Meghan Markle aborto, il dolore più grande non può stare in silenzio



La perdita di un figlio che ancora non ha visto la luce è il dolore più lancinante per una madre. Ma è anche un dramma familiare che si tende a soffocare nella solitudine delle mura domestiche. Meghan invece ha deciso di rendere pubblica l’esperienza lacerante dell’aborto spontaneo che ha vissuto in prima persona.



E forse non per la prima volta: in queste ultime ore è riaffiorato dagli archivi fotografici uno scatto del 2014 in cui l’allora signorina Markle, star di Suits, presenziando a un red carpet, mostrava raggiante a favor di camera un pancino tondo.

Era l’8 febbraio. Fino a settembre di quell’anno Meghan non partecipò ad altri a eventi pubblici. E quando tornò alla ribalta il gonfiore sospetto era sparito. Forse non sapremo mai la verità sulla fotografia – di cui si è parlato anche quando rimase incinta di Archie – ed è anche giusto così: ammesso che si sia trattato di una perdita, che rimanga confinata nel privato.

Ma su ciò che è successo a luglio di quest’anno Meghan ha invece deciso di parlare, trasformando il vissuto in messaggio sociale. Anzi, politico. Lo ha fatto in un articolo che ha scritto, con parole semplici e dritte al cuore, sul quotidiano americano New York Times.

«Era una mattina di luglio che iniziava come qualsiasi altro giorno: la colazione, la pappa ai cani, la ricerca del calzino nascosto. Mi sono legata i capelli prima di prendere mio figlio dalla culla. E dopo avergli cambiato il pannolino, ho sentito un forte crampo.

Mi sono lasciata cadere a terra con lui tra le braccia, canticchiando una ninna nanna per farci stare entrambi calmi. Sapevo, mentre stringevo il mio primogenito, che stavo perdendo il secondo. Ore dopo, in un letto d’ospedale, tenendo la mano di mio marito, guardando il cuore di Harry che si spezzava, mi sono resa conto che l’unico modo per iniziare a guarire è chiedersi: “Stai bene?”».

Ecco la domanda ricorrente che Meghan sostiene debba diventare virale per far sentire meno sole le donne e le famiglie che devono superare una perdita tanto incomprensibile quanto comune: l’aborto spontaneo si verifica in una gravidanza su quattro. E quella domanda, ha tenuto a sottolineare Meghan, le è stata posta assai di rado durante la sua vita da “membro interno” di casa Windsor.

Anche stavolta, dunque, il rapporto tra i duchi di Sussex e la corona britannica entra nel girone infernale dei giudizi, dei commenti, delle scelte di campo. C’è chi, come lo zio di Harry, Charles Spencer, ha elogiato la duchessa per il coraggio della sua esternazione. Ma in terra inglese l’articolo firmato Meghan, “mamma, femminista e attivista”, ha riscosso critiche taglienti. I media hanno immediatamente paragonato la loquacità della duchessa alla proverbiale riservatezza che i membri della famiglia reale mantengono sulle vicende private. “Si tratta di una questione profondamente personale che non vorremmo commentare”, ha detto Palazzo

. Comunicato che esprime il pensiero di Elisabetta II: non si ha memoria, ha ricordato anche Estelle Shirbon, editorialista dell’agenzia Reuters, di confidenze sul privato rilasciate dalla sovrana a Tv o giornali. Al punto che dovette essere uno sforzo immane, per lei, registrare su richiesta dell’allora premier Tony Blair il messaggio di afflizione per la tragica morte di Diana. Non perché tale tristezza fosse finta, ma perché non lo riteneva un tema di rilevanza istituzionale. Diana che, per inciso, è stata l’unica, prima della nuora americana, a raccontare i propri patimenti privati nella storica intervista alla trasmissione Panorama, nel 1995, suscitando sdegno nella famiglia del marito.

Meghan di tabù ne ha infranti parecchi in due anni e mezzo di vita da Windsor, molti dei quali sono richiamati in questa lettera sul New York Times. Ha parlato di senso di solitudine e abbandono mentre stava ancora allattando Archie. Della questione razziale, ricordando le morti di Breonna Taylor – uccisa dalla polizia durante una perquisizione in casa sua, a Louisville – e George Floyd, soffocato da un agente a Minneapolis. E poi certo, si è esposta sulle elezioni. Prima sostenendo la campagna pro-voto, poi denunciando le contestazioni dei risultati da parte di Trump.

Tutto ciò ha un significato. Meghan non è più parte della famiglia reale perché ha scardinato tutte le regole antropologiche della vita da reale: non vuole essere super partes, vuole partecipare, dire la sua, secondo quell’adagio coniato dalla nostra Emma Bonino: “Il privato non è pubblico, ma il personale è politico”.

Anche volendo, tornare indietro per i duchi di Sussex è impossibile. E lo dimostrano pure le sorti di Frogmore Cottage, la residenza a Windsor ristrutturata per ospitarvi Harry, Meghan e Archie, allora nascituro, che la famiglia ha abitato per pochi mesi prima di trasferirsi in Canada. Ebbene, la coppia ha deciso di cederne l’uso a Eugenie di York, cugina di Harry, e al marito Jack Brooksbank, che aspettano il loro primo figlio per l’inizio del nuovo anno. Un gesto generoso, dettato da riconoscenza visto che Eugenie è stata una delle prime (e delle poche) parenti ad accogliere Meghan a braccia aperte. Ed è anche una delle personalità più schiette di casa Windsor: il suo vestito da sposa era scollato sulla schiena in modo da rendere visibile la cicatrice dell’intervento subito all anni a causa di una grave forma di scoliosi. Anche lei ha preferito esibire il proprio dolore nel tentativo, davvero nobile, di alleviare quello altrui.



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