Libero De Rienzo chi è? Età, Moglie Marcella Mosca, Figli, causa morte, film, autopsia, carriera e vita privata



P er il regista Marco Ponti il primo ricordo di Libero De Rienzo resta indelebile: «I provini per il cast di Santa Maradona andavano avanti da ore, la stanchezza si faceva sentire, lui entrò nella stanza e in 10 secondi capii che il ruolo di Bart era suo. Un colpo di fulmine». L’ultimo invece è di due giorni fa, al telefono: «Per qualche strana ragione, che non so neanche spiegare, ci chiamavamo Franco a vicenda. Non usavamo mai i nostri veri nomi.



Era tutto un “Ciao Franco, come stai?”, “Bene Franco, quando ci vediamo?”. Ridevamo tantissimo e, come in ogni colpo di fulmine, c’era un legame un po’ magico, irrazionale. Aveva il dono raro dell’empatia, entrava immediatamente in contatto con le persone e, in modo profondissimo, con i personaggi che interpretava. Il cinema italiano perde un grande talento». Il Bart di Santa Maradona, diretto da Ponti nel 2002, valse a De Rienzo un David di Donatello. E oggi è il suo ruolo più citato sui social nella valanga di saluti e omaggi di amici e ammiratori. «Con Libero pensavamo a come festeggiare, a ottobre, i vent’anni del film. Per me ora è un imperativo riportarlo al cinema. Perché il cinema è questo che fa: combatte la morte, fermando la vita. Il mio prossimo film lo dedicherò a lui».

Libero De Rienzo è nato a Napoli nel 1977 ed è cresciuto nel quartiere di Chiaia. La recitazione divenne subito una sua passione che coltivò negli anni raggiungendo un grandissimo successo. Intraprese la carriera dello spettacolo sulle orme del padre, Fiore De Rienzo, che è stato aiuto regista di Citto Maselli.

Durante la sua carriere vinse numerosi premi. Recitò nei due film di Marco Ponti: Santa Maradona (2001) e A/R Andata + Ritorno (2004). In quest’ultimo fu protagonista insieme a Vanessa Incontrada. Con il primo invece ottenne numerosi apprezzamenti e vinse il David di Donatello 2002 come miglior attore non protagonista.

Vita privata moglie Marcella Mosca

Come Libero era molto legato alla propria terra di origine (nonostante sia cresciuto nella capitale dall’età di 2 anni), anche Marcella non ha mai dimenticato le proprie radici di Procida: la coppia infatti aveva l’abitudine di recarsi spesso in vacanza sull’isola al punto che anni dopo i due hanno acquistato una casa, come raccontò l’attore alcuni anni fa.

“Mia moglie ha radici sull’isola e io ci venivo in vacanza da piccolo. Ora abbiamo una casetta lì, e ci passiamo un po’ di tempo quando possiamo”.

Secondo alcune dichiarazioni dell’attore la moglie, Marcella Mosca, ha radici sull’Isola ed avevano comprato una casetta per trascorrere le vacanze o il tempo libero ogni qualvolta potevano. Della moglie conosciamo molto poco, sul profilo Instagram di Libero de Rienzo appaiono poche foto con lei, l’ultima a Luglio 2020. Il profilo di Marcella Mosca invece è privato. Hanno due bambini di 6 e 2 anni ed uno dovrebbe chiamarsi Arturo come il titolo del romanzo di Elsa Mirante ambientato proprio a Procida ‘L’isola di Arturo’.

Libero De Rienzo certamente era scapigliato, ribelle, non allineato e questa prematura mortea44 anni conferma la aureola «maledetta», nella casella Mito. Non a caso iniziò in teatro con gli irrispettosi catalani della Fura dels Baus e nel corso del tempo fece sempre scelte originali, coraggiose: Miele di Valeria Golino (storia di eutanasia), Benzina di Monica Stambrini (storia gender), La macchinazione di Greco, sulla morte di Pasolini.

Libero era un personaggio pronto a camuffarsi, anche nel brillante, come dimostra, con calcolata ironia, nella saga Smetto quando voglio di Sibilia dove è uno dei soliti ignoti laureati disoccupati, spacciatori per bisogno: successone. Spesso recitava «ragazzi emarginati in cerca di futuro che morivano di speranza» come diceva. Senza manifesti in lui si specchiava una generazione. Tifoso del Napoli, città dove era nato il 24 febbraio ‘77, figlio d’arte di Fiore, assistente di Maselli e inviato tv, debuttante con Avati, sembrava tutto segnato: il nostro cinema aveva bisogno di facce come la sua.

Ma era roso dentro da un’angoscia che si evidenziò nel suo unico film da regista Sangue – la morte non esiste, quasi una tragedia elisabettiana in cui l’autore voleva dire tutto e subito, aiutato da Elio Germano, complice di una generazione in cerca di un baricentro. Le credenziali erano di bravo ragazzo dall’occhio azzurro tanto che, in un famoso spot del ‘96, insegnava dalla tv che il bello della pasta era il farti sentire a casa. Il primo punto di svolta fu nel 2001 la spiritosa commedia di trentenni chiacchieroni e immaturi, Santa Maradona di Marco Ponti per cui vinse il David di Donatello da non protagonista.

Il secondo jolly gli fu offerto da Marco Risi che lo scelse nel 2009 per Fortapàsc come giornalista napoletano Siani, ucciso nel 1985 dalla camorra: Di Rienzo assolse tutti i compiti del realismo e della denuncia. Ma poteva anche diventar grottesco come nella Kriptonite nella borsa di Ivan Cotroneo o malinconico pony express che scappa per debiti in A/R Andata + ritorno, bis di Ponti, con Vanessa Incontrada che perde la testa per lui.

Naturale che lo si incontri spesso in tv, aveva molti «phisique du role», nella miniserie su Nassiriya diretta da Soavi, dove è un carabiniere scelto, in quella su Moro di Tavarelli in cui accanto a Michele Placido è il brigatista Valerio Morucci, infine nel Caso Pantani. Gli ultimi titoli cui aveva partecipato sono il ben riuscito Easy – un viaggio facile facile, gustoso road movie familiare di Magnani, A Tor Bella Monaca non piove mai di Bocci (un giovane disoccupato cronico e stanco di aspettare), Dolceroma di Resinaro, Cambio tutto! di Guido Chiesa, Fortuna e Una relazione di Stefano Sardo, inedito. Al di là dei successi popolari e sentimentali, la cifra segreta resta quella di un profonda malinconia che gli faceva scovare la psicologia degli sfortunati, cui la vita aveva fatto lo sgambetto. Le statistiche dicono che la sua carriera è stata più di commedie che di drammi, ma la verità è che lui mescolava i generi, grazie al talento che gli permetteva di regalare ai personaggi alcuni grammi di quella sua sotterranea infelicità che a 19 anni aveva tentato di vincere assaggiando con gaudio gli spaghetti a nome di tutti.



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