Alex Zanardi, arrivano solo belle notizie



Questo articolo in breve

La moglie del campione lo ha fatto sapere, senza clamori e sembra una “favola” natalizia in dono a tutti coloro a corto di speranza: «Alex è tornato a casa, è con noi. Sta recuperando forza e comunica con occhi e mani». A un anno e mezzo dal terribile incidente in handbike che lo ha portato in coma, “Iron Man” continua le cure, ma non più in ospedale: «La strada è ancora lunga, ma lui è un combattente»



Per noi comuni mortali gli ultimi due anni sono stati in salita. Per lui, che è aggrappato alla sua terza vita con tutta la dolcissima forza messa in campo nelle prime due, sono stati una sfida all’impossibile.

Una sfida non finita, ma che affronta, da poche settimane, da casa sua, non più in un reparto ospedaliero, reso ancor più asettico e distante da mascherine e bardature anti-Covid su infermieri e medici.

Alex Zanardi è nella sua casa-officina di Noventa Padovana, con la moglie e il figlio, a lottare per riacciuffare la vita, la terza appunto, quasi lasciata sull’asfalto di una strada toscana che stava attraversando felice sulla sua handbike il 19 giugno del 2020, in una staffetta benefica per ridare fiducia all’Italia ferita dal Covid. “Fracasso facciale” fu l’esito dello scontro contro un Tir.

Da lì, la ricostruzione, di operazione in operazione, di centro specialistico in centro specialistico, del volto e del cranio del campione, ha richiesto ogni sforzo possibile. Uno sforzo che solo la sua tempra d’acciaio poteva reggere. E ora, dice Daniela senza tanto clamore: «È a casa da qualche settimana. La strada è lunga, ma lui sta bene e combatte. Trascorre la maggiore parte del tempo in carrozzina, comunica con gli occhi e con una mano.

Fa ok con il pollice. Gli sta tornando la forza nelle braccia»; dunque non parla, ma comunica, sta molto meno a letto, spinge una cyclette con le mani per allenare quelle braccia che mulinavano chilometri in handbike o in sedia a rotelle da corsa, quando Alex si spazzolava non solo le gare di paraciclismo, ma anche gli ironman, quei supplizi anche per chi li affronta con tutti i muscoli del corpo fatti di quasi 4 km a nuoto, 180 in bici (per lui in handbike) e poi i 42 km di una maratona (chi non ha le gambe li corre su una carrozzina da gara che si spinge, di nuovo, con le braccia).

Chissà se vive il suo recupero come l’ennesima impresa per lasciare a bocca aperta il mondo, Alex, che non molla di un millimetro come racconta Daniela; più che una moglie, un angelo, la metà della sua anima, dal 1996, da quando lui correva in Formula 3, e che era lì, quando lo estrassero senza più le gambe e con un solo litro di sangue in corpo dall’incidente in gara del 2001.

È Daniela, per prima, con il loro ragazzo Niccolò, a credere nella seconda resurrezione di Alex: «Non mancano le battute d’arresto. A volte bisogna fare due passi indietro per farne uno avanti. Ma in questo anno e mezzo per il Covid, io, nostro figlio e sua madre, potevamo stare con lui solo un’ora e mezzo al giorno e uno alla volta.

Tornare ai suoi affetti gli sta facendo bene». Così, ora sono infermieri e specialisti ad alternarsi nelle cure nella casa di Noventa Padovana intorno alla quale è tutto rispettoso ordine e silenzio. Il solo urlo, ma senza voce, è in un mega manifesto appeso da qualcuno tra i tanti che vogliono bene al campione dei 4 ori olimpici sul muro di cinta della villa. Vi campeggiano il suo sorriso buono, i suoi occhi azzurri, e quello che tutti noi, dai nostri divani, o pc, gli stiamo urlando: “Forza Alex”. E dentro di noi pensiamo, “Perché se ce la fai tu, ce la possiamo, dobbiamo, fare tutti noi”.



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