Sindrome della capanna, la grande paura di tornare a vivere



Con la fine del lockdown è iniziato un nuovo periodo che dovrebbe riportarci verso la normalità. Siamo più liberi di muoverci, a breve anche tra le regioni, non abbiamo più bisogno dell’autocertificazione per giustificare _ i nostri spostamenti. Alcuni sono tornati al lavoro e da qualche ‘ giorno possiamo finalmente rivedere gli amici e gli affetti da  cui siamo stati separati per oltre due mesi. Eppure questa nuova fase non è affatto semplice per molti di noi.



La Società italiana di psichiatria (Sip) ha stabilito che oltre un milione di italiani si trova in difficoltà ed è colpita dalla “sindrome della capanna”: conosciuta anche come “sindrome del prigioniero” è caratterizzata da una paura più o meno accentuata di uscire di casa e tornare alla vita di prima.

Alcune persone più predisposte rischiano di sviluppare disagi più seri, psicopatologie e disturbi dell’adattamento. Questi dati non si riferiscono alle persone colpite dal Covid-19 o al personale sanitario che è stato coinvolto in prima linea e che presenta sintomi post traumatici, ma al resto della popolazione. La sindrome della capanna è una reazione del tutto normale, anche in soggetti molto equilibrati, in seguito al periodo di isolamento vissuto.

Abbiamo trascorso oltre due mesi nelle nostre abitazioni percependole come l’ unico luogo sicuro, le abitudini e le routine precedenti sono state bruscamente interrotte e al loro posto, giorno dopo giorno, se ne sono create di nuove. Due mesi sono sufficienti per creare un adattamento nuovo, al quale molti di noi fanno fatica a rinunciare. Da un lato ci sono il timore del contagio tutt’ora presente e la prudenza, che fanno da deterrente al desiderio di uscire di casa anche per attività piacevoli. Dall’altro, la vita esterna è molto rallentata, alcuni negozi non hanno ancora riaperto, occorre premunirsi di mascherina e guanti per accedere negli spazi chiusi, ci sono code e distanze da rispettare, procedure da seguire poco naturali, come passare l’igienizzante all’ingresso e all’uscita di qualsiasi negozio. A livello psicologico tutto questo non invoglia a uscire, soprattutto se pensiamo di potere riprendere adesso la vita che conoscevamo prima della pandemia.

I sintomi della sindrome della capanna possono protrarsi per qualche settimana, in genere meno di un mese: dopo questo periodo se persistono e sono accompagnati da preoccupazioni economiche e forti incertezze verso il futuro, c’è la probabilità che si trasformino in un disagio più strutturato come la depressione o un disturbo d’ansia. In questi casi è bene rivolgersi a un terapeuta e iniziare un percorso mirato.

Anche l’attività lavorativa è stata completamente rivoluzionata e si predilige la modalità smart working. Molti manager e amministratori delegati di aziende e multinazionali preferiscono lavorare da casa e fissare riunioni e videoconferenze attraverso piattaforme digitali come “Zoom”, molto utilizzata anche per la didattica a distanza.

Nonostante ci sia una maggiore libertà in questa fase, le persone tendono a conservare le abitudini apprese nei precedenti due mesi. Inoltre ciascuno di noi può manifestare i sintomi di questa sindrome in modo differente: alcuni non provano timore a uscire, ma hanno poca ispirazione e un vero e proprio blocco della creatività, poca energia, una sensazione di spossatezza e mancanza di interessi.

Per sentirsi meglio e riprendere in mano la propria vita è importante partire da piccoli passi e riorganizzare una nuova routine giornaliera, aggiungendo ogni settimana qualcosa di diverso che preveda un contatto con l’esterno e con gli altri. Per esempio si può uscire per un obiettivo piacevole, come una passeggiata nel verde: il contatto con la natura è un toccasana per la nostra mente, i colori e i profumi stimolano il cervello a creare immagini rasserenanti che contrastano quelle allarmistiche degli ultimi mesi. Ancora meglio se usciamo con una persona di fiducia: il distanziamento non significa solitudine e la solidarietà è fondamentale per vincere i sintomi. I dispositivi informatici ci hanno permesso di fare molte cose durante l’isolamento ma adesso è bene staccare da smartphone e pc per qualche ora al giorno: il rischio è l’alienazione soprattutto per i giovanissimi. Infine concentriamoci sul presente, e sulle piccole cose da fare durante la giornata, da sempre il segreto della felicità, ancora di più in un momento in cui è difficile fare previsioni a lungo termine.



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