Christian De Sica a cuore aperto sulla figlia e sua moglie



Questo articolo in breve

Christian De Sica non vede l’ora di mettersi in pigiama. Un pigiama rosso, di classe, nuovo di zecca, perché è così che accoglierà i suoi ospiti, radunerà la famiglia e darà il via alla festa di Natale. «Da qualche anno la sera del 24 dicembre facciamo un pigiama party nella nostra casa di campagna, in Toscana.



È una tradizione che ci piace onorare nella sua autenticità e nell’essenza di ciò che sentiamo rappresentare il Natale». Christian non ha il pigiama, ma un giubbino di pelle rossa mentre ci regala un assaggio del suo Natale, in esclusiva per Gente, nella casa romana, insieme alla moglie Silvia, alla figlia Maria Rosa, detta Mariù, e ai cagnetti baldanzosi.

Raccontaci la vostra magia natalizia. «Accendiamo il camino, le lucette dell’albero, mio figlio Brando cucina assieme al nostro amico storico Totò, che è un cuoco di livello, mentre mia moglie e mia figlia, Silvia e Maria Rosa, e la nostra amica Marina sistemano la tavola così bene che a volte mi commuovo, e danno pure retta ai nostri cani che a modo loro contribuiscono a far baldoria. Poi mettiamo in sottofondo la musica natalizia e iniziamo a raccontare.

La nostra vita, le storie, chi siamo oggi, come eravamo. E se butto un occhio ai regali impacchettati mi rendo conto che ciò che desidero davvero sta lì attorno a me. Che non esiste dono più bello che lo stare tutti insieme, in pigiama, scaldati dal fuoco e dal calore della famiglia: il motore di tutto.

Una sorta di bulldozer compatto e fortissimo capace di affrontare qualsiasi cosa». Nella commedia Chi ha incastrato Babbo Natale?, di e con Alessandro Siani, sei il Santa Claus più bianco e pacioso di sempre. «È il personaggio più buono e candido interpretato nella mia vita, anche se poi emerge la “cazzimma”, la grinta napoletana.

Ed è pure immenso: ho indossato un abito con la pancia in gomma piuma gigante. Sono pure ingrassato per entrare meglio nel ruolo. Peccato che ora io non entri più nei pantaloni. Vabbe’. Ma sono doppiamente felice». Perché? «Non solo perché ho lavorato con Alessandro Siani, che è molto bravo ed è un amico.

Ma perché questo family movie contiene un messaggio che va oltre la sana leggerezza che suscita nel vederlo. È un film che vuole abbracciare il pubblico e cerca di riportare la gente al cinema, a una parvenza di normalità dopo due anni difficili per l’emergenza sanitaria. Se ci pensi dà speranza e questo è bellissimo».

Lo è. E bellissimo è anche vedere “Babbo” De Sica con la figlia Maria Rosa. Quanto sei orgoglioso? «Moltissimo, di lei e anche di suo fratello Brando che fa il regista. Mariù è una costumista talentuosa e, in più, ha una voce fantastica. Sta studiando canto perché vorrebbe trasformare in professione la sua passione». Maria Rosa, che genere ti piace? «La musica che mi faceva ascoltare e che mi cantava papà da bambina mi è rimasta dentro: swing, jazz, la bossa nova, Barbra Streisand.

Ho un animo nostalgico e romantico. Ho suonato per tanti anni la batteria e quando capita di duettare con papà vivo momenti magici: la passione per la musica me l’ha trasmessa lui». Tu e Brando avete seguito le sue orme artistiche… «È così, ma sia papà sia mamma ci hanno sempre stimolato a trovare un percorso, a esprimerci in ciò che amavamo fare. Ci hanno fornito strumenti e coraggio per individuare la nostra strada, indipendente da quel che respiravamo in famiglia».

Anche per te, Christian, è stato così, con papà Vittorio De Sica e mamma Maria Mercader? «Io ricordo papà con i capelli bianchi, perché mi ha avuto a 50 anni. Mi ha sempre trattato come un adulto e mi dava del lei quando combinavo marachelle. A casa si dilettava a fare il regista, a me e a mio fratello Manuel faceva fare gli attori. La mia passione è nata così ed è cresciuta anno dopo anno».

Papà lo sapeva? «Quando gli dissi che volevo fare l’attore rimase un po’ male: “Ma come? Ti volevo laureato in Storia dell’arte”. Mentre studiavo, facevo serate nelle balere, il cameriere, le feste di piazza con il batterista che era Massimo Boldi.

Quando papà è mancato avevo 23 anni, la situazione economica non era affatto fluida. “Per fortuna ho un lavoro”, pensavo con gratitudine. Non ho mai smesso di esserlo: grato e rispettoso del lavoro e di chi ha creduto in me e mi ha dato tante possibilità».

Christian, stai guardando Silvia… Cosa rappresenta lei per te? «Siamo sposati dal 1980, ma ci siamo legati sette anni prima. Una donna innamorata ti dà la forza di fare cose che da solo non prenderesti in considerazione, tipo il teatro, film più impegnati.

Silvia mi consiglia, mi stimola e mi protegge, è il mio punto fermo, il mio angelo custode e io il suo». Oltre 46 anni uniti: qual è il segreto? «Ci rispettiamo, ci stimiamo, abbiamo passioni comuni, come arredare le nostre case.

E poi ridiamo, ridiamo molto insieme, anche di noi stessi. E sai cosa? Quando capita di pensare al domani, ci immaginiamo nel nostro salotto, con i cani che fanno caciara, i figli che ci vengono a trovare, magari, chissà, con i nipotini, gli amici di sempre. E noi due insieme, davanti al camino, con il pigiama rosso. Sono certo che penseremo con gratitudine a quanto è bella e generosa la vita».



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