazione all’interno di una maschera C-PAP. «A quel punto abbiamo smontato e studiato una delle maschere di Decathlon per valutare le modifiche da fare. Infine abbiamo progettato e stampato in 3D i raccordi di collegamento tra la maschera e tubi ospedalieri standard. Abbiamo realizzato dei prodotti il più commerciali possibile, in grado di adattarsi alla maggior parte dei tubi usati negli ospedali».

La corsa contro il tempo

Alcuni prototipi della maschera Decathlon con i raccordi di Isinnova sono quindi stati testati all’Ospedale di Chiari. «Il progetto funziona. La Protezione Civile di Brescia ha già acquistato 500 maschere da Decathlon. Noi ci occupiamo di fornire i raccordi, gratuitamente. Abbiamo chiesto aiuto a vari stampatori 3D della zona, perché da soli non riusciamo a stare dietro a una domanda simile», prosegue il 28enne. «Attorno a questa iniziativa si è creata una rete di solidarietà impressionante, che all’estero ci invidiano», aggiunge Cristian Fracassi, 36 anni, ceo e fondatore dell’azienda. «Non siamo abituati a lavorare a questi ritmi e con questa pressione addosso: un minimo errore può costare vite umane. Sto dormendo quattro ore a notte e ho perso cinque chili in otto giorni… Ma nello stesso tempo siamo davvero felici di poter essere d’aiuto».

Un prodotto per le emergenze

Isinnova ha condiviso sul proprio sito le istruzioni per costruire il raccordo tra maschera e tubi ospedalieri, ribattezzato “valvola Charlotte” in onore della moglie di Fracassi (che si chiama Carlotta). «Per impedire eventuali speculazioni sul prezzo del componente abbiamo deciso di brevettare in urgenza la valvola, che stanno già testando in varie strutture. Ma il brevetto rimarrà ad uso libero, in modo che tutti gli ospedali possano usufruirne», sottolinea Romaioli. Un altro tema che l’azienda sottolinea è il fatto che il dispositivo costituisce una soluzione estrema: «Tutte le maschere C-PAP ospedaliere hanno svariate certificazioni, la nostra no: è un prodotto modificato artigianalmente, per sopperire alle emergenze. Bisogna sempre preferire quello certificato». Prima di usare la maschera inventata dal dottor Favero insieme agli ingegneri di Isinnova i pazienti devono infatti firmare una dichiarazione scritta attraverso cui accettano l’utilizzo di un dispositivo biomedicale non certificato.



Lascia un commento