Orietta Berti chi è: Carriera, età, marito, figli, canzoni famose, Biografia, Osvaldo Paterlini, Omar e Otis



Prima di salire sul palco ha sfiorato un cornetto d’argento. «Era finito sotto al letto. I miei nove gatti avevano disseminato per casa la mia bigiotteria americana, dopo aver rotto con le unghie la scatola che la conteneva. Quel ciondolo ritrovato mi è sembrato un segno del destino, così l’ho portato a Sanremo con me», racconta Orietta Berti. E dopo essersi esibita la cantante ha pensato subito al sorriso della nipotina Olivia, la bambina che tiene in braccio in queste foto.



È la terza volta che nonna Orietta la mostra, in esclusiva, ai lettori di Gente. «Riguardo spesso la sua foto con il microfono in mano. Olivia ha una faccetta furba, sembra pronta a fare un duetto con me», dice la Berti. «Ha quasi due anni, tra un pochino so che mi darà soddisfazioni: ha una bella vocina, è chiacchierina e si arrabbia perché non capiamo il suo linguaggio. E ha il ritmo nel sangue. Vedessi come balla quando le faccio ascoltare bossa nova o cumbia…».

Anche per una veterana come Orietta, che conta 12 partecipazioni al festival e oltre 16 milioni di dischi venduti, il ritorno a Sanremo, dopo 29 anni di assenza, è stato da batticuore fortissimo. Il supporto di piccoli portafortuna era necessario per superare certi momenti. Il cornicello e il sorriso della bambina che l’ha aiutata a preparare la valigia, infilando le sue manine in ogni piega dei vestiti, le hanno dato tranquillità e sicurezza.

«Olivia ha portato nella mia famiglia una ventata di freschezza e ha amplificato quel sentimento di tenerezza che da sempre aleggia in casa nostra. Adesso che sta crescendo è bellissimo vedere il mondo attraverso i suoi occhietti, le sue espressioni, i suoi ohhh pieni di meraviglia. Pensa che quando mi vede in Tv, mi chiama, batte le mani e vorrebbe che io uscissi da là per sedermi sul divano a giocare con lei», prosegue Orietta. «In questa bimba, che io chiamo Pupe, ritrovo la curiosità e la voglia di vita che mi sono sempre appartenute. Ancora oggi vivo di entusiasmi ed emozioni e questo spirito lieve illumina le mie giornate».

Orietta  Berti nasce artisticamente nel 1961 quando, dopo una lunga gavetta fatta di studio ed esibizioni in vari locali dell’Emilia, partecipa alla prima manifestazione canora ufficiale “Il disco d’oro” indetta dall’Enal di Reggio Emilia e vincendo grazia alla sua interpretazione de ”Il cielo in una stanza”, brano di Gino Paoli lanciato con enorme successo l’anno prima da Mina. Insieme a lei si posiziona alla prima posizione un’altra grande della musica italiana, Iva Zanicchi. In occasione di questo concorso, conosce al teatro municipale di Reggio Emilia il direttore artistico della Karim, Giorgio Calabrese, che le propone di firmare un contratto. Orietta Berti, all’anagrafe Orietta Galimberti, è nata a Cavriago (Reggio Emilia) il 1 giugno del 1943 ed è una delle più popolari interpreti femminili degli anni Sessanta, perfetta intonazione, garbo nelle interpretazioni. Soprannominata da Silvio Gigli la ”capinera dell’Emilia” e, successivamente, l”’usignolo di Cavriago”, durante la sua carriera ha venduto oltre 15 milioni di dischi, ottenendo quattro dischi d’oro, un disco di platino e due d’argento.

La cantante s’impone all’attenzione del pubblico fino ai giorni nostri. Il successo arriva grazie a “Un disco per l’estate” 1965, dove la giovane cantante propone “Tu sei quello”. Dopo aver partecipato anche alla Mostra Internazionale di Musica Leggera, Orietta Berti arriva al primo posto al “Festival delle Rose” con il brano “Voglio dirti grazie”. Il nuovo decennio si apre con una serie di successi: Fin che la barca va del 1970, forse la sua canzone più conosciuta (classificatasi terza a Un disco per l’estate 1970), Tipitipitì (dello stesso anno, finalista a Sanremo), Una bambola blu (finalista a Canzonissima) e Via dei Ciclamini del 1971 (canzone apparentemente spensierata ma che, nel testo, affronta il tema della prostituzione); tutte entrano nei primi posti della hit-parade.

Orietta Berti ha partecipato undici volte al Festival di Sanremo e dieci volte a Un disco per l’estate. Nel 2010 ha ricevuto il premio speciale Mia Martini alla carriera, per i suoi 45 anni d’attività ed è stata protagonista di moltissime tournée in Italia e in diverse parti del mondo. Inconfondibile il suo look. Da anni Orietta Berti ha optato per un caschetto corto dal colore rosso acceso e trucco marcato, che mette in risalto gli inconfondibili occhi vispi ed espressivi. Negli ultimi anni è diventata suo malgrado un’icona gay: ”Forse per quella sua mania delle bambole o delle scarpe o per essere una specie di mamma nazionale o per quella sua gioia di vivere che sprizza da tutti i pori o per essere così spontanea da risultare fuori dal tempo, dalle mode, dai gusti correnti”, ha scritto Aldo Grasso per il Corriere della sera.

