Benno Neumair, ora si attende la perizia psichiatrica



Nessun colpo di scena. Che Benno Neumair fosse colpevole dell’omicidio dei genitori, spariti il 4 gennaio e mai più tornati nella villetta di Bolzano dove vivevano, lo pensavano già in tanti. Forse tutti. Mancava solo la piena confessione di questo giovane difficile, dalla personalità disturbata: supplente di matematica allontanato da scuola perché violento, istruttore di fitness ossessionato dalla forma fisica e dipendente dai farmaci anabolizzanti, tornato a casa dai suoi dopo un breve ricovero in psichiatria.



I magistrati hanno raccolta in due tempi: una prima ammissione dopo l’arresto, a fine gennaio, ma gli atti erano secretati e la notizia non era trapelata, e ora un racconto dettagliato: la lite con il padre «per i soliti motivi» – i soldi, i “no” che Peter, il padre, gli diceva su tutto scatenando la sua aggressività – una breve colluttazione, poi Benno prende una corda da arrampicata e gliela stringe al collo «per farlo stare zitto».

A quel punto, sempre nella ricostruzione del giovane, arriva anche la madre Laura Perselli. «Era appena successo, non le ho nemmeno dato il tempo di togliersi il cappotto e quando è entrata ho strangolato anche lei», scandisce. Uno dopo l’altro, poi, si carica i cadaveri in spalla, li porta giù per le scale, li mette nel baule della Volvo di famiglia e va a buttarli nell’Adige dal ponte di Ischia Frizzi, a sud della città.

Quello della madre è stato rinvenuto il 6 febbraio, quello del padre lo stanno ancora cercando. Infine Benno occulta le prove, pulisce casa, compra acqua ossigenata per eliminare ogni traccia. Questo è quanto. Ma la vicenda è tutt altro che risolta. La procura ha chiesto la perizia psichiatrica: l’esito farà la differenza. Se Benno, che per omicidio premeditato e occultamento di cadavere rischia l’ergastolo, venisse dichiarato incapace di intendere e di volere se la caverebbe con l’ospedale psichiatrico. Ipotesi che fa inorridire la sorella Madè, convinta della sua colpevolezza fin dal primo giorno. «Ma è alquanto improbabile che questo avvenga», dichiara Roberta Bruzzone, criminologa investigativa e psicoioga forense.

«Il ragazzo è affetto da un disturbo narcisistico molto serio, ma non si tratta di una patologia che inficia la sua lucidità. Al contrario, credo che abbia agito nel pieno possesso delle sue facoltà e abbia confessato non perché pentito – i narcisisti non sono inclini ai sensi di colpa – ma perché non aveva altra scelta».

L’esperta non si ferma qui. «La sua versione suona falsa, costruita. Benno sa di rischiare il massimo della pena e vuole far credere agli inquirenti di aver agito d’impulso, senza 1’aggravante della premeditazione. Per questo sostiene di aver litigato violentemente con il padre e di aver ucciso la madre perché colto in flagrante. Ma la sua tesi non regge, ci sono molti elementi che portano in un’altra direzione, che mi fanno credere che avesse scelto quel pomeriggio per uccidere entrambi i genitori perché sapeva che sarebbero stati in casa in momenti diversi. A dircelo sono tante piccole cose.

La più eclatante è la storia dell’auto: all’amica che doveva vedere la sera del 4 gennaio aveva annunciato che l’avrebbe avuta a disposizione. Ma la Volvo era dei genitori, che non gliela volevano prestare, anzi avevano preso l’abitudine di nascondere le chiavi. Questo dettaglio fa pensare che Benno sapesse già che qualcosa sarebbe cambiato, che a breve non avrebbe avuto impedimenti. Inoltre a scuola, dove lavorava, aveva chiesto con anticipo di prolungare le ferie natalizie, come se avesse qualche faccenda da sbrigare. Peter Neumair, poi, era alto e robusto: per avere la meglio su di lui, è più facile che il figlio labbia colto di sorpresa. Anche il fatto che mentre portava in macchina i cadaveri non abbia incontrato nessuno dei vicini mi fa sospettare che avesse studiato il momento migliore per attuare il piano omicida.

Infine i tentativi di depistaggio dei giorni successivi, che a mio avviso denotano una lucida volontà». Persino una punta di compiacimento, che Bruzzone legge nella scelta di coinvolgere non una ma due amiche: alla prima ha affidato i vestiti indossati per il delitto da mettere in lavatrice, alla seconda ha chiesto di accompagnarlo all’autolavaggio a pulire l’auto. Di attenuanti, insomma, sembrano essercene ben poche. «Non la farà franca», conclude la criminologa. «Con ogni probabilità quel che lo attende è l’ergastolo».



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