Elena Santarelli la malattia di mio figlio Giacomo l’ha fatta crollare. Ecco cosa l’ha salvata



Lezione di vita numero uno: «Non si smette mai di imparare. Bisogna guardare e mettersi in ascolto di se stessi e di chi abbiamo attorno, cogliendo spunti per migliorarsi e poi condividere le proprie esperienze mettendole al servizio degli altri».



Lezione numero due: «È bene dare valore e gioire delle piccole e delle grandi cose. Ed essere grati. Profondamente. Ogni giorno. Senza dare nulla per scontato». Elena Santarelli condensa così il master esistenziale che ha affrontato da qualche anno a questa parte, ben raccontato in due libri: Una mamma lo sa, uscito nel 2019, una storia di dolore e rabbia, di speranza, amicizia e solidarietà, scritto per raccontare il tumore che ha colpito il figlio Giacomo, allora di 8 anni; e ora, fresco di stampa, Quando una mamma non lo sa. Sembra un’inversione di consapevolezza, ma non è così. «Nel primo libro parlavo di istinto, del sesto senso di una madre nell’avvertire che qualcosa nel proprio figlio non va anche se ti dicono il contrario.

Ora racconto una nuova consapevolezza, una rinascita e una visione positiva che ho raggiunto affrontando le domande che più volte mi hanno portato a pensare: non lo so dire, non lo so fare, con un senso di inadeguatezza », spiega Elena. «Dopo la paura, quella che ti paralizza, ma ti dà la forza di reagire, dopo essere usciti dal tunnel della malattia di Giacomo e aver ripreso pian piano a respirare, pregando ogni giorno che il Signore ci protegga sempre, abbiamo avuto un crollo emotivo. Io soprattutto (si ferma, prende fiato e poi continua, ndr).

Avevamo affrontato una situazione più grande di noi, mi pensavo immune da altri scossoni emotivi. Sono forte, non mi accadrà di crollare, mi dicevo. Invece è successo ». Come si manifestava questo crollo? «Nei momenti bui andavo in tilt. Avevo troppi quesiti e troppo poche risposte. Mi interrogavo su come affrontare certi argomenti, su come gestire le emozioni dei figli, su come crescerli facendoli sentire sicuri, sull’importanza del metodo nei compiti, dei paletti nei momenti si svago, su come gestire le dinamiche tra fratelli, eventuali episodi di bullismo. Le regole alle quali mi ancoravo, la razionalità, non mi supportavano come avrei voluto.

Così, grazie a un amico, nel 2019 ho incontrato la psicologa e psicoterapeuta Anna Rita Verardo. Da un bel po’ di tempo non mi segue più, ma è diventata un’amica». Tanto da aiutarti a realizzare questo prezioso volume. «Ho condensato domande e tematiche sulle quali mi soffermavo, e che mi rendevo conto essere comuni a tante famiglie, questioni che mi facevano vacillare. Nel mio libro ci sono le risposte che ho trovato confrontandomi con Anna Rita Verardo». Più che un libro, un vademecum per mamme… «Mi rivolgo a chi, in certi frangenti, non sa che pesci prendere, a chi si sente inadeguato e imperfetto, come mi sono sentita anche io. Mi rivolgo a mamme e papà, perché credo nella collaborazione.

Tra me e mio marito (Bernardo Corradi, ndr) è da sempre così. I consigli pratici contenuti nel libro spero possano aiutare a rendere più semplice il mestiere più complesso di tutti: il genitore, che si impara praticandolo e mettendosi in discussione». Hai due figli: Giacomo, oggi di 12 anni, e Greta, di 5. «Sono molto diversi. Lui è timido, riservato, ha dimostrato una resilienza commovente durante la sua malattia. Giacomo mi ha insegnato quanto può essere forte un bambino e quanto coraggio può infonderti con il suo esempio. Sono tanto orgogliosa di essere la sua mamma. Greta è piena di vitalità, chiacchiera sempre, è una bimba che si fa notare.

Anche io da piccola ero vulcanica, ma forse in casa ero più tranquilla, facevo meno capricci (sorride, ndr). Crescere un figlio è una scuola quotidiana: i miei mi hanno arricchita, mi stanno insegnando a dare loro più fiducia, a farli andare con le loro gambe, soprattutto Giacomo. Tendo a essere protettiva con tutti, con lui in modo particolare: fatico a pensare che ora faccia cose da solo». Gli uomini della tua vita sono due: oltre all’adoratissimo Giacomo c’è tuo marito Bernardo. «Siamo legati dal 2006 e lo sceglierei come compagno di vita altre mille volte. È paziente, affettuoso, collaborativo e mi ha sempre fatta sentire protetta.

Come padre, Bernardo è molto presente, mi supporta nelle regole, anche se tra noi il più morbido è lui, non fosse altro perché sono io che tengo il polso della situazione passando più tempo con i bambini». Hai da poco compiuto 40 anni… «Un’occasione in più per riflettere, per capire se i sogni e le aspettative che avevo da ragazza si sono concretizzate. E sai cosa ti dico? Che sono felice della donna che sono diventata.

Sono in armonia, ho acquisito una sicurezza che spero di poter trasmettere. E ho imparato a vedere il buono anche nelle situazioni più dure. Grazie alla malattia di Giacomo sono emerse alcune mie caratteristiche che la gente non mi riconosceva, forse perché si limitava al mio essere alta e bionda. Allora mi fermavano per dire: “Ammiro la tua forza, la dignità, l’empatia con la quale parli di argomenti delicati, nella speranza che la tua esperienza possa aiutare chi si trova nella vostra situazione”. Dal buio più pesto è emersa la luce che avevo dentro. Nella vita non si smette mai di imparare. Ora lo so».



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