Rilanciata da Fabio Fazio nella trasmissione Quelli che il calcio, dal 1997 al 2001, dove era ospite fissa e quasi sempre inviata sugli spalti è tornata in televisione per alcune comparsate e ospite fissa, sempre accanto a Fabio Fazio, durante ”Che tempo che fa” della domenica sera. Colleziona bambole, scarpe colorate, acquasantiere, parrucche fluorescenti e ha più di duemila paia di scarpe. Per quel che riguarda la sua vita privata, nella vita di Orietta Berti (altezza 1,60 per circa 65 chili di peso) c’è stato solo un grande amore: Osvaldo Paterlini, sposato il 14 marzo 1967. Dall’unione sono nati il 3 agosto 1975 Omar e, il 18 febbraio 1980, Otis.

illuminare le sue serate, invece, quelle sanremesi, intendiamo, ci hanno pensato le paillettes disseminate sulle bluse, i tacchi alti tirati a lucido, le deliziose conchiglie di ornamento e i ricami sulle creazioni di Giuliano Calza, di GCDS, brand amato dai giovanissimi. «Ti sono piaciuta?», chiede Orietta. «Questi look coniugano eleganza, estro, colori accesi e un pizzico di stravaganza. E mi sembrano perfetti da indossare su un palco così importante».

Solenne, potremmo dire, capace di far tremare le gambe a chiunque, anche a chi ha una carriera come quella delal Berti. «Sali lì sopra e ti assale un misto di eccitazione e paura che nemmeno la preghierina che recito sempre prima di entrare in scena riesce a stemperare. Per me sarà sempre così, è carattere. Vorrei essere come i giovani che erano in gara con me e che sembrano così spavaldi. Hanno una sicurezza che io mi sogno.

Da quando ho iniziato a cantare sono sempre stata istinto e timore. Resto un’insicura, ma mi consolo dicendo che se non ti batte il cuore mentre ti esibisci, come fai a emozionare il pubblico? », dice Orietta. Poi confida: «Per me l’avventura sanremese ha rappresentato il miglior modo per festeggiare 55 anni di carriera. Un bel traguardo se pensi che quando ero bambina non volevo cantare, ero troppo timida. Ma mio papà, che era davvero appassionato di musica, insisteva per farmi ascoltare dai maestri di lirica perché era convinto che la mia voce avesse grandi potenzialità. E, anche se gli dicevano che ero piccina e il timbro si doveva ancora formare, lui non demordeva. Mi accompagnava di persona a prendere lezioni dai maestri del conservatorio. Ho inizio così, per fare piacere a lui, e sono ancora qui».

Con la stessa voce limpida, sicura e agile del primo Sanremo, anno 1966. «Merito del mio elisir: i peperoncini di Vasto, quelli di media piccantezza, che mi faccio arrivare tutto l’anno e che mi servono per schiarire la gola e la voce.

Mentre mi recavo all’Ariston, me li sono mangiucchiati insieme con pezzettini di pane: è un modo naturale e potentissimo di nutrirsi prima di mettersi a cantare». E, a proposito di voce, anche la piccola Olivia potrebbe avere un futuro come cantante, a giudicare dagli acuti che lancia. «Se la voce è bella, e se crescendo avrà voglia di lavorare, applicarsi, fare sacrifici, io sarò la prima a darle consigli e a sostenerla in questo percorso.

Cantare è meraviglioso, ma ci vuole molta costanza: io canto sempre, ogni giorno, anche per due o tre ore di fila. Mi alleno, come fanno i campioni dello sport». Quando ti sei innamorato, il brano che ci hai fatto ascoltare a Sanremo, è un inno ai sentimenti, è una melodia molto italiana. «Racconta di un incontro che si trasforma, cresce, brucia e diventa passione e amore che dura tutta la vita.

Quando mi hai detto “ti amo”, confuso, dicesti non vado lontano, io resto con te. È una frase che mi riporta alla mia vita, a quando, era il 1963, ho conosciuto Osvaldo a una fiera di paese. È stato un colpo di fulmine, da lì è cominciata una lunga e grande storia d’amore. Lui era il tassello che mi mancava per sentirmi completa. Era ed è tutt’oggi la colonna portante della mia vita, il sostegno, la mia forza».

A Sanremo Orietta era accompagnata dal figlio Otis, papà di Olivia. «In passato mi ha sempre seguito mio marito, ma non si è ancora ripreso perfettamente dal Covid. Io l’ho preso a metà novembre, lui la settimana dopo. Ero stanca, senza febbre, a differenza sua che ha avuto picchi altissimi di temperatura e tosse persistente. Dormivamo poco, ogni due ore ci misuravamo l’ossigeno e, se era basso, ci alzavamo per fare qualche passo e agevolare così l’ossigenazione del sangue. Osvaldo è calato di 16 chili, io neppure di un etto. Ma l’importante è che ne siamo usciti e l’abbiamo fatto stando insieme.

L’amore è questo: esserci l’uno per l’altro. Osvaldo per me c’è sempre stato: se sono qui è perché sapevo di poter contare su di lui». Entusiasta, romantica, infaticabile, Orietta ha già in serbo una sorpresa che uscirà tra poco. «Un album cofanetto con sei cd, dal titolo La mia vita è un film. 55 anni di musica». I primi quattro cd sono un’antologia storica della sua discografia, il quinto è di duetti, il sesto contiene 22 brani inediti. Tra i tantissimi che la amano, giovani, padri e nonni, Orietta ha un fan speciale. «Don Guido, mio amico e padre spirituale. Mi dice sempre che mi ricorda nelle sue preghiere». Nella serata dei duetti Orietta ha cantato Io che amo solo te di Sergio Endrigo, con il quartetto Le Deva. «Un brano splendido. L’amore è al centro di tutto, è il motore del mondo. Non mi stancherò mai di cantarlo».



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