Laura Pausini nel suo documentario racconta la sua vita



Preparate i fazzoletti. Se guardate il docufilm Laura Pausini – Piacere di conoscerti, disponibile dal 7 aprile su Prime Video, sappiate che le lacrime sono dietro l’angolo. Vedendolo abbiamo scoperto che, proprio come con la musica, la cantante lascia tracimare le emozioni e contagia chi le sta intorno con il sorriso sincero e la simpatia romagnola che la contraddistinguono.



Pausini si racconta con franchezza disarmante. A partire da una domanda semplice: che cosa avrei fatto se non avessi vinto Sanremo a soli 18 anni con La solitudine? La canzone fece subito il giro del mondo – già l’anno dopo la facevano eseguire in spagnolo – e la lanciò su un ottovolante professionale che non si è mai fermato fino a due anni fa, quando la pandemia ha costretto tutti a prendere una pausa.

Durante il periodo di forzata riflessione è nata la voglia di raccontarsi, ma anche la crisi esistenziale. Per la prima volta la diva Pausini lasciava ampio spazio a mamma Laura. Alla fine, quest’ultima ha penato nel riprendere i ritmi forsennati della carriera, un po’ com’è successo a tutti noi: anche le star faticano a trovare l’equilibrio tra lavoro e famiglia. Pure se nel caso di Pausini il dubbio non era certo di quelli che attanagliano i comuni mortali: per lei si trattava di scegliere se partire o no per Los Angeles ad aprile 2021 per la notte degli Oscar, dove la sua Io sì era candidata come miglior canzone.

Nel film vediamo Laura piangere all’idea di lasciare la figlia Paola, di 9 anni, per andare dall’altra parte del mondo in piena pandemia. Sappiamo com’è andata: la diva è partita, ha vissuto un’esperienza favolosa, ma non ha vinto l’Oscar. Come per tutti, gioie e dolori. Nel suo caso, però, amplificati all’ennesima potenza. «Sono stata una bambina come tante, avevo molti sogni, ma non avrei mai pensato che la vita mi regalasse tutto questo », spiega commossa.

Rievoca l’infanzia a Solarolo (Ravenna), la scuola d’arte a Faenza, il coro della chiesa, il lavoro come baby sitter e le serate di pianobar insieme al padre Fabrizio. «Io ero già felice così», ammette. Poi la telefonata in cui seppe di essere stata presa a Sanremo dove, nel 1993, fece subito il botto. «Allora ho chiesto ai miei genitori: che cosa fa una persona che diventa famosa?». Quasi trent’anni dopo, con umiltà, ancora si domanda: «Perché proprio a me?».

Nel film immagina la sua vita se non avesse raggiunto il successo internazionale: dopo il diploma alla scuola di ceramica avrebbe aperto il negozio dove vendere le sue creazioni e la sera avrebbe continuato a cantare nei locali. «Ho sempre avuto tanti piani B e sapevo anche che avrei dovuto contare su di me. Sono una sognatrice, ma molto ben organizzata ». Una ragazza semplice, ma anche combattiva.

La famiglia per lei è sempre al centro di tutto e il luogo dove ritorna ogni volta che ha un problema da risolvere. In Romagna ritrova i genitori, la sorella Silvia e le amiche di scuola, «le uniche che hanno sempre continuato a guardarmi con gli stessi occhi». Avere una grande popolarità porta tante soddisfazioni, ma anche problemi. «Perché non vivi più una vita normale». Dopo aver intrattenuto migliaia di persone a un concerto le capita di ritrovarsi in una stanza d’albergo da sola. «Il successo è bello se lo condividi.

Il lavoro andava bene, la vita personale invece no». Nel 2005 a Los Angeles Laura riceve il Latin Grammy Award nella categoria Miglior Album Pop Femminile dell’anno con Escucha (Resta in ascolto). Un trionfo grandissimo. «Ma dopo la festa c’ero solo io. Ho ordinato un hamburger in camera e brindato con il cameriere che me l’ha portato. Avevo il Grammy d’oro, ma ero in un buco nero. Ho capito che dovevo cambiare priorità».

Tutto si trasforma quando lascia entrare nella sua vita il chitarrista Paolo Carta, dapprima come compagno di palco e poi di vita. «Lui è introverso, all’inizio non parlavamo. Poi è successo qualcosa che non avevo mai provato. Ora stiamo insieme da 17 anni e non ci separiamo mai». Paolo era diverso dall’amore che lei immaginava: aveva già un matrimonio alle spalle e tre figli Jader, Jacopo e Joseph. Per loro niente nozze in chiesa con l’abito bianco, ma il compimento di un sogno ancora più grande quando, nove anni fa, è nata Paola.

«Desideravo tanto un figlio, ma non arrivava», racconta ancora Laura. «Soffrivo molto, pensavo fosse colpa della troppa fortuna che avevo sul lavoro. Mi sono data un’ultima chance con la canzone Celeste uscita a fine 2012: “Avrai gli occhi di tuo padre e la sua malinconia” ». Poco dopo era incinta. I primi a saperlo sono stati i genitori, a Solarolo, con i quali, naturalmente, ha pianto di gioia.



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