Alessandro Borghese, la sua carriera è inizia con una brutta disavventura



Dopo il successo di “4 Ristoranti” che lo ha reso un volto noto tra i cuochi della televisione, Alessandro Borghese dallo scorso 26 ottobre è il conduttore di “Game of talents” su Tv8, un nuovo gioco in prima serata che vede in azione due squadre capitanate rispettivamente da Mara Maionchi e Frank Matano. Per lui, ormai abituato alla tv e alle telecamere ma solo per show culinari, questa è stata una vera novità: «Quando me lo hanno proposto ci ho pensato un po’ e poi mi sono detto: “Perché no?”.



È una sfida e l’ho accettata con entusiasmo. – ha detto il cuoco e conduttore al “Corriere della Sera” – Questo show è divertente e mi consente di utilizzare la mia chiave ironica. E, comunque, un pizzico di cucina me la sono portata dietro, per esempio con il gioco “Bolle in pentola”».

D’ altronde Borghese ha una visione di se stesso piuttosto ampia, che non si limita a qualche piatto gustoso da preparare ma si occupa di cucina a 360 gradi: «Io sono un imprenditore gastronomico e faccio programmi che vanno bene.

Tutto quello che arriva in seguito è fortuna: perché non cogliere le opportunità che si presentano?». Proprio riguardo al suo ruolo da imprenditore, però, di recente Alessandro ha fatto molto parlare di sé per le sue affermazioni riguardo i giovani e il lavoro, il loro rapporto con il mondo della ristorazione e come sono cambiate le cose soprattutto in questo campo dopo la pandemia: «Sono alla perenne ricerca di collaboratori: vorrei tenere aperto un giorno in più, il martedì, e aggiungere il pranzo anche in settimana. Ma fatico a trovare nuovi profili, sia per la cucina che per la sala. – ha detto in proposito – Non credo che la figura del cuoco sia in crisi, ma ci si è accorti che non è un lavoro tutto televisione e luccichii.

Si è capito che è faticoso e logorante. E mentre la mia generazione è cresciuta lavorando a ritmi pazzeschi, oggi è cambiata la mentalità: chi si affaccia a questa professione vuole garanzie. Stipendi più alti, turni regolamentati, percorsi di crescita. In cambio del sacrificio di tempo, i giovani chiedono certezze e gratificazioni.

In effetti, prima questo mestiere era sottopagato: oggi i ragazzi non lo accettano». Come molti imprenditori, anche Alessandro Borghese ha dovuto affrontare di recente tanti problemi per portare avanti nel modo migliore il suo ristorante anche se le cose adesso sembrano essere migliorate: «Finalmente c’è profumo di ripartenza, tornano le liste d’attesa nelle prenotazioni, questo ci fa ben sperare e ci inorgoglisce. Ma bisogna rinunciare a delle opportunità perché mancano le risorse.

Prima del Covid c’era la fila di ragazzi fuori dai ristoranti, oggi non si vuole più fare questo lavoro. Io ho un ritmo di due-tre colloqui al giorno, ma poi non riesco ad assumere, perché tanti non stanno davvero cercando, si vede che non sono interessati… Io cerco la misura: persone che magari non sanno cucinare benissimo, ma che siano educate e desiderose di imparare. La mia azienda saprà ricompensarle: noi ai dipendenti offriamo anche corsi di inglese e di sommelier».

Apriti cielo, questa dichiarazione è stata subito letta come un’accusa ai giovani che non vogliono lavorare quando forse, invece, è stata più un’accusa alla sua generazione che pur di imparare e di fare gavetta era disposta a una gavetta durissima e spesso sottopagato e sfruttata. I tempi sono cambiati, le nuove generazioni entrano nel mondo del lavoro già molto preparati dopo anni di studi e quindi hanno ragione a pretendere situazioni migliori.

Comunque, tanto è bastato per trasformare Borghese nel nemico del giorno sui social dove, come quasi sempre, nessuno ha analizzato il suo ragionamento limitandosi all’attacco, almeno fino al giorno dopo quando il “nemico“ è diventato qualcun altro. Il lockdown da pandemia, comunque, è servito al famoso cuoco quarantacinquenne per capire che forse era arrivato a sostenere un’attività fin troppo frenetica. Rimasto quel periodo a casa con la moglie Wilma, le figlie e la suocera, Borghese ha potuto ben riflettere sulla sua vita e il suo lavoro: «Per anni ho girato l’Italia per il programma e trascorso le serate nel mio ristorante milanese, a cucinare fino a mezzanotte…

Ho realizzato che forse facevo troppo, e che dovrò cambiare l’organizzazione della mia vita. Rallentare», ha ammesso con sincerità. E pensare che Alessandro ha iniziato la sua carriera di cuoco da giovanissimo vivendo subito una brutta disavventura. Si trovò infatti coinvolto nell’incendio occorso all’imbarcazione Achille Lauro nel 1994, quando aveva soltanto 18 anni: «Era la serata del comandante, quindi eravamo tutti vestiti eleganti.

È scoppiato il panico: un incendio gigantesco a bordo, un sacco di cose piuttosto brutte. – ha ricordato a “Rolling Stone” – Ero molto incosciente, avevo 18 anni, quindi mi ricordo che sono sceso nella mia cabina, che era già allagata, per prendere il mio walkman, che mi avevano regalato mamma e papà, e un marsupio con il passaporto. Mi ricordo un momento: ero sul ponte, ci fu un’enorme esplosione di una delle ciminiere… e io in quel momento ho pensato “è finita”, perché c’era un grande silenzio ». Invece per fortuna, dopo due giorni passati sulle scialuppe di salvataggio, il futuro re degli chef tv fu portato in salvo. Una curiosità: Alessandro ha ereditato la sua passione per i fornelli da suo padre, l’imprenditore napoletano Luigi Borghese.



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