Lucio Dalla, 4 marzo 1943: la storia e il significato della canzone



E’ l’artista di cui si è scritto di più, ma sui primi anni della sua carriera c’era un vuoto. Chi era Lucio Dalla? Com’è diventato un cantante di successo? A colmare il gap è Paola Pallottino, la paroliera che lanciò il musicista bolognese, facendogli poi conquistare il grande pubblico con il brano 4/3/1943, sua data di nascita. Dall’incontro di lei con il giornalista Massimo Iondini è nato il libro Paola e Lucio (Edizioni La Fronda), che in questi giorni ricorda l’anniversario e la scomparsa del cantante (il 1° marzo 2012).



Un sodalizio breve ma intenso, che portò a successi quali Gesubambino appunto, Un Uomo come me, Anna Bellanna, il Gigante e la bambina, cantata da Ron, e La ragazza e l’eremita, ancora nel cassetto… Le prime impressioni sono quelle più incisive. «Gli portai le mie poesie e lui mi chiese altri testi. Nacque così il nostro primo 45 giri, Orfeo Bianco, esattamente 50 anni fa. Lo ricordo come un genio di straordinaria intelligenza, piccolo e buffo. Si metteva a suonare al pianoforte in perizoma, era coperto di peli», racconta Pallottino, riferendosi alla frequentazione della casa bolognese dell’artista. «Era di pochissime parole, riservato sulle questioni riguardanti la sua vita privata.

Non parlava né di ragazze né di ragazzi. Sua madre, Iole Melotti, ti squadrava per capire se eri utile o no per il futuro del figlio prima di ammetterti in casa. Era religiosissima e fu lei la regista dei suoi primi passi. Fin da quando Lucio aveva sei anni, lei, modista, gli cuciva gli abiti per i balletti che interpretava a teatro e gli confezionò anche la camicia con cui andammo a Sanremo nel 1971. Leggenda narra che, vedendo che il figlio non cresceva, la madre gli somministrò un intruglio di ormoni, che però lo fece diventare villoso. I due erano legatissimi e quando lei è mancata il figlio portò la sua salma in carrozza per fare un giro sui colli bolognesi».

Quella di Lucio e Paola fu una curiosa coppia artistica. Lui aveva perso il padre all’età di sei anni. Lei, figlia di un professore universitario, faceva l’illustratrice di fiabe, e da ragazza aveva sofferto come fosse un’orfana perché la madre, a causa di una malattia, non era stata affettivamente presente. L’intensità di Gesubambino nacque probabilmente da quel doppio vuoto. «Era una canzone cucita per lui: lo vedevo come un piccolo Orfeo e volevo ripagarlo della perdita del padre. Poi, in realtà, venne fuori una canzone sulla madre». A causa della censura, Dalla cambiò il nome Gesubambino in 4/3/1943. «Frasi come “Giocava alla Madonna col bimbo da fasciare” furono cambiate, stravolgendone il significato.

Ma Lucio, anni dopo, volle registrarla con il testo originale. A quel Sanremo 1971 conquistammo il terzo posto e fummo i vincitori morali. Ricordo i discografici di Rca a idolatrarlo, mentre fino al giorno prima non gli avevano dato fiducia, tanto da stampare pochissime copie del disco. Il mattino dopo, alle 9.30, erano già andate esaurite», ricorda Pallottino. «Fino a quel momento Dalla era stato bravo ma inconcludente dal punto di vista delle vendite, però i discografici di Rca vollero aspettare che il suo talento si rivelasse. Se Dalla fosse agli inizi di carriera oggi, verrebbe scartato subito», aggiunge Iondini.

Il sodalizio Dalla-Pallottino andò avanti fino alla rottura con Il gigante e la bambina. «Mi ero ispirata alla notizia di cronaca di un ragazzo che aveva rapito una bambina per bisogno d’affetto, senza farle del male. Io ci avevo aggiunto un finale in cui lui la uccide per salvarla dalla volgarità della gente. Era una canzone pensata per lui, ma Dalla ne scrisse la musica e la diede all’amico diciottenne Rosalino Cellamare (poi ribattezzato Ron dallo stesso Dalla). Ne seguì una lite furibonda tra noi», dice l’autrice. Oltre ai ricordi di Pallottini, Iondini ha raccolto nel suo libro le testimonianze di molti artisti vicini al cantante bolognese, da Gianni Morandi ad Angelo Branduardi. Prima di quel memorabile Sanremo, a fare entrare l’artista nella case degli italiani era stata la Tv, nel 1970. «Dalla aveva presentato il programma Gli eroi di cartone, in cui raccontava i personaggi dei cartoni animati, sul primo canale.

Fu così che conquistò un posto nel cuore di tutti i bambini dell’epoca », ricorda il giornalista de L’Avvenire. «Lui stesso si definiva un fumetto in carne e ossa ». Tra i più grandi sostenitori del suo genio musicale ci fu Renzo Arbore, con la trasmissione Bandiera gialla. «Arbore racconta che sua madre era una cliente della mamma di Dalla, che girava l’Italia coi suoi modelli, così lui, già a sette anni, giocava col piccolo Lucio di quattro, mentre le due donne provavano i vestiti. A metterlo su un palco, musicalmente parlando, era stato Gino Paoli, che lo sentì suonare il clarinetto e lo fece debuttare nel 1964 con la cover Lei (non è per me).

Nel 1967, però, litigarono pesantemente perché secondo il suo mentore, Dalla non fece tutto il possibile per fermare il festival dopo il suicidio di Luigi Tenco. “Quella volta lo attaccai al muro”, mi ha detto Paoli, che nel libro ricorda la capacità del cantautore bolognese di essere un musicista a tutto tondo. Il suo modo di cantare, infatti, veniva dalla sua maniera di suonare il clarinetto: cantava come suonava ». Il suo rapporto artistico e di amicizia più intenso è stato quello con Ron. «Lo conobbe nel 1970 quando aveva 16 anni e hanno percorso tutte le tappe della carriera insieme.

Acquistarono anche casa l’uno accanto all’altro alle Tremiti e proprio Ron gli fece apprezzare la chitarra». Quanto al suo vissuto interiore, «nel 1980 Dalla dichiarò: “Sono un comunista in crisi e vado sempre a messa”, frase che sintetizza perfettamente la sua dualità. Aveva una religiosità granitica e un forte bisogno di redimere ogni sua trasgressione purificandosi. Basti pensare all’album Canzoni, con il brano Vieni Spirito di Cristo che segue a Disperato Erotico Stomp.

Andava a messa nella Basilica di San Domenico. Rendeva partecipe Padre Bernardo Boschi di ogni momento della sua vita, perché voleva dare un senso spirituale a tutto ciò che gli accadeva. Spesso gli chiedeva anche di poter rimanere in raccoglimento in una cella del convento per un giorno intero ». L’attualità delle sue canzoni stupisce ancor oggi. «L’idea di fare il libro è nata quando Paola mi ha parlato del brano La ragazza e l’eremita.poi pubblicato da Angelo Branduardi nel 1994. Ho ritrovato la registrazione di prova fatta da Dalla nei primi Anni 70 ed è fortissima. La ragazza che si uccide per vergogna dopo la violenza subita parla di noi». E siamo sicuri che Sony, che ne detiene i diritti, la pubblicherà presto.



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