Roman Abramovich chi è: et, moglie, figli, lavoro e vita privata



Ha messo in piedi, dal nulla, un patrimonio da 13 miliardi di euro. Merito dei misteriosi legami con Putin. Ma ora è il presidente ucraino che lo vuole tra i suoi delegati a trattare con la Russia. È tinta di giallo la storia dell’oligarca in cui ci sono anche tre divorzi, sette figli e… del veleno



Milano, aprile i sono periodi della vita che non si dimenticano. E chissà che posto ospita nella valigia dei ricordi di Roman Abramovich la sua parentesi siberiana, quando fu governatore, dal 2000 al 2008 della regione dèlla Chukotka, distesa di ghiacci dell’estremo oriente russo, in cui lasciò anche qualche miliardo di euro in finanziamenti vari. Ma era un ordine di Putin e allo zar, Roman, non può dire no.

Lui, come tutti gli oligarchi che dal nulla, negli anni Novanta, hanno accumulato miliardi spartendosi i beni dell’ex Unione Sovietica (miniere, industrie, immobili, quasi città intere) che la nuova classe dirigente, guidata da Putin, piuttosto che risanarci lo Stato, “regalò” a una cerchia di fedelissimi in cambio del loro imperituro appoggio. Si spiegano così le immense fortune (secondo una inchiesta inglese le sue nacquero da un’asta truccata nel 1995 in cui Abramovich acquistò una compagnia petrolifera per 228 milioni e la rivendette poco dopo al governo russo per 12 miliardi) del figlio di un semplice operaio.

Rimasto orfano a 4 anni, Roman dell’infanzia conserva solo la foto in bianco e nero di nonna Faina, fuggita dalla sua città natale, Kiev, nel 1941, appena in tempo per scampare alle stragi naziste costate la vita a 30mila ebrei ucraini come lei.

Il solo bagaglio di nonna Faina in fuga era Irina, la figlioletta di 2 anni, che poi nel 1966 le diede il nipotino Roman. Rimasto senza genitori molto presto, cresciuto a Mosca da uno zio paterno, dipendente dell’esercito dopo il diploma, negli anni Novanta dal nulla avvia ben cinque compagnie di import/export di petrolio. Da lì, dopo aver acquistato le quote di varie società che si occupavano di trasporti e materie prime, inizia ad accumulare una fortuna che oggi è stimata in oltre 13 miliardi di euro.

Come, o grazie a chi, non è mai stato messo agli atti, salvo però notare che per la prima campagna elettorale di Putin per il Cremlino, Abramovich staccò tra il 1999 e il 2000 un cospicuo assegno da circa 20 milioni di euro.

Tra i suoi investimenti più famosi, la squadra di calcio inglese Chelsea, acquistata nel 2003, portata in cima al mondo grazie a investimenti faraonici, che con lui ha vinto 5 volte la Premier League (la serie A inglese), 2 Champions League e un mondiale per club. Intanto il patrimonio di Roman cresce a dismisura, gli affari nel campo dell’energia rendono, l’imprenditore accumula miliardi, matrimoni, tre, e figli, sette in tutto.

Nel 1987 si era sposato con Olga Yurevna Lysova, dalla quale ha divorziato dopo appena tre anni, nel 1990. Complice il colpo di fulmine con una bellissima hostess, Irina Malandina, sposata nel 1991, da cui ha avuto 5 figli, fino al divorzio nel 2007. Anche in questo divorzio (a vari zeri visto che Irina ha ottenuto alcuni appartamenti, un castello in Francia e pure un aereo privato) c’entra un’altra donna, Daria Zhukova, figlia di un altro oligarca russo, sposata da Abramovich nel 2008 e da cui ha avuto due bambini. Pure queste nozze finiscono in archivio nel 2018. Stavolta pare in modo amichevole. Daria d’altronde è ricca di suo.

Nella vita patinata e ormai occidentalizzata di Roman irrompe a fine febbraio la guerra scatenata dal “suo” presidente Putin contro la terra di origine di nonna Faina, l’Ucraina. Le prime sanzioni europee a scattare contro i beni degli oligarchi sono quelle del governo inglese che colpiscono anche lui, l’uomo dai quattro passaporti (russo, lituano, portoghese e israeliano), che si vede congelata anche la proprietà del Chelsea.

Ma forse le sue scelte, stavolta, non sono dettate solo dal portafoglio, forse c’entra anche nonna Faina se Abramovich finisce a far da intermediario tra il presidente ucraino Zelensky e il Cremlino. È grazie al numero uno di Kiev, se per il momento il nome di Abramovich non compare nella lista nera degli Usa. I radar europei tra fine febbraio e marzo hanno registrato le rotte del jet con cui si è mosso freneticamente tra Istanbul, Mosca, Kiev, Varsavia, Minsk. Avrebbe pure portato a mano a Putin un biglietto scritto da Zelensky con le richieste per la pace.

Lo zar avrebbe ringhiato secco: «Digli che li spazzerò via». In uno degli incontri tra le due delegazioni, tra il 3 e il 5 marzo, sarebbe accaduto qualcosa di strano visto che Roman e tre esponenti ucraini hanno cominciato ad accusare, stando ad alcune fonti, sintomi di avvelenamento. Ma al round successivo, riecco il magnate, a far da cuscinetto tra le due parti. E se non sapremo mai se l’avvelenamento è stato un fake o realtà, stavolta il capo delegazione ucraina ammonisce i suoi: «Non bevete nulla! Non toccate nulla!».



Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *