L’assassino dell’orsa Amarena vive nel rimorso e nella paura



Andrea Leombruni, il commerciante di 56 anni di San Benedetto, provincia dell’Aquila, si ritrova nel mezzo di una tormenta emotiva. Il 31 agosto scorso, ha compiuto un atto che non può più essere annullato: l’uccisione dell’orsa Amarena. Questo gesto ha scatenato una serie di eventi che lo hanno costretto a nascondersi nella sua stessa casa, mentre amici e conoscenti montano la guardia per proteggerlo da possibili ritorsioni, a seguito delle innumerevoli minacce di morte che ha ricevuto.



Leombruni non cerca scuse per il suo comportamento e dichiara apertamente: “Per capire cosa sto vivendo ora, bisogna passarci. Ho sbagliato, l’ho capito subito dopo aver sparato. Sono stato io a chiamare i carabinieri.” La paura è un sentimento palpabile, alimentato dalle decine di minacce di morte ricevute in questi giorni. “Non ho dormito per 3 giorni, non mangio, mi sento morto. Continuo a ricevere minacce di morte e messaggi. Hanno persino contattato mia madre, 85 anni, e la mia intera famiglia è stata messa sotto pressione.”

Ancora sotto shock per quanto è accaduto, Leombruni continua a rivivere il momento in cui ha sparato all’orsa Amarena. Sul luogo dell’incidente, ora, sono state posizionate esche per catturare i due cuccioli dell’orsa uccisa. “Tutto è accaduto qui, in uno spazio angusto. Mi ero appostato per vedere chi si avvicinava. Poi, all’improvviso, ho avvistato l’orso e ho sparato a terra, senza mirare. Il mio fucile aveva solo un colpo.”

La moglie di Leombruni esprime la sua frustrazione riguardo alla situazione che sta vivendo la loro famiglia: “Questa violenza e questo tormento nei nostri confronti non è giustificabile. C’è una Procura che sta svolgendo le indagini, e spetta a loro il compito di giudicare. Noi, sicuramente, saremo puniti, e lo sappiamo. Ma perché dobbiamo vivere sotto scorta? Perché dovremmo temere per la nostra stessa vita?”



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