Luca Zingaretti, dopo l’addio a Montalbano si perde la moglie sul set



Sa commissario ironico in quel di Vigata a direttore duro e autoritario del carcere più pericoloso d’Italia, il San Michele, dove applica la sua personale idea di giustizia. Luca Zingaretti cambia pelle dopo l’addio a II commissario Montalbano, serie cult che ha fatto il giro del mondo e gli ha regalato un enorme successo.



Ora l’attore romano è il protagonista della serie di Sky II re: «Il mio personaggio, Bruno Testori, è un uomo che fa cose ingiuste, spesso cattive. Approfitta della sua autorità, si sente Dio. Ha commesso tanti errori e visto cosi tanti orrori che ha finito per perdere se stesso e i suoi punti cardinali. Come il colonnello Kurtz nel film Apocalypse now», sottolinea l’interprete.

E aggiunge: «Nella storia viene abbandonato dalla moglie Gloria, che continua ad amare. Il loro matrimonio si è sgretolato dopo la lotta contro la malattia della figlia. Ma Testori è sempre alla ricerca di quell’amore. E questa sua parte fragile lo rende, a tratti, umano », racconta Zingaretti.

L’attore, al contrario, nella vita è un uomo tenero, appassionato e felice in amore: il 23 giugno festeggerà dieci anni di matrimonio e diciotto d’amore con l’attrice Luisa Ranieri: «Sembra ieri», ha ammesso lui. I due si sono conosciuti sul set della serie Cefaloma e non si sono più lasciati. A cementare il rapporto ci sono poi le due figlie, Emma e Bianca, cui Luca dedica tutto il tempo libero dai set e dai palcoscenici.

L’attore è appagato su tutti i fronti, dunque. E ora che si è aperta una nuova fase professionale, non vuole sentire più paragoni tra Montalbano e il nuovo personaggio: «Provengono da due mondi diversi. Il commissario da quello delle favole, come personaggio inventato da Camilleri.

Bruno Testori e la sua storia, invece, sono fortemente ancorati alla realtà. Lui per me è un regalo, perché fa riflettere i telespettatori su questioni che riguardano tutti: il potere, la giustizia, la corruzione», spiega Luca.

Zingaretti si è impegnato molto per preparare la parte e immedesimarsi al meglio, parlando con magistrati, agenti penitenziari, carcerati ed ex detenuti. «Ma non pensiate che 11 re sia per me una sorta di riscatto rispetto a quello che ho fatto prima», chiarisce. «Il commissario Montalbano rappresenta per me un’esperienza volontariamente lunga, meravigliosa, che ricomincerei domani. Abbiamo conquistato il pubblico italiano ed estero e non desidero farlo dimenticare ».

E allora perché dare un taglio netto al passato? «Ho chiuso quell’esperienza perché era arrivato il momento, perché amici e colonne portanti di Montalbano erano venuti a mancare», spiega l’attore, arrivato al giro di boa dei sessant’anni. Un altro grande traguardo che lui affronta con ironia e leggerezza, buttandosi alle spalle il tempo che passa e guardando al futuro sempre con ottimismo.



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