Serena Mollicone chi è ? Perché è stata uccisa, la storia



Dopo venti anni e una serie di depistaggi, è finalmente iniziato il processo per l’omicidio di Serena Mollicone. La data d’inizio, il 19 marzo, non è casuale ma è stato un gesto di riconoscenza che il Tribunale di Cassino ha voluto rendere a Guglielmo Mollicone, papà della vittima, morto lo scorso 31 maggio”.



Finalmente, dopo due decenni e una serie di azioni illecite volte a confondere gli inquirenti, è iniziato al processo ai cinque imputati accusati, a vario titolo, di aver ucciso Serena Mollicone. La studentessa aveva 19 anni quando sparì da Arce, il 1° giugno 2001. Venne trovata dopo due giorni in un boschetto ad Anitrella, senza vita, con le mani e i piedi legati e la testa avvolta in un sacchetto di plastica.

Il processo, dopo il rinvio dello scorso 11 gennaio per la mancanza di due giudici togati con cui comporre la Corte d’Assise, correva il rischio di slittare ancora una volta a causa dell’emergenza sanitaria. Invece, è partito grazie alla determinazione proprio del presidente del Tribunale, Massimo Capurso, che ha rimandato il suo pensionamento pur di vedere celebrata la prima udienza, proprio nel giorno della Festa del papà, in onore di Guglielmo Mollicone.

Il magistrato, però, ha disposto severissime misure di sicurezza anti-Covid tanto più che Cassino si trova in zona rossa. Con un’ordinanza ha limitato l’accesso in aula ai soli componenti della Corte d Assise, ai tecnici del Tribunale e ai legali della difesa e della parte civile. Il palazzo di giustizia è stato, invece, chiuso per tutti gli altri, tranne che per i lavoratori interni. L’accusa ha presentato una lista di 92 testimoni da ascoltare. Gli imputati, che rischiano pene elevate, fino all’ergastolo, sono: il maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, ex comandante della stazione di Arce, la moglie Anna Maria, il figlio Marco, il maresciallo Vincenzo Quatrale e l’appuntato Francesco Suprano.

La famiglia Mottola e Quatrale sono accusati di concorso nell’omicidio della giovane studentessa. Quatrale, inoltre, è accusato di istigazione al suicidio del brigadiere Santino Tuzi. Suprano è accusato invece di favoreggiamento. Secondo la Procura Francesco Suprano, dopo il delitto, avrebbe aiutato a cancellare le prove dell’omicidio commesso dal suo comandante. Avrebbe smontato la porta dell’alloggio in disuso, all’interno della caserma, contro la quale avrebbe sbattuto la testa Serena Mollicone e l’avrebbe sostituita con un’altra porta.

DEPISTARONO LE INDAGINI

Per anni Guglielmo Mollicone si è battuto per restituire innanzitutto dignità e poi giustizia all’amata figlia. Gli investigatori di allora, alcuni oggi finiti a processo, sprezzanti del dolore e della sofferenza che solo un genitore può provare per la perdita di un figlio, arrivarono a umiliarlo. Nessuno può dimenticare quando lo portarono via dalla chiesa mentre piangeva di fronte alla bara di Serena. Una mossa che aveva l’intento di confondere le acque e screditare Guglielmo.

Guglielmo Mollicone, però, non ha mai dimenticato quel vile gesto e in una delle interviste rilasciate a Giallo disse: «Quando vennero a prendermi in chiesa con una scusa e mi tennero in caserma diverse ore, non volevano fare altro che insinuare il dubbio tra la popolazione che io potessi aver avuto un ruolo nella morte di mia figlia. Serena, invece, era morta per mano di quelle persone che erano venute a prendermi ed era stata massacrata di botte proprio all’interno di quella caserma dove mi tennero per ore mentre il feretro di mia figlia era in chiesa. Non ho mai abbandonato la speranza che avessi potuto un giorno conoscere la verità sulla morte di mia figlia, neppure in quella drammatica occasione.

Nonostante il dolore, alzai la testa e andai avanti. Non avevo nulla da nascondere… Quanta sofferenza che ho provato in tutti questi anni!». Due anni dopo quel brutto episodio, con l’accusa di omicidio e occultamento di cadavere, venne arrestato Carmine Belli, un carrozziere di Rocca d’Arce, poi assolto dopo aver trascorso da innocente quasi un anno e mezzo in carcere. Carmine Belli disse a Giallo: «Mi hanno fatto passare per assassino. La mia vita è stata distrutta. Di punto in bianco, senza che avessi fatto nulla, ero diventato il “Mostro di Arce”, lo spietato killer di Serena Mollicone. Da quel maledetto giorno la mia vita è andata a rotoli. Mia moglie, credendo alle false accuse che mi erano state contestate e per cui mi avevano arrestato, mi ha abbandonato. Allora la mia bambina aveva soli tre anni. Mi è caduto il mondo addosso. Finalmente oggi tutti sanno che dietro al delitto di Serena non c’ero io».

POTEVA ESSERE SALVATA

Un primo impulso per la ricerca della verità venne nel 2008 quando il brigadiere Tuzi si suicidò perché, a dette degli inquirenti, avrebbe dovuto avere un confronto, di fronte al giudice, con il suo comandante, Franco Mottola, proprio sul delitto di Serena. Poche ore prima si sparò con la pistola di ordinanza. Forse il brigadiere aveva subito delle pressioni affinché non dicesse quello che sapeva? Qualcuno gli aveva intimato di ritrattare la testimonianza? Secondo una relazione dei carabinieri del Ris, il reparto delle investigazioni scientifiche, ad uccidere Serena sarebbe stato Marco Mottola al culmine di un litigio.

Il delitto sarebbe avvenuto in uno degli appartamenti della caserma. La ricostruzione dell’omicidio ricalca la perizia medico-legale che ha stabilito una compatibilità tra lo sfondamento della porta dell’alloggio della caserma dei carabinieri di Arce e la frattura cranica riportata dalla studentessa. Forse Serena, è scritto nella relazione dei consulenti, fu spinta durante una lite sbattendo la testa. Poi, ancora viva, venne trasportata nel bosco e abbandonata. È proprio questo l’aspetto più drammatico. Se qualcuno avesse voluto, avrebbe potuto salvarla. Papà Guglielmo ci disse: «Sono dei mostri, Serena poteva essere salvata e invece l’ hanno fatta morire in modo atroce. Avevano paura che avesse potuto raccontare tutta la verità. Ora mi appello ai giudici e alla giustizia. Poi a Dio, affinché li faccia bruciare nelle fiamme dell ’inferno »



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