Messa incinta dal padre rom più volte: “mentre mamma chiedeva l’elemosina mi stuprava dall’età di 5 anni”. Orco 47enne condannato



In un caso straziante di abusi familiari, una giovane donna ha trovato la forza di denunciare il suo stesso padre, ponendo fine a anni di sofferenza. Il colpevole, un uomo di 47 anni, è stato giudicato colpevole e condannato a 18 anni di carcere per aver costretto sua figlia a subire ripetute gravidanze causate dai suoi abusi. La recente conferma della sentenza da parte della Corte d’Appello di Bari rappresenta un passo importante verso la giustizia.



Incinta del Padre Rom: Una Storia di Violenza e Terrore

La giovane vittima ha vissuto un autentico incubo a partire dal 2005, quando aveva soltanto 5 anni. Il padre, anziché proteggerla, le infliggeva violenze fisiche, sessuali e psicologiche. Le minacce di morte costituivano un macabro segreto, un fardello insostenibile che la giovane portava sulle spalle. Le stesse minacce erano rivolte anche alla madre, che alla fine aveva scoperto l’orrore ma aveva taciuto, paralizzata dalla paura di ritorsioni.

Tutti questi abusi terribili si consumavano in un casolare isolato nelle campagne di Cerignola, dove la giovane subiva perfino aborti forzati, eseguiti con metodi primitivi, ad opera dello stesso padre che l’aveva messa incinta.

La Denuncia Coraggiosa dall’Ospedale

L’incubo della giovane vittima ha trovato finalmente termine nel 2022, quando è riuscita a portare a termine la sua quinta gravidanza. La giovane, incinta del padre rom, ha trovato il coraggio di denunciare il suo aguzzino una volta sentendosi al sicuro, all’interno di una struttura ospedaliera a Barletta. Durante le indagini, è emerso che anche la madre era a conoscenza degli abusi che si consumavano tra le mura domestiche. Le violenze, infatti, accadevano proprio mentre la donna era fuori di casa a chiedere l’elemosina. Ma per timore delle ritorsioni del marito, non aveva mai osato denunciare.

In questi giorni, finalmente, l’aguzzino è stato condannato a 18 anni di reclusione dalla Corte d’Appello di Bari, aprendo una nuova speranza di giustizia in questa dolorosa vicenda.



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