Pierfrancesco Favino la sua vittoria è sua moglie Anna Ferzetti e sua figlia Lea



Sono la coppia più bella del cinema italiano. Tra Pierfrancesco Favino e Anna Ferzetti «È stato un colpo di fulmine, una cosa quasi animalesca, una questione di odori. Ci siamo scambiati il numero ma poi sono passati i mesi, venivano entrambi da altre storie. Per caso ci siamo incontrati di nuovo in un bar… io ci credo al destino» ha raccontato lei di recente a la Repubblica.



Lui è l’attore più richiesto del momento, salta da un set all’altro, ora è al Festival di Cannes con l’ultimo film di Mario Martone, Nostalgia, in sala dal 25 maggio. Ma anche lei non è da meno. Questione di Dna, forse: suo padre, Gabriele, è stato un grande interprete di cinema, teatro e televisione, suo zio era agente, suo cugino è critico cinematografico. E poi è la compagna di un sex symbol… «Io sono orgogliosamente e felicemente figlia e compagna.

Mio padre mi ha insegnato tutto, Pierfrancesco è uno degli attori più bravi che abbiamo in Italia, lo dico da collega. Mi sto facendo il mio percorso, abbiamo età diverse, ma non la subisco. Ora molti mi conoscono come Anna Ferzetti e sono ambiziosa, in senso positivo, voglio diventare sempre più brava. Come insegno alle mie figlie, devi sempre alzare l’asticella». La storia del loro primo incontro è stata narrata altre volte, ma è troppo bella per non pubblicarla ancora una volta. Quasi vent’anni fa, di lui la colpì «Tutto: simpatia, energia, ironia. Era un po’ orso bruno, pieno di capelli, giocherellone, semplice, umile, buono.

La faccia gommosa, il maglione largo marrone e i jeans. Ci siamo incontrati a una festa, ballando come matti. Lui pensava che fossi una studentessa di teologia, avevo il caschetto nero, l’orecchino al naso, pantaloni a palazzo e mille collane, una fricchettona. Mi disse “Cosa fai?”, “L’attrice”, “E tu?”, “Io l’attore”. Mi pareva di averlo già visto, poi ho capito che lo aveva scambiato per un altro attore che aveva lavorato con mio padre.

È stato un colpo di fulmine, una cosa quasi animalesca, una questione di odori. Ci siamo scambiati il numero ma poi sono passati i mesi, venivano entrambi da altre storie. Per caso ci siamo incontrati di nuovo in un bar… io ci credo al destino». Hanno lavorato insieme a teatro, condiviso il set di Moschettieri del re, condotto in coppia la cerimonia dei Nastri d’argento. Cos’altro gli manca? Magari Sanremo, ovviamente in tandem? «Sanremo è la cosa più improbabile, ma anche divertente. Del resto entrambi cantiamo, balliamo, ci appassioniamo. Ai Nastri mi sono commossa, non riusciamo ad avere filtri, insieme.

Lo faremo capitare, di tornare insieme, quando troveremo la storia giusta. Ma non lo faremo capitare spesso». Lui ha raccontato la storia a modo suo a Donna Moderna: «Ho conosciuto Anna mostrando non proprio il lato migliore di me. Eravamo a una festa, lei ballava con una sua amica, io con un mio amico. E le ho pestato un piede. Così ci siamo accorti l’uno dell’altra. Abbiamo iniziato a ballare insieme e da allora non abbiamo mai smesso: è una delle cose che più ci piace fare». E pensare che non era nemmeno pronto a innamorarsi. «Sinceramente no, in quel momento non pensavo che avrei avuto una relazione.

Ma credo che succeda sempre così. Insegui a lungo l’idea dell’amore che ti sei costruito, poi ti capitano incontri che mai avresti pensato potessero essere ciò che diventano. Me ne sono reso conto molto tempo dopo aver conosciuto Anna. La nostra storia è andata avanti per parecchio come se potesse finire da un momento all’altro… E sono passati più di 18 anni. Forse è questo che la fa funzionare: ci sorprendiamo ogni giorno».

Pierfrancesco e Anna sono genitori di due bellissime bambine, Greta e Lea, 16 e 9 anni rispettivamente. Parlando di loro, papà Favino pensa che «il mio compito sia essere presente ma silente. Sono geloso della felicità delle mie figlie, questo sì. Il primo amore influenza il nostro curriculum emotivo, ce lo portiamo dietro per tutta la vita: spero che per loro sia un momento bello. Io non potrò fare altro che essere qui, ad ascoltarle». In Nostalgia Favino interpreta un uomo, Felice, che dopo quarant’anni di lontananza torna lì dov’è nato, il rione Sanità, nel ventre di Napoli. Riscopre i luoghi, i codici del quartiere e un passato che lo divora.

Anche lui coltiva la nostalgia? «La pandemia qualche bilancetto ci ha costretto a farlo. Con la paura e l’indecifrabilità del futuro, si cercano lidi solidi, qualcosa di conosciuto» ha detto a Io Donna. Aggiungendo «Sarei terribilmente ingiusto a guardare alla mia vita e a non rendermi conto di quello che ho. Se mai vengo accarezzato dall’idea che qualcosa sarebbe potuto andare in maniera diversa, mi “sveglio” all’istante: mi riconosco privilegiato».

Non ha nostalgia del “non vissuto”, sostiene: «Ho il lusso di rimediare grazie almiomestiere, quante vite che non sono la mia attraverso… A volte, al contrario, vengo preso da un sincero entusiasmo per piccolezze, una camminata in una giornata di sole, un bagno al mare… Non sono uno esoso in termini di desideri». Desideri? Il suo più esoso «è il tempo libero». Quello che spera di veder concretizzare presto «il tempo di stare qualche mese fermo per dedicarmi alle mie figlie: stanno entrando in un’età particolare, leggono e si appassionano ai libri, guardiamo film assieme e ne discutiamo.

E poi la scuola, Oltrarno, scuola di formazione del mestiere dell’attore che dirigo a Firenze». Ormai Favino è come il Barbiere d Siviglia di Rossini: tutti lo cercano tutti lo vogliono… «Penso che questa cosa sia dovuta innanzitutto a un momento fortunato, poi anche a una fase di raccolta» risponde a Fanpage.it. «Quest’anno sono trent’anni che faccio l’attore e lo faccio stando attento a costruire un rapporto di fiducia con il pubblico». Certamente «il mio passaggio a Sanremo è stato fondamentale, sarei stupido a non dirlo e a non saperlo. Come facevano gli attori di una volta, sono entrato nelle case degli italiani quando loro erano in déshabillé, in un elettrodomestico di loro proprietà, ed è giusto che mi percepiscano come uno di famiglia».



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