Carolina Marconi mentre si sottoponeva alle cure per avere un figlio, la showgirl ha scoperto un tumore al seno



E’ stato il 24 febbraio del 2021 il giorno in cui tutto è cambiato. Carolina Marconi indossava un vestitino a fiorellini e un leggero capotto rosa, forse se lo sarebbe ricordata una volta diventata mamma, magari di una bambina. Lo pensava mentre, assieme al suo compagno Alessandro, andava alla clinica Villa Claudia a ritirare l’esito della biopsia di un nodulino al seno, l’ultimo esame prima di cominciare quel percorso di cure ormonali che finalmente li avrebbe resi genitori.



Ma, appena entrata nello studio dei medici che la seguivano, ha capito che non sarebbe stato così. «Stavo scherzando come sempre», ci racconta. «Loro avevano la mascherina, ma gli occhi non ridevano come al solito. Mi hanno detto solo “Carolina siediti” e ho capito che era un tumore». Non avevi preso in considerazione questa possibilità? «Una settimana prima avevo fatto una mammografia di controllo, dalla quale risultava una protesi del seno rotta. Quindi ho fatto un’ecografia di controllo e mi hanno trovato un nodulino, che il medico voleva controllare con un ago aspirato e una biopsia.

Ma ero ottimista, certa che non sarebbe stato niente». Cosa hai fatto quando hai scoperto che non era così? «Sono scappata dallo studio e sono andata al bar della clinica, a piangere. Mia madre ha provato a consolarmi ma non c’è riuscita, poi è arrivato Alessandro, mi ha detto: “Questo è un tumore piccolissimo e va affrontato”. Io gli ho detto non ho tempo per affrontare un tumore, devo fare un figlio. Ma ho realizzato che non avevo scelta». A quel punto non solo lo hai accettato, ma hai anche condiviso la tua esperienza, prima sui social e poi con un libro, Sempre con il sorriso – La storia della mia battaglia più difficile, edito da Piemme… «Non sapevo neanche cosa significasse la parola tumore, mi è crollato il mondo addosso.

Ho condiviso perché volevo confrontarmi, parlare con le persone che, come me, stavano affrontando un tumore. I social che tanto spesso sono demonizzati mi hanno aiutata a conoscere tante donne eccezionali che mi hanno aiutata». Avevi paura? «Non ho mai pensato adesso muoio, ho pensato solo che fosse una grande perdita di tempo rispetto a quello che volevo fare davvero, cioè diventare mamma ».

Quel che racconti nel libro, l’operazione, la chemioterapia, l’accettazione del cambiamenti, la solitudine, è molto duro: non hai mai avuto un momento di sconforto? «Certo, sono umana: non mollo, ma mi siedo ogni tanto! C’è stato un momento in cui piangevo sotto le coperte o mi alzavo per andare in bagno vedendomi riflessa allo specchio, “pelatina”, gonfia. Mi spaventavo». Non sempre i partner sono in grado di essere d’aiuto in momenti così difficili, ma dal libro sembra che Alessandro lo sia stato, eccome: è davvero così? «Per me l’amore è stare accanto a chi ami, è prendersi cura, è dare ogni giorno l’acqua alla piantina perché non si secchi.

Certo che l’equilibrio si rovina un po’ in quel momento, ma se ci si ama, ci si vuole bene, si affronta ogni cosa, anche la malattia. Di chi è il merito? Suo, che è un uomo intelligente, e mio che sono fatta così e ho impostato la mia vita in questo modo. Posso dire una cosa alle tante ragazzine che vedo in cerca di uomini-fenomeno che poi le renderanno infelici?». Puoi. «Bisogna fidanzarsi con le persone buone: guardate come un uomo tratta la sua famiglia, e capirete come sarà con voi. Trovatevi uno con cui mangiare un panino con la mortadella al tramonto, uno che potete guardare pensando: io voglio invecchiare con lui».

Da quanto tempo desiderate un figlio tu e Alessandro? «Da anni, ma abbiamo scoperto che da solo non arrivava, quindi abbiamo deciso di farci aiutare. E a quel punto abbiamo avuto questa brutta sorpresa e abbiamo dovuto fermare tutto». E adesso? «Adesso ho finito la chemioterapia e ho cominciato una cura ormonale che è incompatibile con la gravidanza e durerà cinque anni, ma tra un anno e sei mesi la blocchiamo per due anni e avrò l’opportunità di cercare una gravidanza. Prima della terapia avevo anche congelato un ovulo, ma la possibilità che attecchisca sono solo del 10 per cento. Se è una bambina la chiamerò la mia Vittoria!».

Hai anche pensato all’adozione? «Sì. Inizialmente ho pensato anche di ricorre all’utero surrogato, per cui tra l’altro i costi sono proibitivi, poi ho pensato che ci sono tanti bambini in attesa di qualcuno che si occupi di loro. Ma ho scoperto che se hai avuto un tumore diventa tutto ancora più difficile ». Ti stai impegnando a favore dell’oblio oncologico, il diritto di chi è guarito da un tumore a non vedersi preclusa la possibilità di ottenere un mutuo o una polizza alle stesse condizioni degli altri… «Supporto la fondazione Aiom che ha lanciato una raccolte firme su questo: se per i medici siamo persone guarite perché per lo Stato non è così?». Ti piace la Carolina di oggi? «Sì, la Carolina di ieri correva sempre, quella di oggi sa godersi le cose e il tempo. Ha anche imparato che non bisogna rimandare: se ti vuoi sposare, sposati, se vuoi un figlio, fallo».



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