Vittoria Puccini combatte ogni giorno le sue ansie



È tornata su Rai Uno nel ruolo della poliziotta nella serie “Non mi lasciare”, che indaga sugli orchi che adescano bambini via web: «Dopo aver girato, anche le mie preoccupazione da madre sono aumentate. Dobbiamo restare sempre all’ascolto dei nostri figli: io cerco di farlo e di farmi insegnare qualcosa dai ragazzi». «In Italia scompare un minore al giorno. È giusto parlarne in tv»



Dopo aver girato questa serie e conosciuto un mondo come quello del deep web, le preoccupazioni da madre sono aumentate». Vittoria Puccini è la protagonista di Non mi lasciare, la nuova fiction di Rai Uno che affronta il tema delicatissimo e attuale dei reati informatici e dei crimini contro l’infanzia. Con lei nel cast Alessandro Roia e Sarah Felberbaum. Vittoria è madre di un’adolescente, Elena, oggi 15enne, avuta con Alessandro Preziosi, e ammette: «È stata una serie psicologicamente ed emotivamente coinvolgente, tosta da girare».

Chi è il suo personaggio?

«Elena Zonin è una poliziotta che dietro l’ossessione per il suo lavoro nasconde un passato doloroso e che si ritroverà a dare la caccia a una pericolosa rete di criminali che adesca bambini in condizioni svantaggiate e li vende all’asta sul web. In questo viaggio presto capirà che per riuscire a portare un po’ di luce nell’oscurità dovrà prima salvare sé stessa. Rappresenta la parte conflittuale che sta in ognuno di noi».

Quanto c’è di lei?
«Non lo so, ma ho trovato una storia avvincente che affronta una tematica importante. Ed è bello che la Rai abbia avuto il coraggio di affrontarla. Elena è capace, brava, determinata, coraggiosa, molto intuitiva, riesce a individuare dettagli che solo lei vede. Crea un’empatia immediata con le persone, siano vittime o carnefici. Ma ciò che più mi ha conquistato è la fragilità, le sue paure, il suo essere spezzata dentro che deriva dal suo passato ignoto e questo contribuisce a regalarle un fascino speciale».

Da madre di una adolescente, quanto teme i pericoli della rete? «Tanto. Dopo aver girato, le preoccupazioni sono aumentate. Gli strumenti che oggi i giovani hanno a disposizione sono un potenziale incredibile, Internet è un mondo pieno di stimoli, di nuove possibilità e di strumenti di crescita, ma bisogna usarlo in sicurezza e coscienza. Nella nostra storia i ragazzi vengono adescati attraverso i social, la cosa fondamentale è non aver paura di dialogare con i nostri figli, per intuire se ci sono dei pericoli e se l’utilizzo del web che fanno è corretto.

In Italia un minore al giorno scompare. Visti i numeri del fenomeno, il servizio pubblico ha deciso di affrontarlo. La televisione non deve rimuovere i problemi. È stato anche doloroso il confronto con gli agenti e il loro duro lavoro quotidiano. Dal punto di vista psicologico questa serie racconta anche un grande stress ed è stato tosto anche per noi girarla. Personalmente penso che mantenere un rapporto privilegiato con l’infanzia, essere sempre all’ascolto dei nostri figli, sia fondamentale: io cerco sempre di farlo e di farmi insegnare qualcosa dai ragazzi, portatori di punti di vista sempre interessanti, di una genuinità che noi presto dimentichiamo».

Crescono le serie tv con donne protagoniste. Cosa ne pensa? «Ho avuto la fortuna in 20 anni di carriera di interpretare tante donne interessanti. La tv ha dato alle donne ruoli importanti, molto di più rispetto al cinema, e speriamo che questa tendenza cresca ancora perché siamo ancora lontane dalla parità di genere. In questo caso la mia non è un’eroina a tutto tondo, ma come tutte noi donne ha fragilità, insicurezze, paure. In questo la serie è moderna, contemporanea. E poi un vice questore donna in gamba e capace è un bel messaggio».

Avete girato a Venezia durante il lockdown. Come è stato? «È stato un privilegio. Ogni mattina all’alba uscivo per arrivare alla lancia che mi portava al trucco, ricordo un freddo terribile e la città deserta, ed era già come immergermi nel personaggio. È stata una serie psicologicamente ed emotivamente coinvolgente, tosta da girare».



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