Roberto Benigni, sapete chi è la moglie Nicoletta Braschi? Età, carriera, film, figli e vita privata



Nicoletta Braschi è nata a Cesena nel 1960, sin da bambina ha fatto della sua passione per il teatro, il pilastro portante della sua vita. Ha studiato e in seguito si è diplomata, presso l’Accademia di Arte Drammatica Silvio D’amico di Roma.



I primi successi teatrali sono arrivati negli anni ottanta con le opere “Tutti al macello” e “Novelle esemplari”. Nel 1983 sono iniziati i successi al fianco del marito, con i film: “Tu mi turbi”, “Daunbailò”, “Il piccolo diavolo”, “Johnny Stecchino”, “Il mostro”, “La vita è bella”  e “Pinocchio”.

Nel 1997 con il film Ovosodo, di Paolo Virzì, ha vinto il David di Donatello come miglior attrice non protagonista. Per molti anni l’attrice, si è dedicata solo al teatro, fino a quando nel 2018, la Braschi è tornata al cinema, con il film: Lazzaro Felice.

La vita privata di Nicoletta Braschi:

Nel 1991 si è sposata con Roberto Benigni, in un intervista la donna ha raccontato di aver conosciuto il marito negli anni ottanta e da quel momento non si sono più separati. La coppia non ha figli, li lega la grande passione per il teatro.

Roberto Benigni il Leone d’Oro alla carriera. E a Venezia, che ospita la 78esima Mostra del Cinema, è subito show. L’attore-regista riceve il premio e guarda la moglie: «Il Leone è tuo, grazie Nicoletta, io meritavo un gattino». Poi l’invito a Mattarella: «Presidente, rimanga qualche altro anno in più».

Roberto Benigni stavolta non salta sulle poltrone dall’euforia, prevale l’emozione e resta nei ranghi davanti alle autorità: «È il premio più bello e lucente che si possa avere in Italia e nel mondo». Quando alla Mostra gli consegnano il Leone d’oro alla carriera si alzano tutti in piedi, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella accolto dalla standing ovation e Pedro Almodovar, Penelope Cruz e il presidente della Biennale Roberto Cicutto.

Lui ringrazia Mattarella «per il suo amore per l’arte, ho la soddisfazione di essere un suo contemporaneo, la vorrei abbracciare, in questi anni ci ha aiutato tanto, lei è un presidente straordinario, rimanga per la prossima Mostra, rimanga con noi magari fino ai mondiali di calcio in Qatar perché porta fortuna, porta bene. Presidente, deve rimanere qualche anno in più». Dice che quando Alberto Barbera il direttore artistico lo chiamò per il premio «mi spogliai dalla gioia e accennai qualche passo di rumba».

Ringrazia tutte le stelle polari che hanno guidato il suo cammino d’artista, credendo in lui, dai primi, Giuseppe Bertolucci e Vincenzo Cerami, a tutti gli altri che menziona in ordine sparso Ferreri e Fellini, Renzo Arbore e Massimo Troisi, Woody Allen, Jim Jarmu sch e Matteo Garrone con il quale, in Pinocchio, ha condiviso la sua ultima avventura al cinema.

Ma il ringraziamento più bello e poetico va alla sua Beatrice, la donna della sua vita, Nicoletta Braschi: «Il mio modo di misurare il tempo è con te e senza di te, facciamo tutto insieme da quarant’anni, questo premio ti appartiene, lo dedicherai tu a chi vorrai». Il Leone? «Io prendo la coda per muovere l’allegria, le ali sono tue. Se qualcosa ha preso il volo è grazie a te. La femminilità è un mistero che non comprendiamo, gli uomini sono donne che non ce l’hanno fatta, diceva Groucho Marx». Nicoletta, la sua luce: «Nostro Signore ha adornato il cielo di un altro sole, la prima volta che t’ho visto».

Poi si congeda: «Che Dio vi benedica». Jane Campion aveva appena tenuto la laudatio paragonando la sua gioia a una bottiglia di Prosecco pronta a esplodere, dice che nelle sue opere Benigni ci ricorda «l’importanza di amare e di innamorarsi ogni giorno», quest’anima innocente «che ci disarma e ci riporta al parco giochi della nostra infanzia». Difficile pensare che a ottobre compirà 69 anni. Difficile credere che Roberto Benigni è alla sua prima volta alla Mostra del cinema. Ha lasciato Dante a casa, e dopo l’odierna master class tornerà a Roma col Leone stretto e il ruggito della sua risata, del suo stupore sulla bellezza del mondo.

Ed eccolo col naso di cartone nel tempio dei grandi autori così spesso ostili ai comici. Nel pomeriggio appena sbarcato al Lido, (in completo grigio Armani), ai fotografi dice: «Il Leone? Di sicuro stanotte ci dormo insieme e magari ci facciamo una nuotata». Il ragioniere Benigni, nato da due contadini toscani analfabeti («io vengo dal nulla, da una povertà meravigliosa») lo aggiungerà alle nove lauree ad honorem.

La cerimonia d’apertura diventa la sera degli umoristi e degli illusionisti, con al centro questo vagabondo della comicità piena di umori popolari e di buone letture, attore in 28 film e regista di 8. Gli bastano cinque minuti per mangiarsi tutta la torta degli applausi, esprimendo ancora la sua gratitudine  sotto gli occhi di Almodóvar, che in Parla con lei gli dedicò il personaggio dell’infermiere Benigno. Uscendo dalla sala Benigni dice: «Potevo parlare solo di lavoro e l’ho fatto ringraziando i registi che mi hanno scelto perché essere scelti è incredibile, e Nicoletta che è tutto per me». Nel suo film Oscar ha giocato sugli orrori dell’Olocausto e anche ora ci ricorda che la vita è bella.



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